
Come gestire la fame d’amore
La fame d’amore è una sensazione presente soprattutto nella dipendenza affettiva paragonabile alla necessità e all’urgenza di vivere d’amore: la ricerca di tale relazione potrebbe assumere manifestazioni compulsivi e istintive, la persona che sente la fame d’amore vive un bisogno insaziabile e costante di riempire. Molte donne la raccontano come un senso di vuoto, angosciante e doloroso.

Gli ingredienti di una sana dipendenza nella relazione.
La dipendenza affettiva, è difficile riconoscere e capire se sia una componente naturale della relazione. Scopriamo insieme come individuare gli ingredienti per una sana dipendenza

Come rendere una coppia duratura nel tempo
Quando si inizia una relazione non si pensa a quando finirà ma a quanto durerà, soprattutto nelle fasi iniziale di vita della coppia. Si è invincibili, si viaggia su un mondo parallelo fatto di aspettative, desideri e fantasie che sembrano fin troppo reali.
Però, sicuramente dopo anche soli 6 mesi, la magia sembra affievolirsi e progressivamente ti potresti trovare a chiederti come mai sei finito/a in questa relazione fino a temerne o desiderarne la fine.
Ecco perché in questo articolo desidero raccontarti gli ingredienti essenziali per una vita di coppia duratura… perché esistono realmente. La coppia è come una casa: immagina di dover vivere in una casa con alcune stanze trasandate e poco curate, non credo che ti sentiresti a tuo agio. Invece se immagini una casa omogenea anche nella cura, magari anche partendo solo da piccole cose senza troppo sfarzo o arredamento , immagino la sensazione di benessere che lascerà non solo a te che vivi ma anche a chi verrà in visita. Ecco che la coppia è cosi composta da tre stanze:
intimità-passione-impegno
Ovviamente, nella vita quotidiana non potrai essere sempre attento/a a tutte le stanze ma potrai, se ne hai consapevolezza, accorgerti che qualcosa non va o che dovresti curare meglio una di queste.
Quali sono gli ingredienti essenziali per una coppia duratura?
- esserti svincolato dalla tua famiglia d’origine ti aiuterà a vivere con completezza la tua vita di coppia e/o famigliare senza dover entrare in dinamiche passate e che, per ciclo di vita, non ti appartengono
- rinunciare ad altri “matrimoni” con lavoro e/o vita sociale ti consentirà di valorizzare la coppia e l’altro dando le corrette priorità in base al valore affettivo per la vita di coppia
- avere la capacità di rispettare te stesso rispettando l’altro
- conoscere i bisogni della coppia e coltivarli
- essere flessibili e curiosi alla coppia che evolverà nella vita senza restare rigidi al passato o al presente.
- riuscire a comunicare in maniera efficace e gestire il conflitto inevitabile per una vita di coppia duratura.
- avere stima e amore per l’altro, coltivando tutte le stanza della coppia
Questi sono alcuni ingredienti indispensabili per la durata di una relazione di coppia: riconoscere il desiderio di vivere una relazione soddisfacente è necessario per preservare la coppia e la tua felicità in essa. Ovviamente, saper chiudere quando la coppia non funziona è anch’esso indice di serenità e di salute per se stesso e spesso anche per i figli che, come dico sempre, non hanno bisogno di genitori che stanno insieme e basta, ma di genitori felici.
Tutte queste capacità si acquisiscono dalla storia familiare e anche dalla storia di vita, ma potrai pensare di imparare a stare nella coppia come meglio desideri, sempre. Basta desideralo.
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Come liberarsi delle relazioni tossiche
Che cos’è una relazione tossica e come la riconosco? Rispondere a queste domande non è sempre semplice perché parlare di relazioni vuol dire parlare anche di una storia relazionale. Essere in relazione è necessario ed inevitabile ma spesso il malessere che ne può derivare è significativo. Ecco perché in questo articolo ti spiegherò come riconoscere una relazione tossica e come uscirne.
Che cos’è una relazione tossica?
La relazione diventa tossica quando ti ferisce, quando senti che non trovi benessere in essa e quando le dinamiche che prendono vita sono tossiche. Tipicamente si parla di relazioni amorose ma può avvenire anche nelle relazioni amicali e familiari, seppur con intensità e dinamiche diverse. Apparentemente nella relazione d’amore tossica, le cose sembrano funzionare bene, si parte con buone premesse (spesso magiche) e si arriva a vivere una relazione del tutto inaspettata.
Ma come mai si finisce in relazioni sbagliate e tossiche?
La scelta del partner non è una scelta casuale, è una scelta che avviene attraverso bisogni e aspettative che hanno radici nel passato, e nella propria storia di vita. Più sei consapevole della tua storia relazionale e quindi di come sono state e come hai vissuto le tue relazioni, maggiormente libero sarai nel scegliere chi avere al tuo fianco e quindi di fare una scelta il più adatta possibile a te e ai tuoi desideri.
Ma quali sono le relazioni tossiche?
- Dipendenza affettiva: una relazione patologica basata sulla dipendenza dall’altro e molto simile , per come si manifesta, alla dipendenza da sostanze. Appartiene alle nuove dipendenze e si manifesta anche a livello amicale o familiare. Sicuramente quella amorosa è la dipendenza più diffusa proprio perché tipicamente scambiata per amore ma non è tale. Per leggere qualcosa in più sulla dipendenza affettiva, SCARICA ONLINE IN MANIERA GRATUITA IL MIO EBOOK: http://bit.ly/32h5ZH4
- Lotta di potere: è una tipica dinamica di potere dettata dalla tendenza ad assumere ruoli di potere e dominanti nella relazione, a tal punto da non riuscire a scendere a compromessi. E’ una relazione distruttiva perché spesso porta a conflitti irrisolvibili, spesso alimentati reciprocamente e diventa quasi un obiettivo primario quello di dominare l’altro. Non si parla di amore infatti ma di lotta.
- Relazione sado-masochista: è una relazione di tipo autodistruttivo. Si arriva alla relazione autodistruttiva spesso per esperienza di violenza psicologica o fisica vissuta in età infantile: spesso sono le donne a scegliere uomini sadici.
- Innamorarsi delle persone sbagliate che non ricambiano l’affetto o non non sono disponibili, ma tu ti convinci che non sia così. Ovviamente l’innamoramento necessita di tempo per essere superato e colui/colei che prova tale sentimento vivrà nella speranza fino a quando non riuscirà ad accettare la realtà.
Come liberarsi dalle relazioni tossiche?
Per superare tali aspetti di relazioni difficili e patologiche è importante non andare alla ricerca del colpevole ma entrare in una logica di responsabilità personale. L’autostima è spesso la chiave di lettura, perché se non sei tu a prenderti cura di te le tue scelte rispecchieranno questo. Ecco che uscirne si può attraverso una psicoterapia sistemica-relazionale perché lavora sulla:
- storia familiare;
- idee di sé;
- relazioni;
Ecco che uscirne è possibile, è necessario ripartire da sé.
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Dipendenza affettiva e amore nella coppia: quali differenze?
La dipendenza affettiva è una forma di relazione definita “tossica” proprio perché ha aspetti in comune con la dipendenza più classica (da sostanze) come l’astinenza, la tolleranza, la ricerca spasmodica della persona oggetto della dipendenza e il cambiamento del comportamento.
E’ importante affrontare tale tematica proprio perché, dalla mia esperienza clinica, mi rendo sempre più conto di quanto sia facile pensare che la dipendenza affettiva sia amore e affetto… ma in realtà così non è. Essa non rende liberi. La persona che soffre di tale dipendenza è spinta non dall’affetto ma dal bisogno di dipendere, di ricevere conferme e di attribuire un senso alla sua vita attraverso l’altro. Ovviamente, essendo una dipendenza “relazionale”, trova la sua maggiore espressione nella relazione di coppia e ne condiziona il funzionamento.
Si dice infatti che nella vita possiamo innamorarci più volte ma amiamo molto meno.
Vediamo insieme come mai e soprattutto come il vero amore sia diverso dalla dipendenza affettiva.
Che cosa si intende per amore?
Lo psicologo Sternberg definisce l’amore come quel sentimento che è composto da tre elementi:
1. L’intimità intesa come la capacità della coppia di prendersi cura uno dell’altro attraverso la condivisione e affinità;
2. La passione ovvero la vicinanza fisica;
3. L’impegno definisce l’impegno nel scegliere di stare nella relazione e decidere di amare.
Si dice che ci si innamora spesso nella vita ma si ama molto poco, proprio per la complessità di questo sentimento. Già dalle tre caratteristiche qui sopra espresse, si può notare come l’amore sia diverso dalla dipendenza, che concepisce l’altro come una mera necessità.
Come distinguere una dipendenza “sana” da una dipendenza “tossica” nella relazione?
Fin da quando siamo piccoli impariamo a dipendere dagli altri per nutrirci, per camminare, per imparare via via ad essere sempre più autonomi. Questo tipo di “dipendenze” sono sane proprio perché funzionali al nostro benessere e alla nostra evoluzione. In età adulta, quando amiamo qualcuno, sentiamo che nella relazione vi è reciprocità e siamo in un certo modo “dipendenti” anche dal benessere dell’altro ma è amore vero poiché ci sentiamo liberi e lasciamo libero l’altro, sia nei pensieri che nei sentimenti.
Una dipendenza “tossica” si sviluppa in età adulta (anche se alcune manifestazioni si possono vedere già in tarda adolescenza e prima età adulta) e colui che dipende perde tutti gli interessi, si modula in base all’altro e spesso rinuncia a tutto per questa relazione. Non è sana proprio perché è in opposizione a ciò che costruisce il benessere nella coppia, ovvero la libertà, la soddisfazione individuale e reciproca e la consapevolezza di sè.
Quali sono gli effetti della dipendenza affettiva nella coppia?
Vivere in una relazione con dipendenza affettiva non è un vivere sano e produttivo perché , a lungo andare, questa situazione diventerà distruttiva per entrambi i partner.
Inizialmente chi “dipende” trova sicurezza nella relazione, nell’altro e tende a dare tutto se stesso tanto da essere “visto” come ” accudente e presente” nella relazione. Essendo per natura delle relazioni la fase iniziale quella dell’innamoramento ed essendo una fase spesso simbiotica della relazione, qui la dipendenza apparirà funzionale alla costruzione della coppia.
Però ben presto si arriva alla fase della differenziazione, fase nella quale si tende ad allargarsi verso l’esterno, essere meno simbiotici e maggiormente individuali. Se però questo non è tollerabile da almeno uno dei due partner, iniziamo i problemi.
- assenza di libertà: la persona che è oggetto della dipendenza a lungo andare sente di essere soffocata nella relazione e spesso è la prima a minacciare la rottura.
- ricatti emotivi: per tenere a sé la persone si arriva a mettere in atto ricatti che hanno come risultato lo sviluppare il senso di colpa.
- ritiro sociale: inizialmente la coppia può vivere il ritiro sociale e viverlo come aspetto positivo in quanto ci si basta, ma quello che accade successivamente è che vi sarà sempre meno vita al di fuori della coppia. Colui che dipende sarà disposto anche a perdere il lavoro pur di stare a casa, esserci per l’altro e ridurre la rete sociale.
- rottura con i legami familiari: sono relazioni che, anche per alcune difficoltà familiari già presenti, vanno a minare i rapporti con la famiglia. Famiglia che fa da specchio ed inizia a far notare alcuni aspetti negativi o di problematicità nella coppia.
- ridotta autostima: più si dipende e meno impariamo a volerci bene, quel bene che è necessario al fine di riuscire a tutelarci nella relazione e nella vita.
Questi sono solo alcuni aspetti che possono emergere e che condizionano l’andamento di coppia andando a distruggere il vero senso di “fare coppia”. Assenza di confronto, impossibilità a pensarsi senza l’altro ci pongono in una relazione nella quale entrambi i partner vivranno una senso di costrizione, di profonda paura per l’abbandono e a volte anche un senso di soffocamento che nutre le emozioni come rabbia e impotenza.
Come nelle maggior parte delle difficoltà di coppia, chiedere aiuto è il primo passo perché si possa guarire dalla dipendenza affettiva. Non è però possibile farlo da soli.
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Essere genitori quando si smette di essere coppia
Le difficoltà di coppia incidono in maniera importante nella relazione genitoriale rendendola, a volte, complicata e luogo di conflitti e rivendicazione.
Imparare a gestire la genitorialità è un fattore protettivo al benessere della famiglia e dei figli.
Leggi l’articolo per saperne di più e contattami per informazioni.

Relazioni Tossiche: riconoscerle ed uscirne

“Le relazioni sono uno specchio di come ci vediamo, pensiamo e comunichiamo”
Si sa che le relazioni non sono sempre facili. Spesso addirittura ci si può trovare immersi in relazioni di coppia o familiari anche molto complesse e poco soddisfacenti, a tratti anche pericolose.
Oggi vi parlerò dunque di “relazioni tossiche”. Partiremo dalla loro definizione passando a come poterle riconoscere e superare.
Le relazioni sono lo specchio di come ci percepiamo, pensiamo e viviamo ed è per questo che è importante non darle per scontate.
Per “relazioni tossiche” si intende una relazione disfunzionale che persiste nel tempo e che sopravvive anche ai tentativi di interruzione. Esse possono minare la salute, limitare la libertà della persona e dar vita ad un circolo vizioso dal quale non è facile uscirne. Ecco che ci si ritrova in relazioni insoddisfacenti e con un legame di coppia spesso logorato, come una corda che si è tirata troppo e che è in procinto di spezzarsi, anche se ciò poi non accade mai.
Come si sviluppano le relazioni tossiche?
Cadere in relazioni tossiche non è poi così difficile. Si inizia infatti con legami d’amore, quindi relazioni che un tempo hanno anche avuto, seppur a livello spesso solo illusorio, un effetto benefico sulla persona.
Spesso le due persone si sentono affini, simili e quasi “fatti l’uno per l’altro”. Sono per lo più relazioni basate su di un benessere apparente, spesso frutto di unioni di coppia (incastri di coppia in termini psicologici) che sfruttano una relazione di potere da parte di uno dei due partner, tendenzialmente quello vissuto come il più forte.
Ne sono un esempio il sadismo e il masochismo, o la relazione tra un narcisista e una persona insicura (due quadri che spesso si sovrappongono). Sono relazioni in cui vige un’asimmetria di potere e responsabilità, e dove la sofferenza è strettamente legata al piacere. Ovviamente è bene sottolineare che l’unione di coppia e la scelta del partner, non è mai casuale ma è dettata da modalità relazionali acquisite dalla propria famiglia d’origine.
Quali sono le relazioni tossiche?
Dipendenza affettiva: è una relazione nella quale l’oggetto della dipendenza è “l’altro”. La persona che soffre di tale dipendenza tenderà a mettersi da parte e a vivere in totale dedizione all’altro, così come un tossicodipendente fa con la sostanza. Ecco che la persona dipendente spesso ridurrà le sue attività per vivere per l’altro, anche se la relazione è fonte di insoddisfazione.
Lotta di potere: sono relazioni basate sulla “distruzione dell’altro” e sul concetto di “vittoria”. In queste relazioni non si giunge mai ad un confronto positivo. Si basa tutto sull’affermazione di se stessi e spesso anche sull’affermare la propria famiglia d’origine. In questo caso non c’è una asimmetria di ruoli, ma piuttosto la tendenza di entrambi i membri della coppia ad assumere un ruolo dominante.
Anche se la relazione di questa coppia sembra giunta al termine, i due continuano comunque a stare insieme. Non c’è davvero una progettualità e la gioia di stare insieme è ormai scemata. Si parla di ” legame disperante” con delle ripercussioni gravi anche sui figli. I continui conflitti spesso celano vissuti depressivi latenti: insomma, tra rabbia e disperazione, i due scelgono di esternare la rabbia.
Il ricatto e la paura come aspetti dominanti nella coppia: sono coppie che utilizzano il ricatto emotivo come strumento di controllo dell’altro e la paura sappiamo che, se sfruttata, blocca la persona e la rende schiava anche solo a livello emotivo.
L’altro idealizzato: Questo tipo di relazione tossica si palesa quando comincia a diventare evidente che uno o entrambi i membri della coppia non si sono innamorati della persona con cui condividono l’affetto, ma con una versione idealizzata di esso.
Sebbene questo fatto possa essere già stato intuito durante i primi mesi della relazione, è possibile che venga data poca importanza ad esso e che, in ogni caso, questa dissonanza cognitiva sia stata risolta sopravvalutando la capacità dell’altro di cambiare in futuro e conformarsi alle nostre aspettative. Questo può portare a vivere relazioni idealizzate e non reali.
Come riconoscere le relazioni tossiche?
Le relazioni tossiche hanno delle caratteristiche tipiche, tra le quali troviamo: ansia, violenza fisica o verbale, paura, elevata conflittualità di coppia, gelosia estrema, paura, senso di essere in trappola e sensazione di non valere abbastanza… Queste possono cambiare di situazione in situazione ma di norma sono quasi sempre presenti. Proprio per la pesantezza della relazione non è da escludere che possano esserci implicazioni anche per i figli, laddove coinvolti nel conflitto o nelle dinamiche disfunzionali dei genitori. Inoltre in uno dei due partner possono svilupparsi sintomatologie ansioso-depressive o fobiche.
Come uscire dalle relazioni tossiche?
E’ fondamentale anzitutto avere la consapevolezza di star vivendo una relazione tossica. Il secondo step è il chiedere aiuto a professionisti in grado di aiutare la persona ad acquisire maggiore sicurezza in se stesso e nella propria forza.
Ecco alcuni suggerimenti per iniziare a mettere in discussione la vostra relazione tossica:
Comprendere e rivedere la propria storia familiare per liberarsi di ruoli, miti ed aspettative relazionali che possono ad oggi alimentare una relazione tossica.
Rivedete i comportamenti passati. Quando siete con il vostro partner sentite che il tempo è speso bene e che ne vale la pena? O sentite le vostre energie prosciugate e state con lui/lei solo per senso del dovere?
Analizzate il presente. Come vi sentite nella relazione? Quali emozioni prevalgono (gioia, rabbia, paura o senso di colpa)?
Recuperate le attività sacrificate per la relazione tossica. Quante cose avete messo da parte per difendere questa relazione?
Cercate persone con atteggiamenti diversi e fate attenzione a non innescare di nuovo il circolo vizioso.
Lavorate sulla parte di voi che alimenta il circolo vizioso della relazione grazie ad un percorso di psicoterapia.
Elaborate i traumi psicologici e fisici collegati a tale relazione con l’EMDR al fine di aumentare l’autostima e migliorare il benessere.
Se vuoi maggiori informazioni o vuoi iniziare un percorso di psicoterapia, contattami!
Che cos’è il trauma psicologico e come superarlo con emdr.

Dopo un’esperienza traumatica, il sistema umano di auto-conservazione sembra essere in uno stato di allerta permanente, come se il pericolo potesse tornare da un momento all’altro.
(Judith Lewis Herman)
Il trauma psicologico non è raro ed appartiene all’esperienza di vita di tutti noi: esso rappresenta qualsiasi evento che una persona recepisce come estremamente stressante e bloccante, che sia una minaccia reale o percepita, che riguarda noi stessi o gli altri. VI sono diversi tipi di traumi ed essi vengono suddivisi in:
- Traumi con la T maiuscola, che riguardano l’incolumità della persona ( lutto, incidenti, ferite, calamità naturali, attentati)
- Traumi con la t minuscola, che hanno a che vedere con le esperienze più soggettive che ogni persona fa nella propria vita: violenze fisiche o verbali, giudizi, critiche, fallimenti…
Il trauma psicologico, essendo esso stesso personale e intimo, non è sempre facile da superare e ha un ruolo decisivo nello sviluppo della propria identita’. Ad esempio, se ho vissuto spesso situazioni di disprezzo o di svalutazione anche nella famiglia d’origine, quello che può accadere è che l’autostima non si sviluppi al meglio, che sia più facile pensarsi come incapaci piuttosto che come capaci o come coloro che non hanno risorse.
Questi eventi producono reazioni emotive e corporee importanti, che non sempre il cervello riesce ad elaborare: quando l’elaborazione del trauma psicologico non avviene naturalmente, spesso a causa di vissuti troppo emotivi e dolorosi, le emozioni e le sensazioni corporee si bloccano, e costruiscono reti neuronali disfunzionali che compromettono il normale funzionamento psichico e il benessere della persona.
Quindi è come se il trauma restasse imprigionato nella memoria traumatica e incidesse con un malessere che continua nel tempo e che riemerge quando meno ci si aspetta, con eventi che possono richiamare anche alla lontana l’esperienza. Può quindi capitare che non si riesca sempre a trovare un collegamento tra l’esperienza traumatica e il vissuto attuale, ma ci sia bisogno di tempo e desiderio di scoprirne l’origine, detto ricordo originale.
Quindi come si può superare il trauma psicologico?
Diversamente da quanto si credeva un tempo in psicologia, non è utile il solo parlarne perché quello che è utile alla persona non è solo rievocare il ricordo ma rielaborarlo, riorganizzandolo in luoghi della memoria e delle emozioni più funzionali e meno dolorose. Ecco perché l’emdr è una tecnica che guarisce dal trauma, perché essa funziona andando a riconnettere i vissuti traumatici, i ricordi, con le emozioni e le sensazioni attraverso dei movimenti oculari bidirezionali che consentono al cervello di riattivare un processo di “auto-guarigione”.
Ecco che emdr non è una sorta di magia, ma si basa su studi scientifici e sul funzionamento di reti neuronali che consentono di mettere al centro la persona, con i propri vissuti e con le proprie fragilità andando a recuperare un processo di elaborazione del trauma che sia il più “naturale” possibile.
Inoltre l’emdr consente alla persona di sviluppare risorse e migliorare l’idea “negativa” su di sé al fine di renderla maggiormente positiva ed utile al proprio benessere.
La storia di Clara.
Clara (nome immaginario) viene in psicoterapia perché non riesce ad affrontare situazioni affettive, sente di non riuscire a decidere nelle relazioni anche perché crede di non avere nulla per cui vale la pena essere amata. Questo le genera una profonda sofferenza perché sente di non riuscire a sostenere una relazione, a portarla avanti e vorrebbe riuscire a costruire una famiglia.
Dalla raccolta della sua storia emergono esperienze traumatiche che, seppur ritenute “sottigliezze” da parte di Clara, sono la base delle sue attuali difficoltà. Costanti messaggi quotidiani dal padre rispetto a quanto non fosse brava, capace e che qualsiasi cosa facesse il risultato era che la colpa era la sua, sono un terreno fertile per un’incapacità in età adulta a costruire il proprio benessere.
Per prima cosa abbiamo lavorato per costruire una lista di esperienze che hanno segnato Clara, ordinandole cronologicamente e misurandone l’intensità del dolore ad esse associate. Successivamente si fornisce un “Posto Sicuro” che diventerà il luogo della persona che richiama sensazioni di calma e serenità da richiamare al momento del bisogno anche nella quotidianità. Infine si lavoro sugli aspetti traumatici e, con quanto riportato da Clara concludo questo articolo,.
” Il ricordo c’è, non lo posso cancellare, ma lo sento lontano. Prima mi accompagnava nella vita vita, nelle mie giornate e sento che ora ho la forza per superare le difficoltà.”
Dott.ssa Lisa Sartori_ Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Relazionale_ Terapeuta EMDR

5 passi per liberarsi dal senso di colpa.
Non c’è problema così terribile a cui non si possa aggiungere un po’ di senso di colpa per renderlo ancora peggiore.
(Bill Watterson)
Quante volte vi è capitato di non riuscire a godere fino in fondo di situazioni, relazioni o occasioni? Di sentire che non potete essere completamente liberi? Ecco solo alcuni degli effetti del “senso di colpa” nella vita delle persone. Il senso di colpa è un sentimento molto arcaico, che richiama un giudizio interiore severo e scrupoloso che media ogni forma di scelta e libertà di azione. Molte persone che vengono in terapia vivono situazioni vincolanti o nocive dalle quali non riescono a svincolarsi per paura di ferire, ricevere un rifiuto o sacrificarsi per qualcun altro. Ecco che si ascoltano storie con relazioni difficili, non soddisfacenti e con spesso la paura a definirsi con i propri bisogni, le proprie aspettative perché impossibile da pensare.
Dal punto di vista familiare il senso di colpa sembra essere maggiormente presente in soggetti appartenenti alle famiglie che utilizzano maggiormente parole come “buono”, “cattivo”, che hanno come lente di osservazione del mondo il “giudizio” o la “critica” ma non perché loro stessi buoni o cattivi ma per un funzionamento familiare. La persone vive spesso a contatto con costanti messaggi che richiamano il “come si dovrebbe vivere”, “cosa si dovrebbe fare” o “cosa gli altri si aspettano per noi”.
Nella vita quotidiano siamo inoltre chiamati a fare costanti scelte, azioni che possono essere anche discutibili ma si può essere in pace con se stessi, dal momento che fa tutto ciò che è in suo potere fare, ma se qualcosa non va come vorrebbe allora non si colpevolizza perché è consapevole di aver dato il meglio di sé. Ecco che, in questo caso, chi soffre di senso di colpa non riesce a sviluppare questo pensiero anzi, passa direttamente alla colpa anche irrealista purchè possibile.
Come si sviluppa il senso di colpa?
L’origine va spesso ricercata nelle relazioni primarie e sul tentativo, da parte di un genitore/adulto significativo di controllare il comportamento e la paura diventa spesso l’arma con la quale la si attua. Inoltre spesso un pensiero di “colpa” è alla base di disturbi di tipo ossessivo nel quale il “rituale” sia di pensiero che di azione diventa una sorta di calmante. L’idea alla base deriva dal fatto che si apprende una sorta di “impossibilità a godersi la vita”, una sorta di allarme costante verso il mondo esterno percepito come pericoloso ma anche come frutto della propria incapacità. L’autostima spesso non è molto sviluppata e un atteggiamento di questo tipo può minare l’idea di sé.
Come liberarsi dei sensi di colpa?
Per liberarsi e concedersi di vivere la vita con una maggiore serenità sono importanti alcuni passi che includono:
- Comprendere il passato, la propria storia di origine: fornire un giusto significato a ciò che è accaduto intorno alla persona consente di uscire da una logica di colpa per entrare in una logica più funzionale;
- Di conseguenza vi è la possibilità di imparare dal passato ovvero di non assumere un atteggiamento di lamento ma di ricostruzione e costruzione di altre visioni;
- Trasformare il ” sentirsi in colpa” per qualcosa che è accaduto, con un cambiamento del proprio atteggiamento nei confronti di ciò che provoca queste sensazioni negative;
- Chiederti “Che cosa sto evitando con il senso di colpa?”;
- Impara a gestire le tue emozioni: capire che momento stai attraversando e che cosa provi nel momento esatto ti consente di aumentare la consapevolezza di te.
Quindi un po’ di senso di colpa è presente nella vita di tutti i giorni ma, per coloro che sentono di esserne sopraffatti, ha delle origini nelle relazioni primarie e nel proprio passato. ecco che diventa utile ricostruire e rinarrare la propria storia per poter concedere a se strssi di vivere diversamente la vita.
Per maggiori informazioni, contattami.
Dott.ssa Lisa Sartori, Psicologa e Psicoterapeuta sistemico – relazionale.

L’utilità del conflitto di coppia per la coppia.
“Abbiamo smesso di litigare perché abbiamo smesso di sperare che potesse cambiare qualcosa, e ci siamo ritrovati più lontani di prima” (Daria Bignardi)
Spesso si è abituati a considerare il conflitto come evento negativo e distruttivo tralasciando l’aspetto evolutivo che in esso è racchiuso: ci consente, se utilizzato in maniera adeguata, di definirci e di comunicare bisogni, aspettative ed emozioni all’altro. Ciò che accomuna le coppie, oltre alla fase dell’innamoramento è la presenza del conflitto e può accadere di raggiungere una situazione di stallo, ovvero una situazione dalla quale sembra non esserci via d’uscita. Questo accade inevitabile quando ciascuno dei due partner rimane fermo sulla propria posizione, sulle proprie convinzioni, rifiutandosi di comprendere il punto di vista altrui per giungere ad un compromesso. Quando la coppia è sul punto di scoppiare può accadere che i litigi vertano su aspetti a volte banali, futili e che non sarebbero mai stati oggetto di discussione in altri momenti. Ecco che costruire un momento di incontro nel conflitto diventa impossibile e qualsiasi iniziativa e/o tentativo diventa la conferma dell’idea su come funziona la coppia o la relazione: rabbia, sentimenti di noia e frustrazioni, fallimento, tristezza, disgusto, impotenza sono alcuni tra le emozioni e i sentimenti maggiormente vissuti da chi vive una situazione di coppia alle prese con conflitti ripetuti e quotidiani.
La sensazione di non poterli superare e i circoli viziosi che prendono vita portano i partners a sentirsi “bloccati” e a non sapere come muoversi nella coppia.
Quali sono alcune delle possibili cause che portano ad un conflitto insanabile e bloccante?
- Deficit nella comunicazione: la chiave di ogni relazione sta nella comunicazione sia verbale che non verbale e sulla possibilità di fare giungere in maniera efficace il messaggio;
- Rigidità: la persone tende a considerare come buone le proprie idee e le proprie azioni sostenendole in maniera rigida privando se stessa della possibilità di mettersi in discussione;
- Bisogni e aspettative personali disilluse: quando quello in cui si crede e ciò di cui si sente di avere bisogno non si realizza o non trova un determinato riconoscimento la persona si sente ferita e tradita senza considerare la sua responsabilità nella costruzione di tale situazione.
Come trasformare il conflitto in momento di incontro?
Per riuscire a “sbloccare” una situazione di stallo di coppia è importante partire da se stessi e non dal pensiero giudicante verso l’altro. E’ importante leggere il conflitto in chiave evolutiva e comprenderne l’aspetto trasformativo perchè spesso è nel conflitto che comunichiamo a noi stessi e agli altri cosa funziona, cosa necessita di ulteriore manutenzione e ciò per cui vale la pena lottare.
Ecco qui alcuni punti salienti per riuscire a costruire una “svolta” di coppia:
- Calma le emozioni: il vecchio detto “contare fino a 10 prima di parlare” in questi casi potrebbe risultare utile dal momento che comunicare in preda alle emozioni non è efficace sia a livello di “contenuto” ( che non arriva in maniera chiara) sia per la lucidità nel cogliere potenziali risposte e risvolti;
- Conosci te stesso e la tua storia familiare: sapere quali sono i propri bisogni e le proprie aspettative consente di soffermarsi su ciò che parte da se stessi senza farsi governare da essi e la propria storia familiare è la chiave di lettura anche delle difficoltà relazionali;
- Comunica il tuo stato d’animo e le tue emozioni: quello che è utile è comunicare il “come ci si sente” nella determinata situazione piuttosto che concentrarsi sull’altro, su cosa dice o fa. Ad esempio quando ci si sente feriti da ciò che l’altro ci comunica sarebbe utile dire ” Quello che dici mi ferisce/ mi sento ferito..”, piuttosto che ” TU sbagli, giudichi, ferisci ecc..”. Questo vi permetterà di abbassare il livello di attivazione ed accedere ad un canale emotivo;
- Mettiti nei panni dell’altro: potrai provare ad osservare la situazione dal suo punto di vista provando a metterti nei suoi panni;
- Ricordarsi i buoni motivi per cui si è scelto il partner…
Questi sono punti di partenza per provare a trasformare il conflitto ma a volte può essere necessario uno spazio neutrale nel quale riuscire, grazie all’aiuto di uno psicoterapeuta di coppia, ad osservare la propria storia e se stessi al fine di dare voce e significato al conflitto, ricostruendo una dimensione “NOI”.
A volte il conflitto non è sanabile e la coppia sceglie di separarsi: è importante anche in questo caso poter lavorare, soprattutto in presenza di figli, nella tutela del ruolo genitoriale costruendo nuove modalità comunicative e relazionale, elaborando emozioni e vissuti spesso invalidanti.
Dott.ssa Lisa Sartori Psicologa _ Psicoterapeuta sistemico – relazionale.