
Amori non corrisposti e solitudine natalizia
L’ansia da prestazione è caratterizzata dalla continua ricerca di approvazione o riconoscimento da parte degli altri e nasconde il timore di non essere all’altezza delle situazioni sociali, fino ad arrivare al timore di essere rifiutati. Tale paura può portare la persona a isolarsi dalle relazioni sociali, boicottare ed anticipare possibili problemi, soprattutto criticando se stesso, mettendosi in eccessiva discussione.

Dubbi affettivi: la paura di prendere una scelta sbagliata
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Il ciclo della dipendenza affettiva
La dipendenza affettiva è una forma di relazione patologica, detta anche tossica, che ti fa sentire imprigionata. Parlo al femminile perchè è una forma di dipendenza maggiormente presente nel mondo femminile, sicuramenti per aspetti di vissuti emotivi e familiari.
Come tutte le dipendenza per sconfiggerle è importante riconoscere il problema e conoscere il processo che si attiva.
Le 9 fasi emotive nella Dipendenza Affettiva:
- Fase dell’attrazione e della seduzione che tanto attrae il dipendente affettivo. Infatti il partner che esercita la seduzione fa sentire il Dipendente Affettivo forte e importante;
- Fase della fantasia del salvatore che fa vedere il partner come il salvatore, come se fosse idealizzato e spesso perfetto così come lo si ricercava;
- Fase del sollievo dal dolore che porta il Dipendente Affettivo a sentire che le dolorose sensazioni di vuoto, solitudine e assenza di valore ed importanza, cessano momentaneamente. Questa fase del ciclo viene chiamata «romance».
- Fase dell’incremento del bisogno e di negazione della realtà nella quale il Dipendente Affettivo inizia a percepire e manifestare un crescente bisogno di attenzioni, contatto e presenza e diventa maggiormente richiedente. Il partner evitante inizia a sfuggire diventando sempre meno presente nella relazione, ma il Dipendente Affettivo non vuole vedere questi segnali e ne nega l’evidenza giustificando il partner: «è molto impegnato a lavoro», «ha il diritto di stare un po’ con gli amici», ecc.
- Fase del crollo della negazione ovvero, gradualmente, il Dipendente Affettivo realizza i comportamenti di allontanamento e la distanza posta dal partner evitante. Inizia a guardare la realtà e la negazione cessa, si accorge di non essere centrale nella vita del partner. Iniziano litigi e conflitti così come scelta di chiusura del legame che viene subita dal Dipendente Affettivo.
E’ qui che iniziano i comportamenti ossessivi del controllo del partner, soprattuto perché il Dipendente Affettivo nega la realtà al fine di mantenere il legame. - La fase del ritiro: il Dipendente Affettivo finalmente comprende di essere stato lasciato per qualcuno o qualcosa più importante per il partner. Entra nella fase del ritiro in seguito alla rimozione della «droga» (partner).
Ma se nelle dipendenze da sostanza la cessazione dell’assunzione porta al recupero, nella Dipendenza Affettiva no: si riattivano le antiche emozioni di vuoto, abbandono, paura, gelosia, rabbia e insieme ad esse, quelle più concrete e relative al momento presente di perdita di una persona, della sicurezza economica, di una casa o altri beni materiali, di un ruolo sociale ecc.
E’ qui che si crea il SOVRACCARICO EMOTIVO che porta la persona a non vivere bene con pensieri depressivi. Ansia e panico, insonnia, ossessione… - La fase dell’ossessione dove il Dipendente Affettivo sposta il fuoco dell’ossessione dal partner idealizzato a come riportare indietro il partner o su come vendicarsi.
- La fase dell’acting-out compulsivo: il Dipendente Affettivo a questo punto agisce compulsivamente comportamenti atti a avere sollievo dal dolore come un Nuovo ciclo emotivo con un altro partner, Recupera la relazione con il partner evitante e ricomincia il ciclo precedente, Comportamenti provocatori per avere l’attenzione dell’ex, Tentativi di seduzione dell’ex, Minacce per ottenere attenzioni…
- La fase di Re-Innesco dove si riprende il ciclo con lo stesso partner iniziale o si attiva per ricercare altro partner.
Questo ciclo ti aiuta a capire come si arriva alla dipendenza affettiva e anche come i suoi sintomi si nutrono di alcune attivazioni emotive che risultano di difficile gestione per la persona. Ovviamente il tutto può presentarsi con diverse intensità. La capacità del terapeuta deve essere quella di accompagnare la persona a spezzare questo circolo vizioso attivando altre strategie di gestione emotiva.
Se senti di essere vittima della Dipendenza Affettiva, chiamami al 349.786.7274 o compila il modulo qui sotto per fissare una prima chiamata conoscitiva gratuita o compila il modulo qui sotto:

5 passi per accrescere l’autostima: ripartire da se stessi.

“L’ansia non ci sottrae il dolore di domani, ma ci priva della felicità di oggi” – Leo Buscaglia
Una scarsa autostima è spesso alla base di molte difficoltà della vita quotidiana e della modalità di vivere le relazioni e non è un concetto che viene descritto come “Insieme dei giudizi valutativi che l’individuo dà di se stesso (Battistelli, 1994)”. Aumentare l’autostima è una condizione necessaria per migliorare il nostro benessere: agisce sulla dimensione sociale, lavorativa, relazionale e non meno importante quella personale. In questi giorni in cui le nostre abitudini, la routine, i nostri posti sicuri possono subire delle variazioni, quello che accade è che restiamo soli con noi stessi e con tutto quello che ne deriva. In un mondo come il nostro nel quale ci “riempiamo” facilmente, vivere con meno e senza alcune scialuppe di salvataggio può mettere in seria difficoltà l’assetto emotivo delle persone. Ecco perché ho deciso di parlarvi di autostima in questo momento in cui forse siamo incentivati a riprendere il contatto con ni stessi.
Dico spesso che il peggiore nemico di noi stessi siamo proprio noi in prima persone, con i nostri giudizi, le nostre idee poco carine verso di noi. Ovviamente non ci svegliamo una mattina e decidiamo di “non volerci bene” ma tale sentimento è frutto di pensieri, storie di vita ed esperienze che rielaboriamo come distruttive anziché costruttive.
Ma cosa concorre a far sì che un individuo si valuti positivamente o negativamente? Ebbene ci si autovaluta in merito a tre processi fondamentali:
- Assegnazione di giudizi da parte altrui, sia direttamente che indirettamente. Si tratta del cosiddetto ‘specchio sociale‘: mediante le opinioni comunicate da altri significativi noi ci autodefiniamo.
- Confronto sociale: ovvero la persona si valuta confrontandosi con chi lo circonda e da questo confronto ne scaturisce una valutazione.
- Processo di auto-osservazione: la persona può valutarsi anche auto-osservandosi e riconoscendo le differenze tra se stesso e gli altri dando segni
- Relazioni e storia familiare: la modalità relazione che sperimentiamo nella nostra famiglia d’origini ci condiziona nel nostro futuro ed è importante comprenderla per cambiarla.
- Storia traumatica: spesso la storia traumatica, dunque esperienze soggettive negative e dolorose ripetute nel tempo, gettano le basi per una costruzione negativa di sé e sono collegate ad una scarsa autostima.
Come aumentare l’autostima?
Ecco alcune indicazioni per incrementare l’autostima e che partono da alcune piccole azioni quotidiane e che funzionano come delle sane abitudini:
- Scrivi ogni giornata almeno una cosa positiva di cui sei stato l’artefice e annotala;
- Impara a gestire i tuoi pensieri: spesso il pensiero negativo genera altra negatività e quindi è necessario. Quando senti che non ti stai prendendo cura di te, fermati e prova a vederla in termini positivi;
- Prenditi cura di te e del tuo aspetto fisico: non vuol dire apparire ma fare dei gesti quotidiani per te stesso ( attività sportiva, passeggiata, rilassamento…);
- Definisci i tuoi obiettivi e dai un senso alle tue giornate: si dice che per raggiungere gli obiettivi non c’è miglior modo che immaginarsi mentre li si raggiunge;
- Tieni un diario nel quale scrivi pensieri, sensazioni ed emozioni così da esprimere ciò che pensi e senti e laddove è negativo impegnati per cambiarli.
Inoltre, grazie alla psicoterapia, le persone riescono ad accettare alcune parti di sé vissute come poco belle o negative e a migliorarne altre aumentando l’autostima. Se senti di avere altre curiosità o di volere prenderti cura di te stesso contattami pure.
Dott.ssa Lisa Sartori _ Psicologa e Psicoterapeuta.
“La paura di star male” al tempo del coronavirus.

In questo momento storico ci scontriamo quotidianamente con situazione di “allarme”, “emergenza” e di “paura” per ciò che ci risulta incontrollabile. Si è parlato di come “informarsi” in maniera adeguata ma non si è parlato di come può essere vissuta la “paura” e il “panico” anche in coloro che hanno una pregressa paura di stare male e delle malattie.
La paura di ciò che non conosciamo e dell’imprevedibile è una paura frequente nell’esperienza di vita umana che spinge le persone a mettere in atto atteggiamenti di evitamento e di fuga che sono meccanismi legati all’istinto e alla sopravvivenza ma che non sono del tutto funzionali al benessere della persona e alla sua guarigione. Questo perché più noi evitiamo una situazione più noi rinforziamo quella situazione, e le diamo più potere ed aumentiamo la paura.
Coloro che hanno un brutto rapporto con le malattie, vivono particolarmente a disagio controlli, visite e temono il contagio, in questo periodo sono maggiormente a rischio rispetto alla paura di star male e rischiano di sviluppare sensazioni come “panico” e ” paura” incontrollate.
Come riuscire quindi a gestire questo momento di panico che dilaga?
La cosa più importante è “imparare a mantenere la calma” anche se a parole non sembra facile diventa la soluzione migliore, e come si può ottenere?
- la buona informazione ( evitate social e notizie poco documentate perché non aiutano in questa situazione di confusione collettiva).
- Andate nei siti del ministero della salute o degli ordini, come ad esempio il link che allego qui dell’ordine degli psicologi è utile per dare la giusta informazione. https://www.psy.it/lordine-degli-psicologi-sul-coronavirus-indicazioni-per-cittadini-e-psicologi-supporto-alle-autorita.html
- Essere prudenti e avere del buon senso seguendo le indicazioni date come prevenzione.
- ricordate che il panico aumenta il pericolo non lo previene perché nel panico non si prendono le giuste decisioni ma siamo governati dalla paura
- quando senti che la paura diventa incontrollabile e che è una difficoltà già presente puoi chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta che ti aiuti a sviluppare strategie migliori alla gestione;
- In questo caso, L’emdr è una tecnica che funziona come “prontosoccorso per la mente” ew che consente alle persone di sviluppare le risorse necessarie per arginare il panico.
Per maggiori informazioni e per fissare un ‘appuntamento contattami.
Lisa Sartori_ Psicologa e Psicoterapeuta sistemica relazionale_ terapeuta emdr

Superare gli attacchi di panico
Ciò che non mi distrugge mi rende più forte
F. Nietzsche
Nell’attacco di panico la persona può sperimentare pericolo, perdita controllo e sentirsi in balia di situazioni ed eventi , anche con la paura di non uscirne più. L’attacco di panico per essere gestito e superato per prima cosa necessita di essere compreso a livello di significato e di funzionamento. Esso non è altro che la maggiore espressione dell’ansia e come tale esso a volte può essere al pari di una vera e propria esperienza traumatica. Prima di addentrarci su come superalo è importante sapere che l’ansia è il frutto di alcune componenti:
- cognitiva: ovvero i pensieri che mettiamo quotidianamente in atto e che possono influenzare il nostro modo di percepire la vita;
- somatica: il corpo si attiva al fine di proteggerci da potenziali minacce e situazioni di pericolo reale o immaginario che spesso sono il campanello d’allarme che attiva l’ansia;
- emotiva: insieme al pensiero e alla reazione corporea e somatica accade che si attivano le emozioni, come ad esempio la paura.
Nell’ansia può accadere che si attivi un circolo vizioso che porterà la persona a vivere un generale o specifico senso di preoccupazione che vincola il benessere e la ricerca di autonomia. Essendo una sorta di attivazione fisiologica spontanea di fronte al pericolo è importante, per prima cosa, ricordarci che possiamo “psico-educarci” all’ansia e cercare di gestirla. E’ utile per prima cosa comprendere che essa è frutto di pensieri, sensazioni ed emozioni che prendono il sopravvento e che assume un senso a livello relazionale. Successivamente si procede nell’elaborare e cambiare la relazione con l’attacco di panico attraverso l’emdr, una tecnica specifica ed indicata per il trattamento dell’attacco di panico in quanto esso viene considerato come “traumatico”.
Ecco che la persona vivrà con tale attivo un’esperienza che lo porta a temere che si ripresenti ed eviterà tutte le situazioni che potranno attivarlo, almeno anche a livello potenziale. Ecco che grazie alla tecnica emdr quello che accade è che andiamo a “desensibilizzare” il ricordo traumatico collegato all’attacco di panico e alla sua insorgenza partendo dal lavoro sul primo, più intenso e ultimo attacco di panico e andando a collegare emozioni, pensieri e sensazioni e riattivando un normale processo di guarigione che è previsto dal nostro funzionamento psicologico.
Questo perché l’emdr funziona attraverso movimenti oculari che consentono alla persona di riattivare la “comunicazione” tra emisferi cerebrali che di solito comunicano al fine di elaborare i vissuti traumatici ma, in presenza di un’esperienza di panico vissuta come traumatica, si blocca e si cronicizza come esperienza nella vita della persona che ne soffre.
Attraverso la psicoterapia è possibile superare l’ansia e il panico imparando a riconoscerne i segnali, mettendo in atto strategie di gestione e nuovi significati emotivi e relazionali collegati a tale esperienza, attraverso l’utilizzo di tecniche specifiche come emdr, in maniera efficace e risolutiva.
Dott.ssa Lisa Sartori Psicologa _ Psicoterapeuta sistemico relazionale