
L’arrivo di un figlio è un momento di forte cambiamento nella vita di coppia e mette alla dura prova l’equilibrio di coppia. Anche le coppie più solide prima dell’arrivo di un figlio vengono travolte dallo tzunami genitoriale, figuriamoci le coppie in equilibrio precario. Essere genitori sposta il piano delle priorità, riduce la capacità di prendersi cura di sè e di gestire il tempo, andando a inficiare inizialmente sullo spazio di coppia, con una crisi che può durare molto tempo, anche senza conflitti ma alla ricerca di equilibri nuovi e più funzionali alla nuova famiglia. In questo articolo vi racconto cosa succede con l’arrivo di un figlio nella coppia e come non perdere l’amore sia un impegno e non una cosa scontata.
Cosa implica diventare genitori?
Questo stadio del ciclo di vita della coppia richiede un notevole impegno da parte dei genitori, perché devono farsi carico delle responsabilità genitoriali ed assumere un ruolo parentale. In questa fase gli irrisolti personali e interpersonali fanno la differenza: essere più o meno risolti è decisivo per come ci si approccerà alla maternità o paternità. È necessario che la coppia si ridefinisca e vada ad includere gli aspetti relativi alla cura dei bambini: così facendo si trasforma da coppia coniugale a coppia genitoriale. Ci saranno un nuovo accordo e nuovi modelli di comunicazione, adattando quelli preesistenti alla nascita della nuova triade. Il nuovo arrivato va ad inserirsi in un sistema già organizzato, con una propria architettura temporale complessa e singolare, unica e irripetibile, caratterizzata soprattutto da storie individuali, esperienze condivise e organizzata intorno a dei legami intergenerazionali.
Che fine fa la coppia?
La coppia amorosa nel primo anno di vita del figlio tende ad affaticarsi e a risentire della stanchezza fisica e psicologica della madre e del padre. Le notti impegnative, gli sbalzi ormonali, le fatiche quotidiane potrebbero allontanare la coppia e vivere scambiandosi ruoli e alternandosi nella gestione del piccolino. Per molte donne ritornare alla sessualità e all’intimità dopo il parto è decisamente complicato, sia per dolori fisici ma anche per coniugare la nuova identità. E’ qui spesso, nel primo anno, che si formano le ferite più grandi della coppia, le delusione e le aspettative disilluse che andranno poi a costruire il vero conflitto di coppia. Inoltre il padre, soprattutto fino ai 6 mesi di vita, fatica a trovare una dimensione nella diade madre-figlio, molto simbiotica e dipendente.
Viene di conseguenza che, la dimensione affettiva, intima e passionale della coppia subisce una battuta d’arresto per ritrovarsi, in generale, intorno all’età di 2 o 3 anni del figlio. In questi anni il rischio di perdersi nella capacità di sentirsi in sintonia e vicinanza è molto elevata ed è qui che serve intervenire per evitare un conflitto peggiore in futuro o eventuali sintomi psicologici.
Cosa fare per coltivare la coppia anche se in fase genitoriale?
Ci sono piccoli accorgimenti che fanno la differenza fin da subito:
- non smettere di comunicare; ricorda che è impossibile comunicare, anche il silenzio è una forma di comunicazione e il comportamento non verbale.
- non dare per scontato che l’altro debba capire e capirti;
- impara a chiedere aiuto o esprimi i tuoi bisogni;
- affronta ciò che vivi senza trattenere, o accumulare. Ciò che oggi è un piccolo accumulo di cose domani diventerà una montagna.
Questi piccoli accorgimenti vanno sempre tenuti in mente ma ancora di più quando c’è una fase critica di vita familiare o di coppia.
Quando può essere utile la terapia?
Da psicoterapeuta e da neomamma vi dico non aspettate troppo, se lasciate correre e se pensate che concentrarvi sui figli sia l’unica soluzione per evitare un conflitto, vi sbagliate. I vostri figli così facendo non saranno liberi e voi avrete solo posticipato il problema. La relazione necessita di cura ed iniziare anche dai primi mesi di vita del piccolo può essere di grande aiuto per appianare problemi futuri e coltivare uno spazio sano di comunicazione.
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