La dipendenza affettiva: di relazioni ci si ammala ma di relazioni si guarisce.
“Vorrei poterti amare senza aggrapparmi, apprezzarti senza giudicarti, raggiungerti senza invaderti, invitarti senza insistere, criticarti senza biasimarti, aiutarti senza umiliarti. Se vuoi concedermi la stessa cosa, allora potremmo veramente incontrarci ed aiutarci reciprocamente a crescere“. (Virginia Satir)
La Dipendenza Affettiva (Love Addiction) viene considerata come facente parte delle Nuove Dipendenze (New Addiction), ossia le dipendenze comportamentali, dipendenze in cui, al posto di una sostanza, vi è dipendenza da un comportamento. È una situazione di sofferenza in cui possono trovarsi uomini e donne che non riescono a fare a meno del proprio partner delegando all’altro parti significative di Sè e della propria personalità in cambio di una garanzia di affetto e rassicurazione. E’ la relazione stessa che diventa oggetto di dipendenza, vista come unica risoluzione ai propri vuoti affettivi, dove il partner assume il ruolo di “salvatore” e la sua assenza, anche temporanea, da e mantiene una sensazione profonda di non esistere.
Colui che dipende dall’altro in maniera indissolubile spinge la persona ad investire totalmente nella coppia, escludendo altri e altre cose dalla propria vita, perdendo gli interessi e concentrando tutto sull’altra persona e sulla relazioni che li unisce. Il punto tuttavia è che spesso questi partner non sono affatto gratificanti ma, al contrario, si tratta di persone con le quali si instaura una relazione insoddisfacente, infelice e dolorosa. Il dipendente affettivo infatti prova un tale bisogno, assoluto e ossessivo, di rassicurazione e di certezze da indurre una sorta di “perdita dell’Io” ed una condizione in cui l’altro rappresenta il solo elemento di ebbrezza e di gratificazione possibile.
I sintomi della dipendenza affettiva sono:
- terrore dell’abbandono e della separazione
- evidente mancanza di interesse per sé e per la propria vita
- paura di perdere la persona amata
- devozione estrema
- gelosia morbosa
- isolamento
- incapacità di tollerare la solitudine
- stato di allarme e di panico davanti alla minima contrarietà
- assenza totale di confini con il partner: la relazione è simbiosi e fusione
- paura di essere se stessi
- senso di colpa e rabbia.
Quando si presentano tali sintomi è importante ricordare che essi sono indicatori che qualcosa nella relazione non funziona e dunque che è importante lavorare su tali aspetti. Chi soffre di Dipendenza Affettiva si sente inadeguato e non degno di amore e vive costantemente con il terrore di essere abbandonato dal partner. La paura dell’abbandono induce al tentativo di controllare l’altro con comportamenti compiacenti di estrema sacrificalità, disponibilità e accudimento, con la speranza di rendere la relazione stabile e duratura, alimentando di fatto il circolo vizioso.
La tendenza stessa a costruire una relazione di non mutualità, ma in cui l’altro e i suoi bisogni siano centrali, induce a lasciare spazio a personalità egocentriche e anaffettive, che finiscono per confermare in chi soffre di dipendenza affettiva la paura di non poter essere degni di amore. infatti la scarsa autostima spinge la persona che soffre di dipendenza affettiva a leggere la scarsa disponibilità dell’altro non come informazione sull’altro (“è un narciso egocentrico”), ma come informazione su di sé (“non mi ama perché io non vado bene”).
Quale le possibili terapie?
L’ottica sistemica relazionale aiuta nella comprensione di tale difficoltà in quanto è nelle relazioni spesso familiari e nella storia d’origine che si gettano le basi per tale sintomo dipendente. Spesso quando si ascoltano le storie di persone dipendenti affettive presentano storie di genitori in conflitto, esperienze di abbandono affettivo, dipendenza da sostanze e storie di abuso fisico e psicologico.
È importante aiutare colui o colei che sente tali difficoltà relazionali a dargli un significato e un senso, dal momento che essa non è frutto di una difficoltà interna alla persona ma frutto di esperienze relazionali vissute ed esperite. Grazie al lavoro di psicoterapia ciò che avviene è che tutto acquisisce un senso, attraverso connessioni e ricostruzioni. Ciò che è Importante quando si lavoro con la dipendenza affettiva è aiutare la persona a focalizzarsi su di sé, ricordarsi le proprie risorse e ciò che rende la persona tale, unica.
Il percorso di psicoterapia diventa uno strumento importante di miglioramento e di cura, sia nell’individuo che nella coppia o nella famiglia.
Ricordate che di relazioni ci si ammala ma di relazioni si guarisce.
Dott. ssa Lisa Sartori_Psicologa è Psicoterapeuta sistemica familiare.

Adolescenti e dipendenza da internet: come riconoscerla.
L’adolescenza è un momento della vita caratterizzato da molte sfide personali, relazionali e sociali che mette a dura prova l’intero sistema familiare, ma tali sfide sono necessarie al fine di consentire all’adolescente di scoprire la sua identità. Nell’era del digitale e del mondo connesso anche la modalità di utilizzare internet è cambiato e diventa spesso oggetto di discussione familiare.
Orari, regole, siti, giochi, chat diventano argomenti di discussione quotidiana laddove la dipendenza da internet prende forma. Ma perché essa sia considerata tale è importante ricordare che non basta “ passare del tempo al pc o connessi” ma ci sono dei criteri precisi.
La dipendenza da internet si riferisce all’uso eccessivo di internet associato a comportamento irritabile e umore negativo quando se ne è deprivati ed è caratterizzata da questi segnali:
• Preoccupazione e inquietudine per internet;
• Necessità di aumentare il tempo speso collegati ad internet per raggiungere lo stesso grado di soddisfazione precedente;
• Ripetuti sforzi di limitare l’uso di internet;
• Irritabilità, depressione o instabilità emotiva quando l’uso di internet viene limitato;
• Passare online più tempo di quanto precedentemente stabilito;
• Mettere a repentaglio lavoro o relazioni importanti per passare del tempo su internet;
• Mentire ad altre persone circa il tempo che si passa su internet;
• Utilizzare internet come strumento di regolazione delle emozioni negative quali il senso di solitudine e la tristezza.
Questi sono alcuni segnali che possono indicare che non si è di fronte ad un uso di internet sano ma disfunzionale e che ha ripercussioni nell’ambiente familiare, sociale e scolastico o lavorativo. Spesso quando la quotidianità sembra essere messa in discussione da tali comportamento è importante, come genitore, provare a dialogare su ciò che accade con il proprio figlio in quanto spesso, tali comportamenti, hanno un valore comunicativo ed esprimere la sua preoccupazione. Anche le regole sono importanti ma affinchè abbiano un senso è importante che mantengano un aspetto relazionale, ovvero che la regola non sia imposta ma discussa e spiegata, soprattutto che sia condivisa tra i genitori in modo da riuscire ad essere compatti e coerenti rispetto ad essa.
La cura della dipendenza da internet passa attraverso un mirato intervento psicoterapeutico: occorre intervenire con una riduzione graduale del comportamento di dipendenza da internet, ma al contempo lavorare sul significato che tale dipendenza ha nella vita della persona e nel sistema familiare di appartenenza.
Dott.ssa Lisa Sartori,
Psicologa e Psicoterapeuta Sistemica-Relazionale.
Contattatemi ricevo su appuntamento a Padova e Thiene.
EMDR: la tecnica in psicoterapia efficace nelle situazioni traumatiche.
L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, ovvero Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari) è un metodo psicoterapico che consente di alleviare lo stress e i disturbi causati da esperienze traumatiche. Gli eventi traumatici non sono solo quelli legati ad eventi catastrofici come terremoti o incidenti, ma sono anche tutte quelle situazioni che influenzano a lungo termine il benessere della persona e che a volte possono essere dovute anche a bullismo, fallimenti lavorativi e scolastici, attaccamenti insicuri.
Focalizzandosi sulla rievocazione di eventi o situazioni che hanno contribuito allo sviluppo di problemi emotivi o disturbi psicologici, l’EMDR consente di modificare la prospettiva con cui si vedono queste esperienze, attraverso un ridimensionamento che trasforma il trauma in un ricordo privo di condizionamenti sul presente; infatti quando si subisce un trauma il cervello riceve una informazioni (ovvero pensieri, emozioni e sensazioni corporee) che non riesce ad elaborare e immagazzinare secondo il consueto sistema di processamento. I traumi invece rimangono “congelati”, mantengono le stesse emozioni e sensazioni fisiche che si erano provate al momento dell’evento, e non consentono un’elaborazione razionale: non avendo compreso e interiorizzato adeguatamente l’informazione, la persona percepisce qualcosa di irrisolto, un disagio che può fare emergere sintomi fisici o psicologici.
Come funziona?
La tecnica prevede un protocollo standardizzato, con delle domande specifiche a proposito del trauma (il suo svolgersi, il contesto, le immagini più pesanti, i pensieri su di sé prodotti in quell’occasione, etc.), seguite da una “stimolazione bilaterale” che viene fatta o facendo seguire al paziente il movimento di due dita (del terapeuta) che passano di fronte al suo volto orizzontalmente, oppure attraverso un tamburellamento ritmico e alternato effettuato dal terapeuta sulle ginocchia o sulle mani del paziente. A differenza di altri trattamenti che mirano a modificare direttamente le emozioni, i pensieri e le risposte derivanti da esperienze traumatiche, la terapia EMDR si concentra direttamente sulla memoria e ha lo scopo di cambiare il modo in cui la memoria viene immagazzinata nel cervello, riducendo ed eliminando i sintomi problematici.
La terapia EMDR utilizza un approccio strutturato a otto fasi che include:
1° fase: acquisizione della storia;
2° fase: preparazione dell’utente;
3° fase: valutazione dei target mnestici;
dalla 4° alla 7° fase: elaborazione della memoria attraverso la risoluzione adattiva;
8° fase: valutazione dei risultati del trattamento.
Si torna poi a una parte verbale, chiedendo spiegazioni su come il paziente si senta (in modo molto aperto e libero), si torna a focalizzare sulle immagini relative al trauma e si procede a una stimolazione bilaterale, in una sequenza dalla durata variabile.
È un trattamento utile in moltissimi sintomi: ansia, attacchi di panico, lutto traumatico, disturbi di personalità, disturbi alimentari, disturbi del sonno e tutti i sintomi che portano la persona a rivolgersi ad uno psicoterapeuta.
Contattami per maggiori informazioni e per appuntamento.
Dott.ssa Lisa Sartori-Psicologa e Psicoterapeuta in formazione.
Dott.ssa Lisa Sartori