
5 passi per staccarsi psicologicamente da una persona
Perché a volte risulta complicato lasciare andare una persona? perché ci si aggrappa al ricordo e al legame? Saper chiudere un legame, separarsi dalle persone e dalle storie è necessario perchè aumenta anche la qualità della vita. Ma moltissime persone fanno una gran fatica a farlo, sentendo un costante richiamo all’altro e al ricordo del rapporto, al fine spesso di fare tacere le proprie paure.

Quando la relazione ti mette ansia
Quando la relazione affettiva genera ansia, come dico spesso in psicoterapia, non c’è da spaventarsi anzi. L’ansia ti dice che qualcosa deve cambiare e se riesci ad affrontarla al meglio, potresti scoprire molto su di te e sul tuo sistema relazionale.

Ansia e relazione di coppia: quale impatto e come uscirne.
L’ansia, un sentimento che molti di noi provano nella vita, ma come può l’ansia influenzare le nostre relazioni! Scopriamolo insieme in questo articolo

Ti racconto la storia di Anna e della sua dipendenza affettiva.
“E’ meglio una delusione vera di una gioia finta”
(Neffa)
Quando incontro Anna (nome inventato) lei si trova in una situazione all’apparenza semplice ma non per lei che la vive da diverso tempo: è stata lasciata da una persona che per lei era tutto e che rappresentava la sua unica ragione di vita.
Fino a qui dirai che cosa c’è di strano? Non molto perchè ci aspettiamo che l’amore sia questo, che se non c’è la persona che ritieni di amare la tua vita non continui. Diciamo che soffrire per amore è scontato perchè ti metti in gioco quando ami e provi dei sentimenti, assumendoti un rischio “sano” per la tua vita.
La dipendenza affettiva però è qualcosa di più subdolo, che si insinua nella vita e che sembra incatenarti.
Ecco perchè desidero raccontarti la storia di Anna.
Anna è in una relazione affettiva da circa 5 anni caratterizzata da tira e molla senza una reale prospettiva di continuità ma non riesce a fare a meno della presenza di quest persona seppur nella sua vita diventa nociva. Gli effetti di questa “relazione” sono invalidanti nella sua vita, ovvero non riesce a fare le cose che vorrebbe perchè desidera esserci se lui arriva, ha trascurato amicizie e rotto con alcune persone che dimostravano dei dubbi sulla relazione. Ciò che ha spinto Anna a contattarmi è l’ennesimo attacco di panico che si trova a dover vivere con la paura di non uscirne più e avvenuto all’ennesima minaccia di abbandono da parte di Fabio.
Ecco che ci troviamo in terapia, con iniziale desiderio di Anna di trovare delle risposte immediate ai suoi dubbi e rassicurazione in me per la sofferenza che stava attraversando. A poco a poco, con la costruzione della relazione terapeutica e con la comprensione reale di che cosa aspettarsi dal terapeuta, Anna si conosce e prova a sperimentare una dimensione sana di relazione nella quale poter pensarsi come non malata o problematica ma semplicemente come una persona che desidera superare la sua dipendenza.
Dire NO è stato il prima passo, ovviamente con tutto il tempo necessario e soggettivo, Anna sperimenta la solitudine e la necessità di prendersi cura di sè. Ritrova nelle amicizie un tempo allontanate un vero e proprio aiuto e sostiene delle attività che l’aiutano a non cedere al bisogno di sentire Fabio. Più passa il tempo senza di lui e più sente di potercela fare perchè la relazione era tossica e diventava un circolo vizioso.
Anna inoltre ha dato un senso a questa difficoltà collegandola ad alcune esperienze familiari che le hanno consentito di sentirsi meno sbagliata.
Quali sono stati i passaggi fondamentali per Anna?

- Dire NO… nelle dipendenze affettive così come nelle dipendenze in generale finchè non si dice NO tutto può succedere
- Accettarsi senza dover essere diversa
- Bastarsi anche nelle piccole cose
- Ripercorrere la sua storia familiare andando alla ricerca dei suoi ruoli e scoprendo che quello che stava vivendo nella relazione con Fabio non era poi così diverso da quello che aveva già provato
- EMDR per superare idee negative su di sè e per ritrovare l’autostima…
Com’è finita la terapia?
Anna ora si sente libera perchè ha ripreso il controllo della sua vita e riesce a dire NO a Fabio. Ovviamente ha preso delle decisioni importanti che la portano a trasferirsi in una città che ha sempre pensato di raggiungere ma mai realizzata perchè non credeva in sè. Peccato che ci siamo conosciute con la mascherina e ci siamo anche salutate con lei.
Se senti di avere una sotria simile ad Anna e vuoi provare ad uscirne contattami via mail a psylisasartori@gmail.com o al cellulare 349-7867274
Gli effetti dell’ansia sulla relazione di coppia: come superarli
L’ansia è un sintomo dal significato relazionale. Cioè il senso di malessere che provi può essere spiegato dall’analisi di alcuni tue dinamiche relazionali o di alcuni tuoi legami.
L’ansia è il sintomo per eccellenza, insieme alla dipendenza, ed ha come effetto la ricerca di una vicinanza “supportiva” ovvero “di sostegno” da parte di un’altra persona. Nel caso di un bambino adolescente si può instaurare un particolare legame di sostegno con la madre. Nel caso di una coppia si può instaurare questo particolare tipo di legame con il partner.
Che cos’è l’ansia?
Per prima cosa è importante definire l’ansia. Possiamo intendere l’ansia come una sensazione che si attiva a livello fisiologico nel momento in cui si avverte una sorta di pericolo, reale o immaginario, che ci porta a provare emozioni di paura.
In psicoterapia per spiegare bene cos’è l’ansia, la descrivo come un amica e non come un nemica. Questo perché l’ansia ti può fornire importanti informazioni! Ti dice se tieni ad un progetto, se hai paura di prendere l’aereo o se la relazione di coppia è poco benefica o c’è qualcosa che ti spaventa.
Ecco che al pensiero di paura, il tuo corpo risponde con un segnale fisiologico (tachicardia, sudorazione, tremori, nausea…) così da darti un segnale che è frutto in buona parte dei tuoi pensieri.
Spiegata in questo modo ecco che possiamo capire facilmente come l’ansia abbia una funzione adattiva per l’uomo.
Quali sono le cause dell’ansia?
Come appena detto, le cause sono dovute ai pensieri che formuli e al modo di affrontare le situazioni.
L’ansia è utile in una certa quantità, è vincolante quando diventa eccessiva.
Nella coppia l’ansia può essere dovuta ad un periodo di particolare preoccupazione o stress da parte di uno dei due partner ma assume un significato a livello relazione, perché grazie all’ansia accade qualcosa dentro le dinamiche di coppia.
Ad esempio, se ti mostri ansioso puoi avere imparato che gli altri si prenderanno cura di te, oppure nel momento in cui vi è una situazione di elevata conflittualità l’ansia può spostare l’attenzione dal conflitto al malessere, evitando di affrontare qualcosa di importante.
Colui che manifesta l’ansia non è colui che ha problemi, ma in ottica sistemica diventa colui che si prende carico di un messaggio da dare alla coppia, che consenta di esprimere ciò che a parole non arriva.
Quali effetti sulla coppia può avere l’ansia?
Esistono le coppie ansiose perché esistono persone che come sintomo manifestano l’ansia e questa va ad influenzare poi l’andamento relazionale e familiare. L’ansia si trasmette e si impara a conviverci soprattutto se è associata a vantaggi positivi come il “tenere qualcuno legato a sé”, il “rendersi dipendenti dall’altro” o “l’avere una stampella sulla quale appoggiarsi”.
Nel partner “non ansioso”, però, si può instaurare un senso di responsabilità e di oppressione a tal punto da attivare una sorta di rifiuto piuttosto che di vicinanza. L’ansia nella coppia potrebbe essere anche una manifestazione che qualche meccanismo di coppia non funziona, potrebbe essere una richiesta implicita di aiuto.
Come superare l’ansia?
L’ansia si sconfigge, basta conoscerla e guardarla in faccia. Ovviamente nella coppia, laddove diventasse invalidante e vissuta come troppo forte, è importante superarla come coppia, dando voce ad un problema che non è solo della persona che ne soffre ma, nella maggior parte dei casi, ha un significato relazionale. Ecco che se l’ansia viene accolta può insegnare molto su chi si è, su cosa ci fa bene e su che tipo di relazioni sono sane per noi.
Ecco qui alcuni suggerimenti che mi sento di trasmetterti per gestire al meglio l’ansia:
1. Vedi l’ansia come un sistema per comunicarti qualcosa e che anche per chi è con te ha un significato e un valore;
2. Comunica ed esterna la tua ansia, non tenere tutto dentro;
3. Chiedi aiuto e concediti il tempo necessario per riprederti: più impari a gestire l’ansia più impari ad affrontarla.
Se desideri affrontare tale difficoltà e renderla una tua risorsa anziché un tuo limite, per te o per la coppia, contattami via mail a psylisasartori@gmail.com o via cellulare al 349.7867274

Adolescenza e sostanze: cosa fare come genitori.
Kurt Cobain
Non si può parlare di dipendenza senza parlare di famiglia, non perchè essa sia la causa ma perchè essa è il punto di svolta e di guarigione, è la risorsa per eccellenza. L’adolescente che abusa di sostanze mette a dura prova l’intero sistema familiare e chiede, indirettamente, ai genitori di mettere tutto da parte al fine di concentrarsi sulla dipendenza. Come genitori diversi sono i vissuti che possono emergere in tali situazioni, in primis il senso di fallimento e di impotenza.
Ecco perché è importante agire tempestivamente nella prevenzione di comportamenti a rischio e di costruire una sana relazione genitoriale che sia supportiva e di orientamento al mondo e alle scelte funzionale al proprio benessere.
L’adolescenza è una fase di transizione molto complessa ma indispensabile alla formazione dell’identità, alla conoscenza dei propri limiti, alla sperimentazione dei bisogni e della frustrazione. Quello che accade a livello relazionale e familiare è un progressivo allontanamento o almeno la minaccia di allontanarsi dalla casa familiare per esplorare il mondo. E’ qui che i genitori sentano aumentare spesso l’ansia e la preoccupazione per il timore che i figli si mettano in pericolo. Ricordate che il gruppo dei pari è influente ma la scelta di un adolescente è fortemente influenzata dal rapporto con i genitori.

Quindi cosa si può fare come genitori?
- assumere posizioni di autorevolezza nei confronti dei figli;
- costruire una buona relazione basata su ascolto e comunicazione;
- interessarsi alla loro vita e alle loro amicizie;
- non giudicarli, piuttosto fate loro domande riflessive che li spingano a cambiare e a riflettere;
- mantenere una coerenza educativa e condivisione tra i genitori;
- condivisione di valori familiari e pro-sociali e una genitorialità supportiva e dunque emotiva, cognitiva e sociale;
- parlare di sostanze, discuterne ed informare i propri figli;
- proteggere i figli dai conflitti di coppia.
Questi sono alcuni fattori di protezione sui quali i genitori possono lavorare per fornire uno zaino pieno di strumenti per i propri figli; potrà accadere che loro inizialmente non capiranno, sembreranno allontanarsi, rifiutare e alzare muri, ma il genitore supportivo è colui che si siede accanto a questi muri e attende, prima o poi si sgretoleranno. E’ inoltre utile ricordarsi che i figli non rifiutano i genitori ma il ruolo che essi assumono nell’adolescenza, ecco che un loro rifiuto non è più distruttivo per il genitore.
Inoltre, rispetto all’uso di sostanze è necessario ricordare che l’intervento familiare e soprattutto genitoriale per l’adolescente risulta essere il più efficace per prevenire situazioni potenzialmente a rischio perché consente alla famiglia di fare fronte compatto alla dipendenza, che spesso viene sottovalutata e illusoriamente gestita dal figlio. Accompagnarlo laddove lui non arriva è il primo modo per aiutarlo, ma uscendo dall’idea che sia lui il problema e remando verso una direzione comune.
Dott.ssa Lisa Sartori Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico relazionale.

Superare gli attacchi di panico
Ciò che non mi distrugge mi rende più forte
F. Nietzsche
Nell’attacco di panico la persona può sperimentare pericolo, perdita controllo e sentirsi in balia di situazioni ed eventi , anche con la paura di non uscirne più. L’attacco di panico per essere gestito e superato per prima cosa necessita di essere compreso a livello di significato e di funzionamento. Esso non è altro che la maggiore espressione dell’ansia e come tale esso a volte può essere al pari di una vera e propria esperienza traumatica. Prima di addentrarci su come superalo è importante sapere che l’ansia è il frutto di alcune componenti:
- cognitiva: ovvero i pensieri che mettiamo quotidianamente in atto e che possono influenzare il nostro modo di percepire la vita;
- somatica: il corpo si attiva al fine di proteggerci da potenziali minacce e situazioni di pericolo reale o immaginario che spesso sono il campanello d’allarme che attiva l’ansia;
- emotiva: insieme al pensiero e alla reazione corporea e somatica accade che si attivano le emozioni, come ad esempio la paura.
Nell’ansia può accadere che si attivi un circolo vizioso che porterà la persona a vivere un generale o specifico senso di preoccupazione che vincola il benessere e la ricerca di autonomia. Essendo una sorta di attivazione fisiologica spontanea di fronte al pericolo è importante, per prima cosa, ricordarci che possiamo “psico-educarci” all’ansia e cercare di gestirla. E’ utile per prima cosa comprendere che essa è frutto di pensieri, sensazioni ed emozioni che prendono il sopravvento e che assume un senso a livello relazionale. Successivamente si procede nell’elaborare e cambiare la relazione con l’attacco di panico attraverso l’emdr, una tecnica specifica ed indicata per il trattamento dell’attacco di panico in quanto esso viene considerato come “traumatico”.
Ecco che la persona vivrà con tale attivo un’esperienza che lo porta a temere che si ripresenti ed eviterà tutte le situazioni che potranno attivarlo, almeno anche a livello potenziale. Ecco che grazie alla tecnica emdr quello che accade è che andiamo a “desensibilizzare” il ricordo traumatico collegato all’attacco di panico e alla sua insorgenza partendo dal lavoro sul primo, più intenso e ultimo attacco di panico e andando a collegare emozioni, pensieri e sensazioni e riattivando un normale processo di guarigione che è previsto dal nostro funzionamento psicologico.
Questo perché l’emdr funziona attraverso movimenti oculari che consentono alla persona di riattivare la “comunicazione” tra emisferi cerebrali che di solito comunicano al fine di elaborare i vissuti traumatici ma, in presenza di un’esperienza di panico vissuta come traumatica, si blocca e si cronicizza come esperienza nella vita della persona che ne soffre.
Attraverso la psicoterapia è possibile superare l’ansia e il panico imparando a riconoscerne i segnali, mettendo in atto strategie di gestione e nuovi significati emotivi e relazionali collegati a tale esperienza, attraverso l’utilizzo di tecniche specifiche come emdr, in maniera efficace e risolutiva.
Dott.ssa Lisa Sartori Psicologa _ Psicoterapeuta sistemico relazionale

Guarire il trauma con Emdr
“Non essere completamente vivi nel presente mantiene saldamente imprigionati nel passato”
(Bessel Van Der Kolk)
Per trauma si intende, dal punto di vista psicologico una frattura causata da un evento talmente stressante da sovrastare le capacità della persona di gestire le situazioni e difendersi dal loro impatto negativo. I traumi possono essere molteplici e non solo fisici ma anche psicologici: trascuratezza, lutti, perdite, trasferimenti, abbandoni ecco alcuni degli eventi che possono condizionare il presente e futuro della persona.
Attraverso le esperienze negative la persone svilupperà anche un’idea di sé che sarà, nella maggior parte delle situazioni, coerente con l’immagine negativa di sé che l’evento richiama: non essere all’altezza, essere sbagliati, non valere ecc… Ecco che, con tali premesse, la vita presente e futura appare difficile e poco gratificante per la persona.
Cosa succede al corpo successivamente al trauma?
Quello che accade al corpo esposto ad una situazione reale o percepita di pericolo è quella di attivare le difese, di difendersi e di prepararsi alla prossima minaccia: è in tale situazione di allarme che la persona vive.
Cosa accade alla psiche?
Tendenzialmente quello che accade è che la mente aiuta la persona a difendersi da ricorsi troppo dolori e dunque avviene una sorta di “dissociazione” con se stessi e le proprie emozioni. I segnali sono:
- mancanza di ricordi e difficoltà ad accedervi;
- difficoltà nel vivere e riconoscere le emozioni pressoché assenti ma perché percepite come perciolose dalla persona;
- costante stato di allarme;
- idea negativa di sé;
- scarsa autostima;
- difficoltà relazionali.
Inoltre, essendo sempre in attesa, accade inoltre che qualsiasi situazioni possa riattivare esperienze passate traumatiche: lo stress, infatti, tende a disattivare le strutture del sistema nervoso centrale deputate alla memoria autobiografica (ippocampo), mentre quelle legate alla memoria emotiva (amigdala, talamo, corteccia sensoriale) trattengono i ricordi nelle primitive forme sensoriali ed iconiche.
Come superarlo?
La difficoltà maggiore per le persone che presentano esperienze traumatiche è “esserci nel presente” proprio perché imprigionati nel passato. E’ importante aiutare la persona non solo nel sentirsi libera di riprendere vissuti dolorosi ma di aiutarla a trasformarli in vissuti meno dolorosi e vincolanti. Ecco che al percorso terapeutico si aggiunge una tecnica decisiva e di impatto per il benessere della persona.
Grazie alla tecnica EMDR avviene un’adeguata elaborazione che consenta alla persona di “collegare” mente, corpo ed emozioni per elaborare e poter modificare il ricordo memorizzato trasformandolo da negativo a positivo. Oltre a questo si accompagnerà la persona nello sviluppo di risorse e scenari ipotetici futuri che possono bloccare al fine di sbloccare l’esperienza negativa e l’idea di sé negativa.
Per maggiori informazioni o per fissare appuntamento, contattami compilando il link contatti.
Lisa Sartori Psicologa e Psicoterapeuta Sistemica- Relazionale_ Terapeuta EMDR

Come superare la paura delle malattie.
“Nulla intimorisce di più l’uomo delle proprie sensazioni”
Eraclito
La paura delle malattie è una paura del tutto normale ma per qualche persona diventa invalidante, difficile da gestire. Nei racconti di coloro che si definiscono “ipocondriaci” vi è una costante attenzione ad ascoltare le proprie sensazioni fisiche, come se vi fosse un costante stato di allerta frutto anche della costante attenzione: ecco che prende vita il circolo vizioso. Più mi ascolto e più avrò qualcosa da ascoltare: un respiro più faticoso del solito, un crampo, un dolore localizzato o generalizzato…
L’ipocondria è dunque una forma di “fobia” che spesso nasce da una sorta di pensiero “ossessivo” e da una ricerca costante di qualcosa da valutare e/o indagare.
Che cos’è l’ipocondria?
La caratteristica essenziale della ipocondria è la preoccupazione legata alla paura di avere, oppure alla convinzione di avere, una grave malattia. Questa è solitamente basata sulla errata interpretazione di uno o più segni o sintomi fisici.
Si può parlare di ansia di malattia (o paura delle malattie), ovviamente, solo se una valutazione medica completa ha escluso qualunque condizione medica che possa spiegare pienamente i segni o sintomi fisici. Ecco che spesso coloro che soffrono di tale difficoltà arrivano in psicoterapia inviati spesso da medici di base, oppure da familiari preoccupati.
Una lettura sistemico-relazionale..
Ovviamente tale atteggiamento verso di sé non si apprende in maniera casuale ma, secondo l’approccio sistemico- relazionale, si inserisce all’interno di un sistema relazionale di appartenenza. Malattie vissute o assistite, morti o iper attenzione all’area medica da parte dei familiari sembrano essere comuni a coloro che soffrono di ipocondria. In particolare sembra dominare la “semantica della libertà” nei pazienti con disturbi fobici, ovvero sembra che le conversazioni familiari siano organizzate attorno al concetto di dipendenza e libertà. Ecco che le persone fobiche hanno una tendenza ad aver bisogno di un altro che funga da riferimento, da ancora di salvezza ma che diventa invece un vincolo alla libertà. Si è tuttavia liberi solo quando si è in grado di fronteggiare da soli un mondo pericoloso.
Come uscirne?
Ecco che il modo di superare l’ipocondria passa per due importanti step:
- aiutare la persona che arriva in terapia a sviluppare delle strategie che inizialmente gli consentano di gestire lo stato di attivazione e di ridurlo (emdr- prescrizioni paradossali); L’emdr consente alla persona di elaborare le esperienze traumatiche collegate all’ipocondria e alla paura al fine di desensibilizzarle e installare le risorse utili per la guarigione;
- cogliere il significato relazionale della paura che spesso riporta a relazioni vissute come vincolanti, preferenziali e con un limite immaginario dal quale la persona necessita e desidera superare ma che teme di essere libero di farlo.
Paradossalmente quando una persona arriva in psicoterapia ha tentato un certo numero di soluzioni e alcune, forse, per un po’ hanno anche funzionato, come ad esempio controllare ripetutamente in google, fare esami clinici, sentire diversi pareri medici, provare medicine alternative o chiedere costanti rassicurazioni… cosi come per l’ansia questo non fa altro che rendere l’individuo ancora meno in grado di percepirsi efficace nel superare gli ostacoli e di uscire dalle trappole mentali. Ecco che nella prima parte del percorso si cercherà di fornire a lui altre possibile strategie più incentrare sulla gestione della paura piuttosto che sul suo controllo. Inoltre comprendere il significato che esso ha nella sua vita relazione può essere il punto di svolta per dare voce al sintomo e arrivare al messaggio comunicativo che in esso è sempre incluso. A chi è destinato lo si scoprirà con la psicoterapia e con un lavoro su di sé e sulle proprie relazioni.
Dott.ssa Lisa Sartori Psicologa_ Psicoterapeuta sistemico relazionale.

Emdr: una terapia efficace per l’ansia e il panico.
“L’ansia non ci sottrae il dolore di domani, ma ci priva della felicità di oggi”
Leo Buscaglia
Prima di addentrarci nel mondo dell’ansia e del suo trattamento è importante soffermarsi su cosa sia l’ansia e quale funzione assume nella vita di ogni individuo. Per prima cosa è importante ricordare che l’ansia è uno stato “normale” di attivazione fisiologica che avviene in ogni individuo assumendo una funzione spesso di sopravvivenza: ci dice che qualcosa ci sta spaventando o che siamo vicini ad un pericolo reale od immaginario. E’ dunque un’emozione universale e non sempre negativa, ed assume un valore importante a livello comunicativo, in particolare tale aspetto viene sottolineato nell’ottica sistemica- relazionale la quale si interessa al forte potere relazione dell’ansia. Infatti le storie di coloro che soffrono di ansia parlano di separazioni, di lontananze impossibili o di cambiamenti difficili e insieme a loro vi è almeno una figura importante coinvolta nell’ansia, fungendo spesso da sostegno e rassicurazione che paradossalmente aumenta però la manifestazione dell’ansia. Quando si soffre di un disturbo d’ ansia si vive in perenne stato di allarme e iper-vigilanza, come se si fosse costantemente in pericolo anche in assenza di oggettive minacce o rischi: le situazioni o i compiti più semplici da affrontare possono risultare ostici e pericolosi e proprio per questo tendono ad essere evitarli.
Quali sono i disturbi d’ansia?
Per disturbi d’Ansia ci si riferisce ad una macrocategoria che include:
- Disturbo di Panico (con e senza agorafobia);
- Fobie specifiche (ad esempio fobia dei ragni, fobia del sangue o delle iniezioni, fobia dell’ aereo o delle gallerie);
- Fobia Sociale (paura o imbarazzo marcato che si attivano in situazioni sociali o prestazionali);
- Disturbo d’ Ansia Generalizzato (ansia e preoccupazione eccessive quotidiane associate a irritabilità, difficoltà a concentrarsi e alterazioni del sonno).

Prima e dopo il trattamento EMDR
Emdr nel trattamento dei disturbi d’ansia.
Passiamo ora al trattamento efficace attraverso EMDR (dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari) nasce come trattamento per Disturbo da Stress Post Traumatico e diventa efficace nel trattamento di molti altri disturbi, compreso l’ansia e il panico. Essa consente di:
- elaborare i traumi dell’attaccamento al momento attuale;
- desensibilizzare il ricordo “traumatico” legato alle esperienze di ansia e panico e lavorare sulle risorse utili per guarire;
- migliorare le abilità sociali e individuali;
- accrescere l’autostima e il senso di autoefficacia per affrontare le sfide della vita;
- prevenire e gestire l’ansia e il panico;
- lavorare sulla dimensione futura.
Come avviene la psicoterapia con Emdr?
Per prima cosa è necessario dedicare alcuni incontri di psicoterapia alla raccolta della storia del problema e alla storia familiare dal momento che, anche alcuni momenti particolari di vita o fasi del ciclo di vita familiare, possono determinare l’insorgenza del sintomo. Prima di iniziare con la tecnica è importante, come in ogni percorso terapeutico, costruire l’alleanza terapeutica al fine di costruire un posto sicuro nel quale trattare aspetti delicati e dolorosi della propria esperienza di vita.
Successivamente si andrà a lavorare sul ricordo dell’ansia e delle situazioni vissute lavorando attraverso la tecnica EMDR nel ricordo traumatico e sull’idea di sé che tale episodio contribuisce a costruire e che spesso è negativa; si lavora sul ricordo di alcune esperienze che possono aver contribuito all’insorgere del disturbo d’ansia ( tendenzialmente nei primi 10 anni di vita) . Inoltre si lavora sul ricordo delle prime volte in cui si è provata l’ansia e le volte peggiori, così da neutralizzare queste reazioni e permettere alla persona di affrontare le situazioni in modo funzionale.
Come mai è efficace?
Attraverso l’ EMDR si analizzano e rielaborano gli episodi più critici e le manifestazioni più acute dei sintomi d’ansia.
Spesso l’esordio della sintomatologia ansia-correlata è preceduto da esperienze traumatiche che in qualche misura ne determinano l’insorgenza.
Dott.ssa Lisa Sartori, Psicologa_ Psicoterapeuta Sistemico Relazionale.