In psicoterapia sono solita raccontare la paura come quell’emozione indispensabile al fine di proteggersi da situazioni, reali o immaginarie, che potrebbero metterci in pericolo. Infatti la paura in generale non è disfunzionale o inutile, anzi, aiuta le persone ad orientarsi e a capire ciò che si vive. Tra le paure più frequenti e conosciute in ambito affettivo c’è la “paura dell’abbandono”, ovvero la paura a volte anche irrazionale di poter essere lasciati da un momento all’altro e che spesso è dovuta ad aspetti familiari e relazionali passati che condizionano spesso al negativo ogni tipo di relazione fin dall’adolescenza.
Non sempre tale paura risulta infondata perché a volte è collegata ad una fatica relazionale non affrontata o non risolta: crisi di coppia, separazioni imminenti, aspetti di conflitto relazionale possono fare insorgere tale paura.
Ma, laddove essa sia presente dentro una relazione di dipendenza e di paura costante, essa porta a manifestazioni paradossali: si fa di tutto e si accetta di tutto pur di non stare soli.
Come si sviluppa la paura di stare soli e di essere abbandonati?
Aver paura di stare soli è tra le paura più diffuse e anche tra le più temute a tal punto che, molte relazioni, vivono sulla base e grazie a questa paura. L’essere umano è in relazione e vive per le relazioni ma, in un mondo sempre più individualista e con relazioni disimpegnate, la solitudine sembra essere all’ordine del giorno. Ma non tutte le persone sviluppano una vera e propria paura; il più delle volte il fattore di protezione per una vita “libera dalla paura della solitudine e dell’abbandono” sono le relazioni familiari e, in particolare, quelle genitoriali, e il livello di autostima.
In ambito familiare esistono relazioni genitoriali complesse che possono contribuire allo sviluppo di tale paura: separazioni complicate, genitori emotivamente lontani, cambi repentini di vita e di affetti possono portare allo sviluppo di relazioni basate su l’incertezza e sull’ansia della separazione.
Il più delle volte tali esperienze possono sommarsi a livelli di autostima bassa, che condizionano ogni forma di esperienza e di relazione.
L’autostima ha molto a che vedere con le esperienze infantili e con il legame genitoriale: le conferme e le rassicurazioni spesso aiutano a costruire una solida autostima, così anche per l’ambito affettivo. Ovviamente esperienze affettive difficili e distruttive possono andare a minare l’idea di sé e portare a forme di dipendenze affettive. L’altro viene visto come l’unica persona che può offrire amore, ma questo è dovuto alla paura di non andare bene, di non essere amati e amabili.
Quando legame con la dipendenza affettiva?
Il dipendente affettivo necessita di conferme costanti e di amore per poter sentirsi bene e soddisfatto: accetta di vivere una relazione insoddisfacente, talvolta addirittura maltrattante, perché bloccato dalla paura di rimanere senza quel legame che rappresenta per lui la più importante fonte di sicurezza, autostima, identità. Alla base infatti vi è la costante paura di non meritare amore e di restare solo.
Pur di mantenere la relazione accetta di assecondare i bisogni del partner anche quando entrano in conflitto con i suoi, arrivando a plasmarsi sulle richieste dell’altro e ad accantonare le proprie esigenze allo scopo di tutelare l’equilibrio emotivo del rapporto.
In questo modo si crea una dinamica che porta il dipendente affettivo a sviluppare un sentimento di insofferenza, ansia, rabbia: esse vengono trattenute e inespresse proprio per non correre il rischio di subire un abbandono. La separazione, infatti, viene vissuta dal dipendente affettivo come un evento inaccettabile, che conferma la sua totale mancanza di valore e l’impossibilità di essere amato.
Laddove tutto il valore di sé diventa l’altro e il fallimento della relazione diventa il fallimento di sé, sarà difficile vivere legami affettivi con lucidità e libertà.
Come puoi superare la paura dell’abbandono?
La paura dell’abbandono non è spesso consapevole ma influenza fortemente la vita relazionale di chi ne soffre. Le strategie relazionali più adottate per evitare tale abbandono sono il controllo e il distacco: attraverso il controllo il dipendente affettivo cerca di esserci per l’altro e rendersi insostituibile anche a costo della propria serenità, mentre il distacco a volte aiuta a riprendere apparentemente il potere nella relazione e a sentirsi importanti perché ricercati.
Queste dinamiche diventano spesso distruttive e vincolanti proprio perché per il dipendente affettivo stare solo è l’unica cosa da evitare, e soprattutto rinunciare alla relazione vorrebbe dire rinunciare a sentirsi vivo.
I passi per poter uscire sia dalla dipendenza che dalla paura dell’abbandono partono dalla CONSAPEVOLEZZA di avere una dipendenza e una paura eccessiva, dal METTERE al centro sè e non l’altro, e dal VIVERE di nuovo o costruire dal nuovo contatti sociali ed esterni.
Tali passi risultano realizzabili il più delle volte grazie ad un percorso specifico di psicoterapia volto a destrutturare i copioni affettivi e relazionali, sia familiari che interpersonali.
Il dipendente affettivo necessita di conferme costanti e di amore per poter sentirsi bene e soddisfatto