
“Mio figlio fa uso di sostanze”: cosa fare?
“Non esistono persone difficili, esistono storie difficili”
Nell’età della preadolescenza e dell’adolescenza è sempre più frequente trovare situazioni di giovani ragazzi che utilizzano sostanze ( cannabis, alcol, cocaina…) senza avere chiaro quali siano le situazioni a rischio che ne derivano. I dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza evidenziano che il 55% degli adolescenti beve alcolici, il 31% fuma le canne (hashish e marijuana), il 4% fa uso di cocaina, il 3% di pastiglie e droghe sintetiche.
Questi dati ci dimostrano come le sostanze siano presenti nel vita dell’individuo fin dalla giovane età con differenti scopi o valenze: a volte per appartenenza al gruppo, altre per sfuggire da situazioni di forte conflittualità familiare, altre per “autocurarsi” da traumi precoci e dolori emotivi. Non vi è dunque una sola causa, ma differenti storie portano alla costruzione del senso e del ruolo che la sostanza assume a livello individuale e relazionale. Nella mia pratica clinica mi sono imbattuta in storie di adolescenti e giovani adulti i quali abusavano di sostanze e tale abuso aveva delle grosse ripercussioni rispetto alle relazioni familiari. Tutta la famiglia si concentra sul giovane adolescente e tutte le energie sono spese al fine di limitarne l’abuso e di controllare il comportamento.
I genitori, spesso provati dal senso di impotenza, accusano il gruppo dei pari come fonte di malessere per il figlio dimenticando il ruolo fondamentale che esso assume nello sviluppo del giovane. .Il gruppo dei pari si costituisce come spazio di confronto e rispecchiamento, possiede regole specifiche spesso in opposizione a quelle del mondo degli adulti. I bisogni ai quali il gruppo risponde non consistono più solo nel desiderio di trovare condizioni favorevoli per i giochi ma comprendono desideri di esperienze nuove da compiere, di scoperta e verifica delle proprie abilità, di elaborazione in condizioni di parità delle nuove conoscenze ed emozioni.
Quindi il gruppo potrebbe diventare un luogo di sperimentazione ma ciò che sembra alla base della possibilità o meno di abusare di sostanze in maniera costante e duratura dipende non da esso ma dalle capacità di tutela, cura e di differenziazione con cui siamo usciti dalla famiglia d’origine. Spesso i ragazzi utilizzano la sostanza e scelgono di abusarne al fine, in maniera paradossale, di unire genitori che sono spesso distanti e in contrasto sia a livello educativo sia a livello emotivo.
Ad esempio Andrea (nome inventato) da anni viveva il conflitto dei genitori e viveva con la valigia in mano per andare a giorni alterni dai genitori. Avendo visto i genitori troppo assorti dai loro conflitti ha sviluppato un senso di solitudine e di non visto che lo ha spinto a ricercare protezione nel mondo delle sostanze, spingendo sempre più in là il limite e obbligando i genitori a lasciare la loro battaglia personale per prendersi cura di lui. Questa è solo una delle tante storie che ascolto durante la mia pratica clinica e ritengo che la modalità corretta per aiutare il figlio/a ad uscirne sia:
- reale interesse a comprendere il come mai si sia entrati a contatto con la sostanza/e;
- creare un fronte compatto con cui fare scudo alle richieste spesso contraddittorie e ambivalente che possono prendere vita da parte dell’adolescente ( ad es: se i genitori non sono sempre d’accordo non è un problema ciò che lo diventa è come lo manifestano se attraverso squalifiche e messaggi contraddittori al figlio che generano solo confusione);
- ascolto non giudicante;
- richiesta di consulenza psicologica, in particolare dal punto di vista familiare in quanto spesso il problema è maggiormente sentito dai genitori piuttosto che da coloro che abusano;
- psicoterapia individuale al fine di rafforzare le risorse positive (EMDR) dell’adolescente e ridurre la necessità di assumere la sostanza, capendone anche il significato;
- attivare una rete di protezione con i servizi del territorio ( serd, neuropsichiatria infantile ..) che consenta all’adolescente di essere monitorato nell’assunzione di sostanze;
Questi sono alcuni dei passi da poter intraprendere per aiutare l’adolescente a sviluppare una conoscenza consapevole degli effetti della sostanza e comprendere la scelta di farne uso anche alla luce della storia individuale e familiare raccontata. Ogni atteggiamento, comportamento ha significato se inserito in una trama narrativa, in primis familiare, e successivamente individuale. Uscirne si può basta riuscire a fare squadra e essere interessati all’ascolto attivo e alla comprensione anziché al giudizio, perché, se le sostanze potessero parlare, esprimerebbero una richiesta di aiuto.
Dott.ssa Lisa Sartori, Psicologa_ Psicoterapeuta sistemico – relazionale e Terapeuta EMDR.

EMDR: una terapia breve ed efficace per l’ansia.
“Le cose si scoprono attraverso i ricordi che se ne hanno ” (Cesare Pavese)
L’Emdr è una tecnica che nel percorso terapeutico viene utilizzata per il trattamento di situazioni traumatiche che riguardano, sia situazioni vissute o accadute come anche aspetti ed esperienze relazionali che hanno lasciato un segno nella memoria. Con tale tecnica di desensibilizzazione attraverso una stimolazione alternata dell’emisfero quello che accade è che si và a riattivare il normale processo di elaborazione che la nostra mente produce ma che, quando percepisce qualcosa di troppo doloroso, blocca e non porta a termine. Questo fa si però che resti impresso nelle memorie dell’individuo e che si possa riattivare in situazioni simili o ad esse collegate. In questo articolo parlerò della mia esperienza clinica come psicoterapeuta sistemica – relazionale che utilizza tale tecnica (emdr) al fine di superare l’ansia in maniera breve ed efficace.
Cosa intendiamo per ansia?
L’ansia è una normale risposta di attivazione dell’organismo ad eventi stressanti e non ha sempre aspetti negativi, in quanto essa è anche adattiva dal momento che ci prepara a un pericolo potenziale e ci dice che dobbiamo fare attenzione. Il panico è la maggiore espressione del panico. Non è quindi del tutto negativa e il come viene vissuta dipende dalla capacità di gestione. Inoltre essa assume anche un valore a livello della famiglia e il suo significato varia anche in base alla fase del ciclo di vita.
Come si può utilizzare per il trattamento dell’ansia?
L’emdr offre anche l’occasione di lavorare con la persona nel potenziare le capacità personali e le risorse individuali, per riuscire a superare ed affrontare le sfide della vita quotidiana con maggiore gestione e tranquillità, lasciando da parte l’ansia e non rendendola controllante.
Il lavoro psicoterapeutico prevede la rielaborazione di tutte quelle esperienze angoscianti legate alla storia della persona e che possono essere causa della sintomatologia ansiosa: si lavora dunque sugli eventi precedenti l’ansia e che in qualche modo ad essa sono collegati, ma senza agire direttamente su di essa perché la riduzione avverrà di conseguenza al superamento di difficoltà precedenti.
Si possono installare ( termine tecnico) risorse utili alla persona per superare un evento, situazione, fonte di stress lavorando anche sul futuro e su una situazione immaginaria.
Come avviene la psicoterapia?
Successivamente alla presa in carico individuale ci saranno circa 2/3 incontri dedicati alla costruzione delle basi del lavoro, attraverso la storia del problema e la storia familiare in quanto indispensabile per poter risultati duraturi ed efficaci. Inoltre si procederà con installazione di risorse e lavora con emdr su eventi/ situazioni ansiogeni o vissuti personali ad essi collegati. La cadenza degli incontri nella fase di lavoro intensiva sarà settimanale per poter lavorare in maniera efficace fin da subito.
Dott.ssa Lisa Sartori _ Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Relazionale e Terapeuta EMDR

Autolesionismo: “Il corpo diventa un foglio su cui disegnare la propria sofferenza”. Una proposta terapeutica.
“Nessuno può farti più male di quello che fai tu a te stesso.” (M.Gandi)
Nella mia pratica clinica ho ascoltato storie di adolescenti e giovani adulti per i quali il corpo diventa il luogo privilegiato nel quale esprimere il proprio malessere, attraverso disturbi alimentati, sostanze e “autolesionismo”. In questo articolo tratterrò quest’ultimo come pratica dalla quale si può sviluppare dipendenza e che necessita di uno specifico intervento di psicoterapia così da poterne guarire. Autolesionismo significa causare in modo intenzionale e ripetitivo un danno al proprio corpo, procurandosi ad esempio tagli (cutting), bruciature (burning), lividi, escoriazioni. L’obiettivo non è uccidersi, ma trovare sollievo da una sofferenza emotiva, come se il corpo fosse un foglio su cui disegnare la propria sofferenza.
Tra i gesti più comuni con cui gli autolesionisti si producono lesioni, rientrano:
- I tagli e le bruciature della pelle;
- Le perforazioni tramite punteruoli o strumenti appuntiti simili;
- Colpi alla testa o al resto del corpo;
- L’assunzione di prodotto chimici tossici o l’ingestione di grandi quantità (overdose) di farmaci ( alcol e sostanze).
L’autolesionismo è un sintomo che spinge l’individuo a procurarsi delle ferite, più o meno profonde, che assumono significato in base alla storia di vita e alla difficoltà a dare voce alle emozioni, come Andrea ( nome inventato ) il quale arriva in terapia a seguito di una forte dipendenza da alcol anche se sottovalutata inizialmente, sia da lui che dal nucleo familiare, in quanto sostanza legale, e che nel giro di qualche anno l’ha reso prigioniero e ha dovuto attivare tutta la famiglia nella cura verso di lui anche se ormai giovane adulto. Per Andrea il “tagliarsi” era “diventato una sorta di rito quotidiano, intimo e personale, momento tanto desiderato nell’arco della giornata da diventare paradossalmente una forma di sollievo, dalle fatiche e dalle delusione della vita”.
Ovviamente questo comportamento porta con sé non pochi effetti come ad esempio nelle relazioni familiari: ad esempio, nel caso di Andrea, i tagli erano visibili e dunque hanno attivato la famiglia, in particolare i genitori, nel ” prendersi cura di lui”, portandolo in terapia familiare dal momento che , per tali difficoltà, oltre alla terapia individuale è indicata una presa in carico familiare. Questo perché la famiglia diventa una risorsa importante per il cambiamento dell’adolescente e del giovane adulto. I tagli sono diventati il modo con cui Andrea evitava la separazione genitoriale e impediva ai genitori di pensare ad uno spazio di vita fuori dalla famiglia, in quanto la situazione era da diversi anni conflittuale e gli procurava molta rabbia, spesso agita verso cose e persone: ecco che con il taglio tutto si placa e tutto si riduce a se stesso.
Questa è solo una delle tante storie che si celano dietro all’autolesionismo, ma quali sono le possibili cause?
Dalla mia esperienza clinica posso riscontrare come aspetto decisamente dominante nelle storie ascoltate una situazione di stress emotiva e di forte rabbia, verso sé e verso anche gli altri, spesso legata ad una situazione familiare difficile da gestire e da verbalizzare la quale può sfociare in senso di colpa e sensazione di fallimento, così come la presenza di aspetti traumatici fisici ed emotivi ( scuola, bullismo…), abuso di alcol o sostanze psicotrope.
L’adolescente o il giovane adulto potrebbe cercare una forma di sollievo, gestione della rabbia e del dolore, effetto calmante e che attribuisce a se stesso, in maniera paradossale: il sollievo ovviamente è transitorio e spesso illusorio, così come per una persona che assume sostanze lo diventa la droga.
Le persone sofferenti di autolesionismo temono che le altre persone possono scoprire i loro problemi.
Questo è il motivo per cui tendono a isolarsi, ad assumere un atteggiamento particolarmente riservato, a coprire le ferite sul proprio corpo in maniera talvolta sospetta e a non chiedere aiuto a chi di dovere, faticando anche ad accedere ad una dimensione di psicoterapia se non spinti dai genitori. Ecco che la preoccupazione genitoriale e familiare diventa la spinta per la richiesta di aiuto.
Quale possibile intervento?
Essendomi formata come Psicoterapeuta sistemico – familiare sono spinta a considerare l’autolesionismo come un sintomo che comunica qualcosa in primis al sistema familiare di appartenenza e spesso l’intervento familiare consente di intervenire in maniera efficace e in poco tempo per ridurre e, potenzialmente eliminare, tale comportamento proprio perché in sede di psicoterapia ad esso viene attribuito un significato che non è di malattia ma di ” comunicazione”. Al taglio viene dato la voce, le parole e spesso queste sono anche quelle dei familiari. Al lavoro familiare è possibile ritagliare momenti di incontri individuale con l’adolescente o il giovane adulto al fine di accedere ad un mondo emozionale e intimo, mentre i colloqui genitoriale possono essere visti in ottica preventiva di ricadute, andando a lavorare sugli aspetti di protezione educativa ed affettiva genitoriale.
Quindi le aree di intervento sono:
“Familiare – Individuale – Coppia genitoriale”
Ovviamente tale modalità è quella maggiormente utilizzata ma poi si adatta alle singole esigenze e alle differenti storie. L’importante è che non si entri in una logica di colpa o di malattia che non è positiva per la persona affetta da tale comportamento ma neanche per chi lo circonda.
Dott.ssa Lisa Sartori_ Psicologa e Psicoterapeuta Sistemica- Familiare.
349.7867274_ psylisasartori@gmail.com

Come superare il conflitto di coppia.
In amore non esiste un vincitore o un perdente, ma o si vince entrambi o si perde entrambi (G.Nardone)
Il conflitto di coppia è inevitabile ed è presente nella vita di coppia soprattutto quando la relazione non è più alla fase iniziale di innamoramento ma quando si avvicina la fase della disillusione: ecco che la persona amata, desiderata e idealizzata viene vista con gli occhi ” reali” ed “obiettivi”, emergono aspetti che fino a quel momento non si erano percepiti.
Ecco che in questo articolo desidero affrontare tale tematica non solo da un punto di vista teorico, ma soprattutto pratico, cercando di sollecitare riflessioni e visioni differenti del conflitto, soffermandomi su alcuni aspetti che elencherò qui di seguito.
- Il conflitto di coppia è prima di tutto un problema di comunicazione;
- E’ IMPOSSIBILE NON CONFLIGGERE nella relazione di coppia. Il conflitto non è sempre negativo, a volte è evolutivo, produttivo e necessario al migliora e migliorarsi individualmente e nella coppia. Ecco però che capita di imbattersi in coppia che sono in una fase di stallo, ovvero in una sorta di blocco, quasi come se fossero paralizzati dal conflitto. Il partner è concentrato nel trovare la conferma alla sua visione, opinione ed emozioni, alimentando posizioni poco produttive nei confronti del conflitto;
- Il conflitto và letto all’interno della FASE DEL CICLO DI VITA della coppia e/o della famiglia. Ad esempio è molto frequente che una coppia che si è dedicata tutta la vita ad accudire i figli e a coltivare la genitorialità, al momento dello svincolo dei figli ormai giovani adulti, la coppia si trovi a rimettersi in discussione con molte emozioni anche contraddittorie;
- Il conflitto ci comunica molto rispetto ai singoli partner: bisogni, aspettative, paure, ferite antiche prendono vita all’interno della dinamica del conflitto e trovano la loro massima espressione.
Ciò che accade quando ciascuno dei due membri della coppia punta a difendere a spada tratta la propria posizione è un blocco, o impasse, che a volte può apparire senza soluzione. Tuttavia è possibile recuperare qualsiasi incomprensione ed andare avanti assieme nel progetto di coppia gestendo in modo diverso e più accurato la comunicazione tra le due parti in causa.
Come riuscire dunque a superare il conflitto di coppia?
- Ascoltate il conflitto e ciò che in esso si esprime: non è facile ma è un buon modo per valorizzare ciò che accade e per dare voce ad emozioni e sentimenti che solo con il conflitto possono emergere, anche se in modo sbagliato. Dunque questo vi aiuta ad accettare il conflitto e l’esistenza del problema;
- Interrompere il circolo vizioso e prendere tempo: per uscire dal circolo vizioso ciò che almeno uno dei due partner può fare è lasciare andare, mollare la lotta non lasciando il campo d’azione ma chiedendosi : “ cosa stiamo facendo?”, “Per cosa stiamo litigando in realtà?;
- Lasciate fuori i figli dalle vostre discussioni: capita che i figli siano il braccio armato dei conflitti e che, per la posizione difficile che si trovano a dover sostenere e per la paura di far soffrire entrambi i genitori, emergano dei sintomi come ansia, tristezza, iperattività che distrae i genitori dai conflitti;
- Prendetevi del tempo con il vostro partner per parlare e discutere di questioni che comunemente evitate;
- Dimenticatevi come eravate e pensate a come potreste essere in un futuro vicino: non si può tornare al passato perché le cose cambiano e le persone evolvono, ma si può costruire un presente più sereno e nuovo;
- Ultimo punto ma non per questo meno importante, la terapia di coppia è consigliata per migliorare la comunicazione e lavorare su aspetti familiari ed emotivi che possono interferire con l’armonia e il benessere della coppia. La terapia maggiormente indicata è la terapia sistemico – relazionale che consente di comprendere la coppia da maggiori punti di vista, osservando il ciclo di vita, le famiglie d’origine e le relazioni. Inoltre verranno forniti esercizi e compiti da svolgere a casa in modo che ognuno dei partner riesca a fare uscire il terapeuta che è in lui.
Nel conflitto ognuno porta la porta storia familiare e il come si è percepito nelle relazioni passate. Provare a trasformare il circolo vizioso in virtuoso è importante e possibile ma a volte può essere necessario rivolgersi ad uno psicoterapeuta.
Dott.ssa Lisa Sartori_ Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Relazionale.

Famiglie alle prese con le sfide dell’adolescenza.
Adolescenza: la più delicata delle transizioni.
(Victor Hugo)
La dipendenza sana è l’ingrediente necessario per poter sperimentare il senso di appartenenza, perché permette di sentirsi amato e compreso e permette all’adolescente di portare avanti con successo il proprio compito, complesso e importante: costruire la propria identità e separarsi in maniera sana dalla famiglia d’origine al fine di sperimentare la propria autonomia. Nel corso dello sviluppo fin da bambini si sperimentano alcune dipendenze sane, pensiamo ad esempio all’attaccamento alle gifure di riferimento, a forme di accudimento fino a giungere al confronto con il gruppo dei pari che è indispensabile come luogo di confronto e di crescita individuale e sociale per il giovane adolescente.
Spesso capita di trovare di fronte a se non più il figlio /a conosciuto ma alcuni genitori raccontano l’impressione di avere, di fronte a sè, una persona diversa anche solo rispetto ad alcuni mesi fà perchè nulla è più chiaro, semplice e scontato. Per addentrarci all’adolescenza, non dobbiamo tralasciare l’aspetto biologico e ormonale che in questi anni incide sia nel tono dell’umore, che nel modo di percepire se stessi e il proprio corpo.
Inoltre le sfide che l’adolescente deve portare avanti riguardano la costruzione di una sua identità e lo svincolo dalla famiglia d’origine.
- L’identità, intesa come l’insieme di caratteristiche uniche che rende l’individuo unico e inconfondibile, avviene per tentativi di errori da parte dell’adolescente e il gruppo dei pari è fondamentale per questa sfida. Esso consiste nel secondo ambiente sociale per eccellenza nel quale sperimentare ruoli, relazioni, risorse e perchè no anche conflitti;
- Lo svincolo è un processo che avviene lentamente e progressivamente e non è facile delinaere un momento ideale ma, rispetto al ciclo di vita, esso avviene con l’espolazione sempre maggiore del mondo esterno e delle esperienze che il giovane inconterà.
Ovviamente questo implica un profondo cambiamento a livello familiare, richiede una sorta di sana flessibilità che consente al sistema familiare di adattarsi ai cambiamenti necessari. Tale flessibilità sembra essere la chiave del successo nel raggiungimento degli obiettivi dell’adolescente in quanto, avere un sistema di affetti che accompagna a tali sfide, comprendendole e non giudicandole, accogliendole come parti necessarie del processo di autonomia consentirà all’adolescente di sentire il permesso di spingersi alla scoperta del mondo e di altro.
Quindi la coppia genitoriale si troverà in quella fase di ciclo di vita detta del “nido vuoto” ma che implica anche nella coppia una profonda sfida: quella di riscoprirsi non solo genitori ma anche coppia.
Genitori alle prese con figli adolescenti, quali sono le strade possibili?
Per prima cosa non dimenticate il vostro ruolo e ricordate a voi stessi che tipo di adolescenti siete stati e che esigenze prendevano vita nel vostro cuore e nei vostri pensieri. Inoltre non dimenticate che i vostri figli sono alle prese con capire chi sono e che posto occuperanno nella vita, quindi non presentategli un mondo troppo facile o senza fallimenti ma aiutateli a rendere il fallimento un’occasione per migliorare e migliorarsi.
Aspettate e siate un porto sicuro per i vostri figli, un porto nel quale poter tornare dopo la tempesta e trovare riparo, ma senza giudizio e con desiderio di conoscenza e di comunicazione. A volte è difficile perchè l’impressione è di sentirsi esclusi, di aver di fronte a sè un muro ma esso non è definitivo, anzi… Per ultimo ma non meno importante ricordate: “all’adolescente possiamo dare, inconsapevolmente, il permesso di essere più o meno felice“.
Infine la psicoterapia individuale e familiare è uno strumento efficace per sviluppare uno spazio di confronto e di crescita, che stimoli la comunicazione e consenta di dare significato a tutti i comportamenti spesso difficili da comprendere sia da parte dell’adolescente sia dalla famiglia.
Dott.ssa Lisa Sartori_psicologa e psicoterapeuta sistemico familiare.

Gruppo creativo sulle relazioni affettive

“Gruppo espressivo per adulti” per esprimere se stessi e ritrovare il benessere.
“Nel nostro inconscio niente è da rifiutare, ma semplicemente da risintonizzare e trasmutare” (C.Jung)
Nella vita di tutti i giorni siamo chiamati a svolgere ruoli ben definiti e a rispondere alle molteplici aspettative che provengono dall’ambito sociale, familiare e lavorativo. Anche quando siamo soddisfatti della nostra vita quotidiana, spesso, ci rendiamo conto di non riuscire a dedicare abbastanza tempo al nostro benessere personale e alle nostre fantasie, sogni ed emozioni. Uno spazio per sé è invece importante per sentirsi davvero in equilibrio, con se stessi e con gli altri, e per riuscire a dare il meglio di sé poiché, prima di tutto, si è dato spazio alle nostre esigenze.
Il Laboratorio condotto dalla Dott.ssa Lisa Sartori, Psicologa e Psicoterapeuta, vuole costituire un momento di pausa dove ri-trovare se stessi, attraverso l’uso libero e spontaneo della propria creatività, per creare un luogo privato e personale rigenerante. In esso avviene un processo creativo che esplora il nostro mondo interno alla ricerca di immagini inedite; è un linguaggio non verbale dunque, che ha la capacità di trasformare l’intensità emotiva che vive in noi, in immagini esterne che hanno corpo e vita propri. Nel laboratorio espressivo verranno analizzate, in ogni incontro, tematiche riguardante se stessi e la relazione con gli altri e con i diversi ruoli che si è chiamati a volgere nella quotidianità. Le immagini, i colori, la tranquillità aiuta la persona a connettersi con se stesso e a dare voce a ciò che spesso è innominabile o distante. La conduzione del gruppo avverrà attraverso la tecnica dell’arteterapia.
Obiettivo: consentire al singolo partecipante di ritrovare se stesso e di lavorare su di sé attraverso un linguaggio visivo e creativo, sviluppando riflessività e benessere.
A chi si rivolge? Adulti che hanno il desiderio di lavorare su di sé attraverso l’espressività e che necessitano di ritrovare un luogo di pace e tranquillità. Verrà dato spazio alle emozioni spesso nascoste, trattenute e controllate nella vita di tutti i giorni.
Dove e quando?
Inizio Aprile 2019, presso Psichè ( Poliambulatorio San Gaetano)
Modalità:
5 incontri di gruppo della durata di 1 ora e mezza;
1 colloquio individuale conoscitivo pre gruppo;
1 colloquio individuale di restituzione a conclusione del gruppo.
Costi ( totale 7 incontri).
210 euro ( materiale incluso)
Il Gruppo avverrà in orari serali dalle ore 20.30 alle ore 22.00 presso Pischè ( Poliambulatorio San Gaetano), le date verranno comunicate a breve a cadenza settimanale.
Per maggiori info:
3497867274 / psylisasartori@gmail.com
Dott.ssa Lisa Sartori

7 modi per costruire relazioni sane
“Mettere in discussione se stessi è il modo migliore per capire gli altri.”
(Michelangelo)
Le relazioni sono parte della nostra vita ed è molto probabile che esse siano alla base sia della felcità che della difficoltà che le persone vivono e che spesso arrivano nello studio di psicoterapia. In questo articolo tratterò le relazioni con la speranza di riuscire a fornire alcuni spunti di riflessione utili nel valutare e nel comprendere tale mondo relazionale. Vivere delle relazioni affettive sane e soddisfacenti, può essere considerato uno degli aspetti che incide maggiormente sulla qualità della vita, tanto che può condizionare il tono dell’umore e l’energia che riusciamo a mettere nei diversi contesti della vita, come la famiglia, il lavoro e le relazioni sociali.
Tutto ha inizio nelle famiglie d’origine essendo il primo luogo di sperimentazione, di crescita e di incontro tra persone: crescendo le modalità e l’intensità delle relazioni sociali e affettive cambia, così come cambia la persona grazie all’acquisizione della propria identità in costante formazione fino alla giovane età adulta. La capacità di comprendere che tipo di relazioni ogni individuo costruisce e valutarne la soddisfazione o meno, necessita di un livello di consapevolezza di sè e del mondo emotivo e affettivo che caratterizza l’individuo. Meno ci soffermeremo a riflettere su ciò che abbiamo e meno saremo in grado, se necessario, di migliorare o modificare qualcosa.
E’ inoltre fondamentale sapere cosa noi stessi mettiamo nella relazioni e qual’è il nostro contributo nel momento in cui entriamo in relazione con l’altro: sarà proprio in queste relazioni che alcuni pezzi di storia personale e familiare emergeranno, condizionando la costruzione della relazione. Quindi, nel momento in cui le relazioni non soddisfano bisogni e aspettative individuali, legate spesso anche ad aspetti ideali, possono dare origine a conflitti sia interiori che relazionali, di coppia o familiari.
Di seguito alcuni suggerimenti per costruire relazioni sane che possono, se eseguiti, migliorare le relazioni e la capacità di costruirne sane.
- Non far dipendere la tua autostima dalle tue relazioni: le relazioni più sane sono quelle tra individui in equilibrio. La maniera in cui ci comportiamo con gli altri, infatti, è direttamente legata al modo in cui ci relazioniamo con noi stessi;
- Lascia andare il giudizio: per creare relazioni sane e poter imparare dagli altri è importante lasciare andare il giudizio
- Pensa positivo: per la legge dell’attrazione, noi attiriamo sempre quello che pensiamo.
- Controllo qualità: fermati per un attimo a esaminare le relazioni che hai in questo momento
- Relazioni inter-dipendenti: sii tu il primo a dare e non aspettarti niente in cambio. Le aspettative sono la radice della delusione. Le relazioni sane sono quelle tra individui che stanno in piedi da soli.
- Sviluppa l’empatia: l’empatia è un ingrediente necessario nelle nostre relazioni;
- Avere idea di che tipi di relazioni abbiamo sperimentato nella nostra storia relazionale.
Come lavoro in psicoterapia per le difficoltà relazionali?
Per prima cosa si dedica del tempo per la comprensione delle difficoltà e per focalizzare quale sia il ruolo che la persona occupa nella relazione o nelle relazioni da essa riportate. Successivamente si procede cercando di connettere alcuni aspetti relazionali presenti nel qui e ora con la storia familiare e reazionale, costruendo un ipotesi alla base della difficoltà riportata, costruendo strumenti di cambiamento efficace per le relazioni future.
Cio che è importante sottolineare è che ogni percorso di psicoterapia è diverso in quanto diverse sono le persone e le loro storie, così come le loro esigenze e desideri.
Dott.ssa Lisa Sartori, Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico – familiare.

5 modi per iniziare a “volersi bene”
“Impara a piacere a te stesso. Quello che pensi tu di te stesso è molto più importante di quello che gli altri pensano di te”Seneca.
In questo articolo tratterò il tema del ” volersi bene” in quanto ritengo che esso sia la chiave per mettere in atto comportamenti, pensieri, azioni e relazioni in sintonia con noi stessi e che siano utili per il benessere.
Il volersi bene non è qualcosa che ci viene dato in natura o che siamo fortunati ad avere, ma è qualcosa che si costruisce nel tempo e che spesso dipende anche dalle relazioni familiari che abbiamo esperito e dal contesto nel quale siamo cresciuti. Si pensi a situazioni di derivazione affettiva o di contesti nei quali poco spazio viene dato alla realizzazione personale per incitare una realizzazione ideale di sé, legata a canoni e miti familiari.
Esso implica l’ascolto verso di sé, il sapere ciò che è più utile per noi o almeno ciò che pensiamo che sia utile per noi in quanto solo la vita, solo l’esperienza, ci aiutano a comprendere chi siamo. Quando desideriamo stare con una persona dobbiamo essere disposti ad ascoltare e a creare una determinata complicità e questo accade anche con noi stessi, ma spesso sento racconti di persone che scappano da se stessi, che cercano tutti i modi possibili per non incontrarsi.
Nell’articolo mi soffermerò su alcuni passi fondamentali per iniziare a prendersi cura di se stessi e per nutrire del bene verso se stessi, partendo anche con il piede giusto in questo nuovo anno che è iniziato.
- Inizia la giornata ricordando a te stesso le tue risorse, i tuoi punti di forza: questo ti aiuterà ad iniziare la giornata con il piede giusto, perché il come noi pensiamo determina anche come noi osserviamo e leggiamo gli eventi e le persone.
- Inizia a capirti e ad ascoltarti: spesso è più facile ascoltare gli altri, esserci per gli altri ma ci perdiamo una parte importante, ovvero noi stessi. Qual è la prima cosa che fai quando inizi a conoscere una persona? Fare domande e incuriosirti verso di essa. Ecco così dovrebbe essere anche per noi stessi.
- Dai il giusto valore al tuo tempo: nel mondo frenetico spesso ci dimentichiamo di noi stessi e quindi iniziare a non fare le cose solo perché si deve farle, ma anche perché si desidera farle cambia la percezione di noi stessi e delle nostre giornate.
- Approfitta dei momenti in cui ti senti solo o sei solo :questo ti consentirà di ascoltarti e poter capire cosa fa la differenza nella tua vita. E’ difficile trovare il tempo per sè in un mondo nel quale si è sempre connessi quindi prova a rilassarti e a fare una respirazione profonda, a fare una passeggiata o qualche cosa che hai tralasicato ìn questi anni e che ti piaceva fare.
- Cerca di vivere con serenità i tuoi errori: essi possono diventare uno spunto di crescita e di riflessioni, ovviamente per fare ciò è importante allenarsi a gestire il senso di colpa, che spesso arriva non solo da cose che potevi fare meglio e sopratutto pensavi di fare meglio, ma da messaggi arrivati in maniera implicita nelle relazioni che hai vissuto in passato e da come le hai vissuto.
Questi sono solo alcuni spunti dai quali puoi partire per migliorare ed iniziare ad imparare a volerti bene, infatti esso è una sorta di allenamento mentale e di pensiero. Il volersi bene passa per la consapevolezza di sè e di conseguenza è importante essere in grado di riconoscere quando poter chiedere aiuto per poter costruire un futuro migliore.
Dott.ssa Lisa Sartori _ Psicologa e Psicoterapeuta.

Il quid pro quo di coppia incontra la crisi di coppia: una lettura sistemica al conflitto.
“Non si può essere uguali a quando ci si è innamorati ma ci si può innamorare di ciò che si è diventati”.
Dott.ssa Lisa Sartori
“Il quid pro quo di coppia incontra la crisi di coppia” è stato il titolo della mia tesi di specializzazione come Psicoterapeuta sistemico – relazionale e si basa su una ricerca condotta su coppie in crisi e sul come mai alcune coppie riescono a lavorare sul conflitto e altre invece sembrano nutrirsi del conflitto e non riuscire a mediarlo, includendo l’importanza della famiglia d’origine.
In questo articolo non mi addenterò in tutti gli aspetti analizzati nel mio lavoro di ricerca ma solo sul quid pro quo di coppia inteso come un’ipotesi del conflitto di coppia e che si adatta alla lettura complessa della coppia dalla fase di scelta del partner, alla trasformazione della coppia in base alle tappe previste dal ciclo di vita.
Cosa si intende in particolare per Quid pro quo di coppia? Esso, così come descritto e teorizzato dal Dott. Mosconi, significa “ qualcosa per qualcosa altro” e si riferisce ad un accordo o contratto in cui ogni parte deve ricevere qualcosa per ciò che dà o crede di dare. Alla base di tale patto il paradosso di partenza sembra essere “ ci scegliamo un partner utile a definire i rapporti con la nostra famiglia d’origine” e quindi la scelta dell’altro non avviene solo per aspetti consapevoli ma include aspettative e bisogni che sembrano avere origine dall’idea con cui si esce dalla propria famiglia d’origine. In particolare per quid si intende “ ciò che penso di dare o di ricevere dall’altro” mentre il pro quo include tre aspetti:
- l’idea cosciente di ciò che mi aspetto di condividere con l’altro;
- L’aspettativa affettiva di cui investo l’altro;
- L’aspetto di definizione della relazione implicito a tale aspettativa affettiva.
Come possiamo quindi utilizzare il quid pro quo di coppia in terapia di coppia?
Esso è importante perché aiuta a creare un’ipotesi di origine del conflitto che spesso pone le basi su tali aspetti di unione, consapevoli e inconsapevoli e che spesso danno vita ad unioni che sfociano in aspetti paradossali: ad esempio un partner che vede nell’altro il bisogno di cure ma che poi nel corso della vita di coppia si aspetta che sia indipendente.
Questi aspetti non assumono valenza di giusto o sbagliato, ma diventano importanti fonte di costruzioni di significati possibili in sede di terapia in quanto consentono ai partners di comprendere che, ai tempi della scelta, entrambi avevano i propri buoni motivi per essersi reciprocamente scelti ma che è impossibile pensare che le cose non si cambiano nel tempo, relazioni incluse. “Non si può essere uguali a quando ci si è innamorati ma ci si può innamorare di ciò che si è diventati, insieme“, questo a mio avviso diventa la chiave di incontro per una coppia che è in fase di crisi di coppia.
Sorge dunque spontanea una domanda: come si può lavorare sulla coppia che attraversa un periodo di crisi?
Lo spazio di terapia diventa dunque uno spazio indispensabile al fine di poter rinegoziare gli aspetti di unione e di conflitto che necessariamente prendono vita, inserendoli in una chiave di lettura sistemica relazionale, che considera la famiglia d’origine come significativa nella vita di ogni singolo membro della coppia. Per questo si dice che la coppia quando si forma è composta da un incontro non solo di persone ma si di storie. Nella terapia verranno dunque considerati non solo aspetti comunicativi ma anche legati alle singole storie familiare e a come esse si siano poi intrecciate e abbiamo contribuito a formare la storia della coppia. A volte si percepisce il conflitto come qualcosa di sbagliato e di negativo ma è attraverso esso che spesso si giunge ad un cambiamento, tutto dipende da come si reagisce ad esso e a che significato viene attribuito.
Come mai scegliere una terapia di coppia sistemica relazione?
Perché l’ottica sistemica considera l’individuo come inserito all’interno di un sistema di relazioni e di significato con un’importanza data alla comunicazione e alla relazione come motore della coppia, non dimenticando che vi sono almeno due storie che prendo vita all’interno dello spazio di terapia.
Dott.ssa Lisa Sartori, Psicologa_Psicoterapeuta sistemica relazionale.