
Relazioni Tossiche: riconoscerle ed uscirne

“Le relazioni sono uno specchio di come ci vediamo, pensiamo e comunichiamo”
Si sa che le relazioni non sono sempre facili. Spesso addirittura ci si può trovare immersi in relazioni di coppia o familiari anche molto complesse e poco soddisfacenti, a tratti anche pericolose.
Oggi vi parlerò dunque di “relazioni tossiche”. Partiremo dalla loro definizione passando a come poterle riconoscere e superare.
Le relazioni sono lo specchio di come ci percepiamo, pensiamo e viviamo ed è per questo che è importante non darle per scontate.
Per “relazioni tossiche” si intende una relazione disfunzionale che persiste nel tempo e che sopravvive anche ai tentativi di interruzione. Esse possono minare la salute, limitare la libertà della persona e dar vita ad un circolo vizioso dal quale non è facile uscirne. Ecco che ci si ritrova in relazioni insoddisfacenti e con un legame di coppia spesso logorato, come una corda che si è tirata troppo e che è in procinto di spezzarsi, anche se ciò poi non accade mai.
Come si sviluppano le relazioni tossiche?
Cadere in relazioni tossiche non è poi così difficile. Si inizia infatti con legami d’amore, quindi relazioni che un tempo hanno anche avuto, seppur a livello spesso solo illusorio, un effetto benefico sulla persona.
Spesso le due persone si sentono affini, simili e quasi “fatti l’uno per l’altro”. Sono per lo più relazioni basate su di un benessere apparente, spesso frutto di unioni di coppia (incastri di coppia in termini psicologici) che sfruttano una relazione di potere da parte di uno dei due partner, tendenzialmente quello vissuto come il più forte.
Ne sono un esempio il sadismo e il masochismo, o la relazione tra un narcisista e una persona insicura (due quadri che spesso si sovrappongono). Sono relazioni in cui vige un’asimmetria di potere e responsabilità, e dove la sofferenza è strettamente legata al piacere. Ovviamente è bene sottolineare che l’unione di coppia e la scelta del partner, non è mai casuale ma è dettata da modalità relazionali acquisite dalla propria famiglia d’origine.
Quali sono le relazioni tossiche?
Dipendenza affettiva: è una relazione nella quale l’oggetto della dipendenza è “l’altro”. La persona che soffre di tale dipendenza tenderà a mettersi da parte e a vivere in totale dedizione all’altro, così come un tossicodipendente fa con la sostanza. Ecco che la persona dipendente spesso ridurrà le sue attività per vivere per l’altro, anche se la relazione è fonte di insoddisfazione.
Lotta di potere: sono relazioni basate sulla “distruzione dell’altro” e sul concetto di “vittoria”. In queste relazioni non si giunge mai ad un confronto positivo. Si basa tutto sull’affermazione di se stessi e spesso anche sull’affermare la propria famiglia d’origine. In questo caso non c’è una asimmetria di ruoli, ma piuttosto la tendenza di entrambi i membri della coppia ad assumere un ruolo dominante.
Anche se la relazione di questa coppia sembra giunta al termine, i due continuano comunque a stare insieme. Non c’è davvero una progettualità e la gioia di stare insieme è ormai scemata. Si parla di ” legame disperante” con delle ripercussioni gravi anche sui figli. I continui conflitti spesso celano vissuti depressivi latenti: insomma, tra rabbia e disperazione, i due scelgono di esternare la rabbia.
Il ricatto e la paura come aspetti dominanti nella coppia: sono coppie che utilizzano il ricatto emotivo come strumento di controllo dell’altro e la paura sappiamo che, se sfruttata, blocca la persona e la rende schiava anche solo a livello emotivo.
L’altro idealizzato: Questo tipo di relazione tossica si palesa quando comincia a diventare evidente che uno o entrambi i membri della coppia non si sono innamorati della persona con cui condividono l’affetto, ma con una versione idealizzata di esso.
Sebbene questo fatto possa essere già stato intuito durante i primi mesi della relazione, è possibile che venga data poca importanza ad esso e che, in ogni caso, questa dissonanza cognitiva sia stata risolta sopravvalutando la capacità dell’altro di cambiare in futuro e conformarsi alle nostre aspettative. Questo può portare a vivere relazioni idealizzate e non reali.
Come riconoscere le relazioni tossiche?
Le relazioni tossiche hanno delle caratteristiche tipiche, tra le quali troviamo: ansia, violenza fisica o verbale, paura, elevata conflittualità di coppia, gelosia estrema, paura, senso di essere in trappola e sensazione di non valere abbastanza… Queste possono cambiare di situazione in situazione ma di norma sono quasi sempre presenti. Proprio per la pesantezza della relazione non è da escludere che possano esserci implicazioni anche per i figli, laddove coinvolti nel conflitto o nelle dinamiche disfunzionali dei genitori. Inoltre in uno dei due partner possono svilupparsi sintomatologie ansioso-depressive o fobiche.
Come uscire dalle relazioni tossiche?
E’ fondamentale anzitutto avere la consapevolezza di star vivendo una relazione tossica. Il secondo step è il chiedere aiuto a professionisti in grado di aiutare la persona ad acquisire maggiore sicurezza in se stesso e nella propria forza.
Ecco alcuni suggerimenti per iniziare a mettere in discussione la vostra relazione tossica:
Comprendere e rivedere la propria storia familiare per liberarsi di ruoli, miti ed aspettative relazionali che possono ad oggi alimentare una relazione tossica.
Rivedete i comportamenti passati. Quando siete con il vostro partner sentite che il tempo è speso bene e che ne vale la pena? O sentite le vostre energie prosciugate e state con lui/lei solo per senso del dovere?
Analizzate il presente. Come vi sentite nella relazione? Quali emozioni prevalgono (gioia, rabbia, paura o senso di colpa)?
Recuperate le attività sacrificate per la relazione tossica. Quante cose avete messo da parte per difendere questa relazione?
Cercate persone con atteggiamenti diversi e fate attenzione a non innescare di nuovo il circolo vizioso.
Lavorate sulla parte di voi che alimenta il circolo vizioso della relazione grazie ad un percorso di psicoterapia.
Elaborate i traumi psicologici e fisici collegati a tale relazione con l’EMDR al fine di aumentare l’autostima e migliorare il benessere.
Se vuoi maggiori informazioni o vuoi iniziare un percorso di psicoterapia, contattami!
Conflitti di coppia: una strategia risolutiva
la coppia, cambia e cresce, necessita di rivedere gli obiettivi e le finalità. Due innamorati di 20 anni non possono chiedere a 50 di essere come un tempo, possono però cercare di amarsi per ciò che sono ora.

5 modi per superare la crisi di coppia

( F. Dostoevskij)
L’amore è come il fuoco: non possiamo immaginare di accenderlo e non prendercene cura, di non osservarlo e lasciare che esso produca sempre lo stesso calore. A volte quello che accade nella coppia è proprio come accendere un fuoco e lasciarlo fare il suo corso, libero di spegnersi se non curato e alimentato. Vivere una vita di coppia non è facile, ha alti e bassi e sfide da superare ma anche gioie, traguardi e soddisfazioni. Saper stare in coppia richiama alcune modalità relazionali, alcune aspettative e alcuni miti che il singolo individuo sperimenta nella propria famiglia d’origine. In questo articolo affronteremo le tappe di vita della coppia e come superare possibili ostacoli.
La coppia quando si forma crea quella che chiameremo “coppia coniugale” ovvero la coppia basata sulla relazione tra partners e nella fase dell’innamoramento: è qui che spesso vediamo l’altro non per quello che è ma per quello che vorremmo che fosse, con quelle caratteristiche che sono più bisogni, aspettative ed ideali che aspetti reali. Viene detta anche la fase dell’illusione proprio per l’aspetto illusorio che porta con sé. Tutte le coppie passano questa fase, a prescindere dall’età nel quale si forma la coppia, a prescindere dalle caratteristiche individuali e relazionali.
Con il passare del tempo quello che accade, a livello evolutivo, è il passaggio alla fase della disillusione di coppia nella quale l’altro si inizia a vedere con le sue caratteristiche, emergono aspetti critici e si entra nella fase più reale della coppia: spesso e’ qui che si giocano le sorti dell’andamento della coppia. Vi è chi riesce a cogliere aspetti positivi e bilanciarli con quelli negativi, chi riesce a riadattare le proprie aspettative e desideri al fine di mantenere la relazione mentre altri persistono nelle loro idee, aspettative e bisogni senza scendere a compromessi ma precludendo la possibilità alla coppia di continuare.
Ora mi concentro’ sulle coppie che scelgono di stare insieme e su come riuscire a trasformare la crisi di coppia e superarla.

Per prima cosa è importante sottolineare che il concetto di crisi non è sempre qualcosa di negativo, esso diventa un punto di rottura e quindi di cambiamento: non possiamo pensare di tornare ad essere come prima e possiamo invece lavorare per costruire un nuovo presente. La crisi di coppia quindi diventa un punto di svolta importante per la coppia, perché ci dice che ciò che funzionava prima ora non funziona più, che non viviamo più la coppia come un tempo, e che forse ciò che prima ci faceva piacere non è più attuale.
D’altronde noi stessi non siamo quelli di alcuni anni fa’ e quindi perché la coppia dovrebbe essere sempre uguale?
Questa è una domanda che mi trovo a fare in terapia e che rappresenta un paradosso perché chiediamo alla coppia di fermarsi laddove chi la compone è evoluto come adulto.
Ecco quindi che per superare la crisi di coppia dobbiamo considerare due aspetti importanti:
1. La fase di vita che la coppia vive: ovvero spesso la crisi arriva con la nascita del figlio che crea dei disequilibri del tutto normale sia nel come si intende la coppia da ora in poi sia nella genitorialità e sulle scelte educative. Inoltre la nascita di un figlio richiama alcuni funzionamenti della famiglia d’origine e dunque aspetti relazionali che riguardano, cambi di ruoli, emozioni e confini. Inoltre una successiva crisi avviene nella fase adolescenziale e di svincolo dei figli, proprio perché vi sarà progressivamente sempre maggior spazio per la “coppia” che, se si è persa di vista sarà non del tutto scontato riscoprirsi.
2.Il desiderio dei singoli partners nella coppia: ovvero vi è il desiderio di reinvestire sulla coppia oppure la crisi diventa occasione per lasciarsi?
Questi due aspetti sono salienti al fine di intraprendere un percorso di coppia che consenta di superare in maniera efficace la crisi di coppia, così da poter lavorare per ristabilire nuovi bisogni, nuovi desideri, nuove emozioni nella vita di coppia.
A livello pratico vi sono alcuni accorgimenti utili per riuscire, nelle mura domestiche, a preservare la coppia al fine di non lasciare che la crisi prenda il predominio:
- mantenere un buon livello di ascolto attivo dell’altro;
- comunicare il proprio stato d’animo e i propri bisogni e desideri;
- analizzare in primi se stessi e non tanto l’altro ( ad esempio chiedersi ” cosa ho fatto per contribuire al costruirsi di questa situazione?); sarà più utile perchè il cambiamento non parte dagli altri ma da noi stessi;
- non fermarsi al contenuto della discussione ( per cosa stiamo discutendo ) ma concentrarsi sul messaggio a livello relazionale ( mi fido, non mi fido, mi sento amato/a, mi sono non ascoltato ecc);
- fermarsi e accettare di aver, a volte, bisogno di uno spazio neutro per discutere sulla coppia e trovare nuovi significati e modalità relazionali.
Sono la dott.ssa Lisa Sartori, psicologa psicoterapeuta, specializzata in terapia di coppia e dipendenza affettiva.
Se vuoi saperne di più o vuoi fissare un appuntamento con me compila il modulo qui sotto:

Come superare un tradimento.
“Nasce dal colore di una rosa appassita un’altra vita”.
(Tiziano Ferro)
“In amore si dice che nulla è per sempre o quasi” dice Angela (nome inventato) appena arrivata in terapia. Ha gli occhi colmi di lacrime e il cuore “ferito” dalla persona che più amava e da colui che reputava essere la persona che l’avrebbe accompagnata per il resto della vita. Quello che accade è che le cose non sono andate come si aspettava e che la relazione che prima era il suo posto sicuro ora era il posto da cui scappare; con lei c’è Mario ( nome inventato) avvilito e senza parole.
Questa è solo una delle tante storie di coppie in crisi a seguito di un tradimento, scoperto o dichiarato, il quale può diventare la goccia che fa traboccare il vaso. In terapia arrivano coppie che sentono di non poter “permettersi di lasciarsi” perché vi sono impegni in comune, figli e altre possibili motivazioni oppure uno dei due viene trascinato in terapia, spesso da colui che ha tradito e che però vuole recuperare la relazione. E’ in questi casi che si declina una terapia di coppia volta a comprendere la dimensione coppia, ad affrontare emozioni e pensieri che vincolano la relazione attualmente e che hanno bisogno di tempo e di essere espresse. Poi ci sono situazioni dove il tradimento diventa l’occasione per finire una relazione, ma in questo articolo ci soffermiamo su coloro che non si fermano al tradimento.
Perché si tradisce?
Rispondere a questa domanda è un compito molto importante e spesso non trova una sola risposta. Per prima cosa è importante concepire il tradimento come una sorta di “sintomo” che comunica qualcosa alla coppia. Vedere il tradimento con gli occhi di chi tradisce ci può portare a formulare differenti ipotesi:
- Problemi con il partner;
- Mancanza di attenzioni;
- Difficoltà di comunicazione;
- Insoddisfazione (emotivo, sessuale, incompatibilità caratteriale, mancanza di comunicazione, ecc.);
- Stanchezza;
- Difficoltà a ridefinire i bisogni individuali;
- Desiderio di provare emozioni forti;
- Paura di farsi coinvolgere da una relazione in particolare;
- Paura d’amare;
- accordo implicito alla coppia ( dovuto a vantaggi per entrambi).
Queste sono alcune delle motivazioni che possono spingere verso il tradimento. Ovviamente ciò che consente di fare la terapia è di trasformare tale “evento” in occasione di rinascita per la coppia laddove possibile. Una buona percentuale di tradimenti avviene per soddisfare dei propri bisogni personali, che non trovano soddisfacimento all’interno del rapporto.
Come superare il tradimento?
Per superare il tradimento, da entrambe le parti, è importante costruire uno spazio neutro nel quale affrontare le rispettive “Responsabilità” per mantenere viva la coppia anche nel momento di difficoltà. Facile è entrare in dinamiche di colpa che sono utili per scaricare l’aspetto emotivo ma sono sterili per la ricostruzione della coppia. Ecco che con un percorso di coppia è possibile affrontare differenti aspetti:
- L’aspetto emotivo e la ferita che tale evento porta con sé;
- i segnali non visti e non comunicati alla base del tradimento;
- gli obiettivi futuri e i desideri;
- la costruzione di un nuovo patto di coppia che consideri la coppia per quello che è oggi;
- vedere il tradimento come “sintomo” di una difficoltà di coppia e individuale nel momento in cui la persona usa il tradimento per non parlare di sé e delle sue difficolta.
Inoltre il tradimento intacca l’identità individuale e risuona nelle corde di ogni individuo diversamente a prescindere dalla propria storia individuale e relazionale.
Concludo con la storia di Angela e con l’ultimo incontro di coppia:
” A coloro che mi chiedono come ho fatto a perdonarlo dopo tutto quello che abbiamo costruito e che ha distrutto io ora rispondo che io dovrò perdonarlo per il tradimento ma io devo farmi perdonare da lui per ciò che prima non andava e che non vedevo. Io ho riversato tale difficoltà nella dipendenza lui nel tradimento”.
Dott.ssa Lisa Sartori, Psicologa _ Psicoterapeuta sistemico – relazionale.

5 passi per liberarsi dal senso di colpa.
Non c’è problema così terribile a cui non si possa aggiungere un po’ di senso di colpa per renderlo ancora peggiore.
(Bill Watterson)
Quante volte vi è capitato di non riuscire a godere fino in fondo di situazioni, relazioni o occasioni? Di sentire che non potete essere completamente liberi? Ecco solo alcuni degli effetti del “senso di colpa” nella vita delle persone. Il senso di colpa è un sentimento molto arcaico, che richiama un giudizio interiore severo e scrupoloso che media ogni forma di scelta e libertà di azione. Molte persone che vengono in terapia vivono situazioni vincolanti o nocive dalle quali non riescono a svincolarsi per paura di ferire, ricevere un rifiuto o sacrificarsi per qualcun altro. Ecco che si ascoltano storie con relazioni difficili, non soddisfacenti e con spesso la paura a definirsi con i propri bisogni, le proprie aspettative perché impossibile da pensare.
Dal punto di vista familiare il senso di colpa sembra essere maggiormente presente in soggetti appartenenti alle famiglie che utilizzano maggiormente parole come “buono”, “cattivo”, che hanno come lente di osservazione del mondo il “giudizio” o la “critica” ma non perché loro stessi buoni o cattivi ma per un funzionamento familiare. La persone vive spesso a contatto con costanti messaggi che richiamano il “come si dovrebbe vivere”, “cosa si dovrebbe fare” o “cosa gli altri si aspettano per noi”.
Nella vita quotidiano siamo inoltre chiamati a fare costanti scelte, azioni che possono essere anche discutibili ma si può essere in pace con se stessi, dal momento che fa tutto ciò che è in suo potere fare, ma se qualcosa non va come vorrebbe allora non si colpevolizza perché è consapevole di aver dato il meglio di sé. Ecco che, in questo caso, chi soffre di senso di colpa non riesce a sviluppare questo pensiero anzi, passa direttamente alla colpa anche irrealista purchè possibile.
Come si sviluppa il senso di colpa?
L’origine va spesso ricercata nelle relazioni primarie e sul tentativo, da parte di un genitore/adulto significativo di controllare il comportamento e la paura diventa spesso l’arma con la quale la si attua. Inoltre spesso un pensiero di “colpa” è alla base di disturbi di tipo ossessivo nel quale il “rituale” sia di pensiero che di azione diventa una sorta di calmante. L’idea alla base deriva dal fatto che si apprende una sorta di “impossibilità a godersi la vita”, una sorta di allarme costante verso il mondo esterno percepito come pericoloso ma anche come frutto della propria incapacità. L’autostima spesso non è molto sviluppata e un atteggiamento di questo tipo può minare l’idea di sé.
Come liberarsi dei sensi di colpa?
Per liberarsi e concedersi di vivere la vita con una maggiore serenità sono importanti alcuni passi che includono:
- Comprendere il passato, la propria storia di origine: fornire un giusto significato a ciò che è accaduto intorno alla persona consente di uscire da una logica di colpa per entrare in una logica più funzionale;
- Di conseguenza vi è la possibilità di imparare dal passato ovvero di non assumere un atteggiamento di lamento ma di ricostruzione e costruzione di altre visioni;
- Trasformare il ” sentirsi in colpa” per qualcosa che è accaduto, con un cambiamento del proprio atteggiamento nei confronti di ciò che provoca queste sensazioni negative;
- Chiederti “Che cosa sto evitando con il senso di colpa?”;
- Impara a gestire le tue emozioni: capire che momento stai attraversando e che cosa provi nel momento esatto ti consente di aumentare la consapevolezza di te.
Quindi un po’ di senso di colpa è presente nella vita di tutti i giorni ma, per coloro che sentono di esserne sopraffatti, ha delle origini nelle relazioni primarie e nel proprio passato. ecco che diventa utile ricostruire e rinarrare la propria storia per poter concedere a se strssi di vivere diversamente la vita.
Per maggiori informazioni, contattami.
Dott.ssa Lisa Sartori, Psicologa e Psicoterapeuta sistemico – relazionale.

L’utilità del conflitto di coppia per la coppia.
“Abbiamo smesso di litigare perché abbiamo smesso di sperare che potesse cambiare qualcosa, e ci siamo ritrovati più lontani di prima” (Daria Bignardi)
Spesso si è abituati a considerare il conflitto come evento negativo e distruttivo tralasciando l’aspetto evolutivo che in esso è racchiuso: ci consente, se utilizzato in maniera adeguata, di definirci e di comunicare bisogni, aspettative ed emozioni all’altro. Ciò che accomuna le coppie, oltre alla fase dell’innamoramento è la presenza del conflitto e può accadere di raggiungere una situazione di stallo, ovvero una situazione dalla quale sembra non esserci via d’uscita. Questo accade inevitabile quando ciascuno dei due partner rimane fermo sulla propria posizione, sulle proprie convinzioni, rifiutandosi di comprendere il punto di vista altrui per giungere ad un compromesso. Quando la coppia è sul punto di scoppiare può accadere che i litigi vertano su aspetti a volte banali, futili e che non sarebbero mai stati oggetto di discussione in altri momenti. Ecco che costruire un momento di incontro nel conflitto diventa impossibile e qualsiasi iniziativa e/o tentativo diventa la conferma dell’idea su come funziona la coppia o la relazione: rabbia, sentimenti di noia e frustrazioni, fallimento, tristezza, disgusto, impotenza sono alcuni tra le emozioni e i sentimenti maggiormente vissuti da chi vive una situazione di coppia alle prese con conflitti ripetuti e quotidiani.
La sensazione di non poterli superare e i circoli viziosi che prendono vita portano i partners a sentirsi “bloccati” e a non sapere come muoversi nella coppia.
Quali sono alcune delle possibili cause che portano ad un conflitto insanabile e bloccante?
- Deficit nella comunicazione: la chiave di ogni relazione sta nella comunicazione sia verbale che non verbale e sulla possibilità di fare giungere in maniera efficace il messaggio;
- Rigidità: la persone tende a considerare come buone le proprie idee e le proprie azioni sostenendole in maniera rigida privando se stessa della possibilità di mettersi in discussione;
- Bisogni e aspettative personali disilluse: quando quello in cui si crede e ciò di cui si sente di avere bisogno non si realizza o non trova un determinato riconoscimento la persona si sente ferita e tradita senza considerare la sua responsabilità nella costruzione di tale situazione.
Come trasformare il conflitto in momento di incontro?
Per riuscire a “sbloccare” una situazione di stallo di coppia è importante partire da se stessi e non dal pensiero giudicante verso l’altro. E’ importante leggere il conflitto in chiave evolutiva e comprenderne l’aspetto trasformativo perchè spesso è nel conflitto che comunichiamo a noi stessi e agli altri cosa funziona, cosa necessita di ulteriore manutenzione e ciò per cui vale la pena lottare.
Ecco qui alcuni punti salienti per riuscire a costruire una “svolta” di coppia:
- Calma le emozioni: il vecchio detto “contare fino a 10 prima di parlare” in questi casi potrebbe risultare utile dal momento che comunicare in preda alle emozioni non è efficace sia a livello di “contenuto” ( che non arriva in maniera chiara) sia per la lucidità nel cogliere potenziali risposte e risvolti;
- Conosci te stesso e la tua storia familiare: sapere quali sono i propri bisogni e le proprie aspettative consente di soffermarsi su ciò che parte da se stessi senza farsi governare da essi e la propria storia familiare è la chiave di lettura anche delle difficoltà relazionali;
- Comunica il tuo stato d’animo e le tue emozioni: quello che è utile è comunicare il “come ci si sente” nella determinata situazione piuttosto che concentrarsi sull’altro, su cosa dice o fa. Ad esempio quando ci si sente feriti da ciò che l’altro ci comunica sarebbe utile dire ” Quello che dici mi ferisce/ mi sento ferito..”, piuttosto che ” TU sbagli, giudichi, ferisci ecc..”. Questo vi permetterà di abbassare il livello di attivazione ed accedere ad un canale emotivo;
- Mettiti nei panni dell’altro: potrai provare ad osservare la situazione dal suo punto di vista provando a metterti nei suoi panni;
- Ricordarsi i buoni motivi per cui si è scelto il partner…
Questi sono punti di partenza per provare a trasformare il conflitto ma a volte può essere necessario uno spazio neutrale nel quale riuscire, grazie all’aiuto di uno psicoterapeuta di coppia, ad osservare la propria storia e se stessi al fine di dare voce e significato al conflitto, ricostruendo una dimensione “NOI”.
A volte il conflitto non è sanabile e la coppia sceglie di separarsi: è importante anche in questo caso poter lavorare, soprattutto in presenza di figli, nella tutela del ruolo genitoriale costruendo nuove modalità comunicative e relazionale, elaborando emozioni e vissuti spesso invalidanti.
Dott.ssa Lisa Sartori Psicologa _ Psicoterapeuta sistemico – relazionale.

Relazioni im-possibili.
“Una persona che si adatta completamente all’altra alla fine non piace poi così tanto”
Capita spesso che, nelle difficoltà relazionali, ciò che porta più spesso le persone in psicoterapia è l’incapacità di sentirsi in grado di mantenere una relazione, di scegliere la persona giusta e di scendere a compromessi. Tali situazione può dar vita ad una serie di domande che risuonano nelle mura dello studio e nella mente delle persone e che hanno dato vita a questo articolo: “Perché non riesco a mantenere una relazione?”, “Come mai alla fine finisco per fare come sempre, ovvero per stancarmi?”, “Vorrei poter essere tranquilla/o con una persona ma non ci riesco”, “Scelgo sempre le persone sbagliate, come mai?”…
La richiesta che viene fatta allo psicoterapeuta spesso è quella di avere delle risposte, una spiegazione il più chiara possibile di ciò che vincola la persona nella relazione. Quello che però, da un punto di vista terapeutico assume un significato decisivo, è comprendere da dove abbiamo imparato a reagire/comportarci/ relazionarci in un determinato modo perché gli incontri, la coppia e le relazioni non sono frutto del caso ma si formano in base ai bisogni psicologici e affettivi che ognuno sviluppa fin da piccolo e che spesso non sono consapevoli.
Quindi quando mantenere, costruire una relazione diventa difficile a cosa può essere dovuto?
- modalità di attaccamento insicuro/ambivalente: le figure di accudimento durante l’infanzia ( per svariati motivi) non sono riusciti a fornire una base sicura affettiva e su questa insicurezza si sono sperimentate le prime relazioni; paura dell’abbandono, sentire di non merita l’altro e di non meritare amore possono diventare pensieri che vincolano alla possibilità di vivere le relazioni;
- storia familiare: separazioni, conflitti , aspettativi e miti familiari possono condizionare la libertà di costruirsi una relazione duratura;
- paura delle relazioni e di stare nella coppia: stare nelle relazioni implica la possibilità di sentirsi in balia dell’altro, può portare alla perdita del controllo e necessità della gestione delle emozioni così come di un livello di consapevolezza emotiva;
- bisogni affettivi: cosa ci si aspetta dall’altro/a ( attenzione, cura, sostegno ecc…) rappresentano spesso i bisogni che ogni individuo riversa nell’altro ma senza comunicarlo all’altro, essendo spesso inconsapevoli. Essi però determinano chi ricerchiamo e come mai lo ricerchiamo, cosa ci gratifica e cosa ci infastidisce, e non è un caso.
Questi sono solo alcuni degli aspetti che possono dare senso ad un ipotesi sul come mai sia difficile mantenere relazioni e diventa altrettanto importante comprendere che significato viene fornito a tale difficoltà dal conteso familiare, sociale e amicale nel quale in singolo individuo è inserito.
Come migliorare?
E’ sempre possibile migliorare ma è necessaria la consapevolezza e dunque fare un lavoro psicoterapeutico di costruzione della propria storia familiare, comprendere che ruolo o i ruoli che la persona ha dovuto o scelto di assumere con le relazioni significative e lavorare sui bisogni che spesso sono la chiave di svolta per migliorare partendo da sé stessi, senza aspettare che sia qualcuno a renderci sereni con noi stessi.
Dott.ssa Lisa Sartori Psicologa _ Psicoterapeuta

Quando la coppia infelice non scoppia.
“Gli uomini sono fatti in modo da doversi necessariamente tormentare a vicenda.”
( F.M Dostoevskij)
Essere coppia è una sfida che mette ogni individuo alla prova rispetto ai propri limiti, risorse e modalità di comunicazione e di relazione. La complessità della relazione di coppia sta anche nel momento della disillusione come fase nella quale entrambi in partner si “accorgono” realmente di com’è l’altra persona con i pregi ed i suoi difetti in particolare. Questo perché dopo la fase dell’illusione ( ovvero dell’innamoramento ) quello che accade è che inevitabilmente ( e lo è per tutti ) l’altro viene visto con le proprie lenti di osservazione attraverso i propri bisogni e aspettative.
Cosa succede dopo la fase della disillusione?
La coppia può “ricontrattare” i motivi che li spingono a stare insieme, cercando la realizzazione e il raggiungimento dei bisogni e aspettative che sentono come necessarie sia nella loro idea di coppia (che si forma anche sulla base della propria storia di origine) , sia per il loro benessere individuale.
Ritengo necessaria questa breve introduzione al mondo della coppia al fine di comprendere come si può essere infelici nella coppia e non riuscire a separarsi. In questo articolo citerò anche alcuni aspetti emersi dalla mia tesi di ricerca su tale argomento. A tal proposito emerge come necessario sottolineare alcuni aspetti implicati nella capacità di separarsi in maniera adeguata:
- l’influenza dei miti familiari; emerge infatti come decisivo l’aspetto del mito familiare ( ad esempio sacrificio, rivendicazione, lavoro, famiglia unita ecc…) che incide sulla modalità con la quale si legge anche il conflitto includendo anche come una possibile separazione venga vissuta dalla famiglia;
- aspetti individuali legati all’idea che ogni individuo ha di sé: ad esempio persona in grado di meritare amore, persona che vale ecc…;
Questa è la base nella quale si appoggia la crisi di coppia, ma cosa spinge le persone a non separarsi e restare infelici? Dalla mia esperienza clinica e dalle ricerche in letteratura si possono individuare alcuni motivi possibili:
- L’impossibilità di vivere un fallimento; quando finisce una relazione ciò che accade è che essa può essere paragonata ad un lutto, con tutte le sue fasi di passaggio. Il fallimento è di coppia, relazionale e individuale nonché sociale perché la coppia appartiene comunque ad un gruppo che in qualche modo viene a conoscenza del fallimento. Inoltre la famiglia d’origine assume un ruolo decisivo perché verso di essa possono esserci aspetti di rivendicazione e risarcimento importanti che però non trovano risoluzione nella coppia;
- L’incapacità di reinvestire su di sé: nella coppia può capitare che uno dei due partner si metta da parte al fine di tutelare l’equilibrio della coppia ( seppur precario ) ed è proprio questa persona che spesso potrebbe sentirsi smarrita all’idea di percepirsi senza qualcuno o senza la coppia / famiglia;
- I figli; questo aspetto è di cruciale importane in quanto si tende a pensare che sia meglio per i figli avere genitori in lotta ma insieme piuttosto che genitori felici ma separati. Quello che accade è che non è un problema la separazione in sé quanto piuttosto come essa viene gestita, comunicata e vissuta sia dalla coppia che dal nucleo familiare. I conflitti dei genitori, che siano insieme o separati, possono avere serie ripercussioni emotive sui figli che li metteranno in difficoltà nella vita adulta. Ad esempio, accade spesso che adolescenti con dipendenze da sostanze, abbiano situazioni fortemente conflittuali a casa a prescindere dalla separazione o meno dei genitori;
Cosa poter dunque fare per riuscire a separarsi?
Ad esempio potrebbe essere utile chiedere aiuto e rivolgersi ad uno psicoterapeuta di coppia per riuscire a parlare e riflettere sulla possibile o impossibile separazione. Ecco che si procederà al fine di attivare uno spazio neutro per entrambi nel quale affrontare la paure, la rabbia e le altre possibili emozioni vissute nell’arco della vita di coppia anche al fine di aiutarli nella gestione della genitorialità.
Dott.ssa Lisa Sartori_ Psicologa e Psicoterapeuta.

Come riconoscere ed uscire dalla dipendenza affettiva.
“Io ho bisogno di qualcuno che abbia bisogno di me… Ecco cosa!”
“Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca. Come una medicina, che può farti bene e male al tempo stesso.” (C.Palahniuk)
Questo scrittore a mio avviso descrive in maniera semplice e coinvolgente il pensiero su cui si aggrappa la dipendenza affettiva. Concetto recente di dipendenza si intende come tale un legame nel quale l’altro diventa il fulcro della vita, con tutte le fasi legate al concetto più arcaico di dipendenza: la persona dipendente arriva a negare i propri bisogni ed a rinunciare al proprio spazio vitale pur di non perdere il partner, considerandolo unica e sola fonte di gratificazione nonché fondamentale fonte di “amore” e cura. La Dipendenza Affettiva (Love Addiction) viene considerata come facente parte delle Nuove Dipendenze (New Addiction), ossia le dipendenze comportamentali, dipendenze in cui, al posto di una sostanza, vi è dipendenza da un comportamento.
Anthony Giddens distingue tre principali caratteristiche della “love addiction” che la connotano esattamente come una vera e propria forma di dipendenza:
1. IL PIACERE CONNESSO ALL’AMORE: definito anche ebbrezza, ovvero la sensazione di euforia sperimentata in funzione delle reazioni manifestate dal partner rispetto ai propri comportamenti.
2. LA TOLLERANZA: anche definita in questo contesto come “dose“, che consiste nel bisogno di aumentare la quantità di tempo da trascorrere in compagnia del partner, riducendo sempre di più il tempo autonomo proprio e dell’altro e i contatti con l’esterno della coppia;
3. L’INCAPACITÀ DI CONTROLLARE IL PROPRIO COMPORTAMENTO: connessa alla perdita della capacità critica relativa a sé, alla situazione e all’altro. Una riduzione critica e di guida razionale che, nel lungo termine, crea vergogna e rimorso.
Ma come si arriva a sviluppare dipendenza affettiva?
Indubbiamente la storia relazionale e familiare incide in maniera importante in quanto ad essa sono ricollegabili bisogni, aspettative e soprattutto modalità di definirsi nelle relazioni. La dipendenza affettiva porta anche alla difficoltà di solitudine e dunque alla possibilità di scegliere relazioni non sane e poco utili.
La storia di Anna (nome inventato)
Anna arriva in studio dopo avermi chiamato successivamente al rapporto con il compagno che era agli sgoccioli e per lei era impensabile. Sentiva di non poter stare senza di lui perché per lui ha rinunciato al lavoro, alle amiche e anche in parte alla famiglia, ma non solo perché lui le avesse chiesto ciò ma perché un po’ lei da lui si aspettava di essere per lui l’unica ragione di vita. Anna arriva da una famiglia nella quale il suo ruolo era quello di fare stare tutti tranquilli, ha imparato che viene vista solo per la sua disponibilità e non per la sua capacità di scegliere per sé cosa sia importante e necessario, dipendendo dal riconoscimento degli altri piuttosto che dal proprio, anche perché con scarsa autostima. La vita l’ha portato ad incontrare D il quale per lei rappresentava l’uomo con la “U maiuscola” ( come lo descrive lei) , che aveva bisogno di una sorta di donna che lo mettesse al primo posto e lo facesse sentire importante. Quello che all’inizio viene vissuto come Amore e dedizione per D, a poco a poco diventa una trappola amorosa per entrambi in particolare aumenta la dipendenza nel momento in cui D necessita di maggior spazio e di maggiore indipendenza.
Anna è riuscita, grazie al suo impegno e alla psicoterapia, a capire meglio se stessa non cambiando il suo passato ma integrandolo con il presente per scegliere un futuro diverso. Ecco che a poco a poco ha ripreso i contatti con ciò che prima era sempre meno importante rispetto all’amore, e in qualche modo ha iniziato ad innamorarsi di se stessa.
Questa è una storia al femminile ma vi sono anche molto uomini che vivono questa sorta di ossessione per la persona e che sentono di dipendere da lei per amore, benessere, gioia e senso della vita. La dipendenza affettiva dunque, diventa una modalità relazionale sulla quale dover lavorare per comprenderne il significato alla luce degli effetti che essa crea sia attorno alla persona che emotivamente. Rispetto alle donne esse sono:
• bisognose di conferme
• con una scarsa autostima
• terrorizzate dal fantasma dell’abbandono
• tendenti alla iperresponsabilizzazione
• provenienti senza eccezione da famiglie problematiche
Come uscire dalla dipendenza affettiva?
- riconoscere di avere bisogno di aiuto è il primo passo per uscirne, come tutte le dipendenze;
- “scalare” gradualmente dall’oggetto della dipendenza ( in questo caso il soggetto);
- riprendere le proprie attività in maniera graduale o lavorare al fine di allargare la rete di conoscenza e sociale;
- lavorare su di sé dal punto di vista psicoterapeutico ricostruendo la storia familiare e relazionale e avere delle strategie di gestione della dipendenza;
- Imparare ad amarsi ( per ultima ma non meno importante, anzi, ma essendo un processo di apprendimento ha bisogno di tempo e cambiamento).
Ricordate, che dalla dipendenza affettiva si può uscirne basta volerlo e rivolgersi ad uno psicoterapeuta.
Dott.ssa Lisa Sartori_ Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Relazionale.

L’importanza della psicoterapia familiare con gli adolescenti.
“E’ solo quando i bambini arrivano verso la fine dei loro vent’anni che le famiglie realmente capiscono ciò che sono” George Michael
L’adolescenza porta con sé innumerevoli cambiamenti, alcuni facili altri difficili ma tutti indispensabili. Quando si pensa all’adolescente oggi spesso lo si immagina connesso alla rete, al mondo virtuale e poco connesso alle relazioni presenti nei contesti di appartenenza. In questa fase di trasformazione importante si possono manifestare nell’adolescente difficoltà che trovano espressione attraverso una serie di “sintomi”, per la difficoltà a comunicare, come: ansia, depressione, ritiro sociale, autolesionismo, dipendenze, devianza e disturbi alimentari che, se non attentamente affrontate possono diventare invalidanti non solo per il giovane ma anche per tutto il nucleo familiare.
Prima di addentrarci risulta importante citare alcuni aspetti chiave per la comprensione dell’adolescenza ( 14- 18 anni):
- L’adolescenza non è una malattia ma una fase evolutiva:molti sono i genitori preoccupati per l’avvicinarsi di tale fase ma essa è indispensabile per l’evoluzione dei figli e la transizione verso l’età adulta;
- L’adolescente ha bisogno di dipendere quanto di svincolarsi: esso quindi è in una fase di costante messa alla prova dei confini familiari, del limite e della scoperta del mondo esterno all’ambiente familiare. Lo svincolo non avviene solo dal punto di vista psicologico ma passa attraverso lo svincolo fisico, emotivo, affettivo ed economico e spesso non coincidono tra di loro;
- I segnali verbali e non verbali dell’adolescente sono contraddittori: ecco perché è importante la chiarezza e l’assenza di ambivalenza nei genitori, al fine di fornire messaggi il più possibili coerenti;
- Il gruppo di coetanei diventa quindi un luogo nel quale sperimentarsi e sperimentare la propria identità, ed esso è indispensabile;
- L’adolescente porta dentro di sé la storia familiare: Andolfi ( 2003) sottolinea che l’adolescente è il maggiore esperto della vita familiare in quanto profondo osservatore dei propri genitori. E’ sempre maggiore la convinzione da parte dei genitori che gli eventi familiari non abbiano in alcun modo toccato i figli ma ciò che essi respirano è il risultato che tali eventi hanno nelle relazioni familiari: conflitti, perdite, cambiamenti anche se non comunicati vengono vissuti a livello relazione ed emotivo dal giovane adolescente che ascolta e osserva anche se non partecipa direttamente;
- L’adolescente è il braccio armato dei conflitti familiari: accade sempre più spesso che i figli vengano strumentalizzati all’interno del conflitto tra i genitori e che finiscano per farsi carico in maniera più o meno consapevole di alcune mancanze o di alcuni ruoli che non gli competono, schierandosi a favore o contro un genitore.
Proprio a partire da tali aspetti si evince l’importanza della famiglia come modalità di accesso alla terapia dal momento che spesso, l’adolescente, non sviluppa la capacità di chiedere aiuto chiaramente ma attraverso sintomi che spingono la famiglia a preoccuparsi per lui. Quello che accade però, almeno nella mia esperienza clinica con gli adolescenti, è che è improduttivo e poco efficace lavorare in psicoterapia solo con il singolo ragazzo, ma acquisisce valore indispensabile la partecipazione della famiglia ed in particolare della coppia genitoriale. Infatti alcune difficoltà come l’uso eccessivo dei sociale, di internet, dei videogiochi, l’uso e abuso di sostanze e il comportamento deviante mette a dura prova la coppia anche solamente nella gestione educativa del figlio, amplificando le difficoltà anche manifeste nella coppia e che possono risuonare nella vita familiare come incongruenze e ambivalenze che non aiutano l’adolescente ad orientarsi nella vita.
Inoltre si pensi a quelle situazioni di ritiro sociale, nelle quali la scuola viene messa a rischio dalla difficoltà del ragazzo/a ad uscire dalla propria stanza: in Italia tale fenomeno stà attualmente assumendo un importanza tale da non poter non considerare come prima modalità di accesso all’adolescente la coppia genitoriale, dal momento che sarà la sola a chiedere aiuto in tali situazioni. Ecco che la difficoltà di un solo membro della familiare porta con sé spesso una storia familiare e diventa occasione per l’intero nucleo familiare di migliorare, attraverso la psicoterapia familiare, in maniera efficace e breve.
In cosa consiste la terapia familiare?
Essa avviene tendenzialmente a cadenza mensile, con l’interno nucleo familiare o con alcuni sottogruppi e consente, attraverso specifiche tecniche di conduzione del colloquio e di gestione della terapia che andranno a sentire tutte le voci coinvolte nelle situazioni riportati, non giudicando ma facilitando la connessione e l’espressione dei diversi punti di vista: diciamo che la differenza genera informazione e spesso fornisce spunti di evoluzione importanti per il nucleo familiare. I sintomi diventano modalità di comunicazione in psicoterapia sistemica familiare ed essi vanno ascoltati.
Per quali problemi è indicata?
- Dipendenze da sostanze ( alcol e droghe);
- Dipendenze da internet, videogiochi, social;
- Disturbi alimentari;
- Ritiro sociale;
- Autolesionismo;
- Devianza e Aggressività;
- Ansia e fobie.
Dott.ssa Lisa Sartori_ Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Familiare.