
5 caratteristiche tipiche di un legame tossico
Come funziona una relazione tossica? Cosa deve accadere perché una relazione sia tossica? Che caratteristiche ha un legame tossico?
Vivere un legame tossico ti logora, ti imprigiona e spesso ti confonde. Ma come si finisce in tale situazione? Il senso comune spesso attribuisce una sorta di “colpa” a ci la vive, pensando che è proprio lui che ha scelto questa relazione. A livello psicologico non avviene una vera e propria scelta, perché il più delle volte le dinamiche tossiche non sono evidenti fin da subito. Ecco perché è molto importante per me spiegare, e per te comprendere, come si sviluppa una relazione tossica e a quali segnali è bene stare attenti.
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Dipendenza dalle relazioni online
La dipendenza cyber-relazionale, che cos’è e come possiamo uscirne, ecco i miei consigli per superare questa nuova forma di dipendenza

Come si sceglie il proprio partner
In questo articolo ti spiegherò come avviene una scelta affettiva di coppia e su che basi si sviluppa.
La relazione familiare e la sua storia sono di certo fondamentali per comprendere ciò che ci orienta alla scelta del partner.
La famiglia ha un ruolo decisivo nella ricerca dell’altro, infatti si dice che “cerchiamo qualcuno che sia utile a definire i nostri rapporti con la famiglia d’origine” e questo ci dice quanto sia importante la relazione familiare nella costruzione del nostro futuro.
Più essa è positiva, maggiormente facilitato/a sarai nelle relazioni. Più è complessa e non risolta più ti vincola. Oltre a questo aspetto la consapevolezza è ciò che fa sempre la differenza. Essere consapevoli della storia di vita può aiutare a cambiare, a migliorare e a decidere che tipo di relazioni vuoi costruire.
Cosa ci orienta nella scelta del partner?
Bisogni, desideri e idee che abbiamo su come dovrebbe essere la relazione di coppia: questi sono alcuni degli ingredienti che ci orientano nella scelta di una persona. Ciò che unisce due persone a livello psicologico e relazionale viene detto “patto di coppia” e si forma sulla base di desideri, bisogni o paure che rimandano alle esperienze affettive passate e spesso non risolte.
Ti aspetti di trovare conforto fuori dalla relazione quando il conforto è dentro di te e spesso nella comprensione della tua storia. In particolare, si dice che puoi scegliere qualcuno al fine di rivendicare una tua storia familiare.
Premessa questa spiegazione, credo sia ora più intuitivo il ruolo della storia familiare e la sua importanza: soprattutto diventa utile comprenderla, narrarla e superarla per aiutarti ad essere libero di ricercare ciò che vuoi nelle relazioni.
Tutte le coppie sottoscrivono un contratto la cui caratteristica principale è quella di assomigliare ad un iceberg: la parte emersa è costituita da regole esplicite e accordi consapevoli, mentre la parte sommersa è costituita dai vincoli non consapevoli di natura affettivo–emotiva, relativa all’attesa di ognuno dei partner nell’altro, andando a determinare l’illusione.
La scelta del partner
Quello che le persone non sanno è che le modalità che spingono le persone a intraprendere una relazione sono di due tipi e partono dalla famiglia d’origine che, in questo processo relazionale, funge da faro:
• Uguaglianza: ovvero replicando un modello famigliare che è stato vissuto come positivo e da ricercare;
• Compensazione/Rivendicazione: cercando di superare le ferite e le difficoltà avute nella mia famiglia d’origine attraverso la persona che mi sceglierò.
È visibile nell’immediato cosa accade nei diversi casi e come la famiglia sia una bussola per orientarci nelle nostre relazioni affettive. Non ne siamo però consapevoli se non si fa un lavoro specifico e di presa di consapevolezza.
È proprio alla luce di quello che non sappiamo che l’altro si aspetta e di cui spesso neanche lui ha consapevolezza, che arrivano conflitti e litigi o delusione. Tuttavia, se da una parte le coppie sperimentano nuovi contratti relazionali come ai giorni d’oggi, le idee delle famiglie d’origine e della società in generale intorno ai ruoli, ai diritti e responsabilità della moglie e del marito, del padre e della madre, esercitano una influenza molto potente sui contratti e sui modelli interattivi che evolvono nel corso del ciclo vitale della coppia.
Quando la scelta del partner risulta sbagliata?
Ovviamente la scelta può risultare anche non quella giusta, magari non nell’immediato. Questo non vuol dire che ci sia qualcosa di sbagliato nel rapporto ma che i bisogni che hanno orientato la scelta possono essere cambiati, superati e arrivati di nuovi.
Ecco perchè è importante essere flessibili, comunicare e ascoltare nella relazione affettiva dal momento che questi sono gli ingredienti per relazioni sane.
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Amicizia e dipendenza affettiva
L’amicizia è un rapporto affettivo e come tale si basa su credenze, scale di valori e bisogni affettivi che spesso riguardano il mondo affettivo individuale e familiare. L’amicizia non richiede costanza e continuità: si può non vedere un amico per mesi o per anni e ritrovarlo, da un giorno all’altro, senza che nulla sia cambiato. Le emozioni e la complicità restano infatti intatte. E’ un rapporto importante e, soprattutto nell’età adolescenziale, diventa una vera e propria esperienza relazionale sostitutiva alla famiglia.
L’amicizia risponde a bisogni complementari a quelli di un rapporto d’amore: con l’amico si può parlare di cose che il partner non capirebbe (i pettegolezzi e le confidenze femminili, la goliardia e il parlare di sport tra uomini). L’amicizia vive libera da obblighi e richieste, prescinde dal progetto, non ha futuro ma solo passato e presente.
Il dipendente affettivo nell’amicizia
Il dipendente affettivo ha bisogno costante di conferme e come tale nelle relazioni tende ad essere molto attento a compiacere l’altro. In particolare la dipendenza affettiva ha alla base una forte insicurezza legata alle figure infantili di attaccamento. Nel legame di amicizia il dipendente affettivo ricerca una costante conferma di sè e basa la propria autostima sulla conferma dell’altro. Come l’amore, anche l’amicizia per essere “vera” e fonte di benessere deve essere fondata sulla cooperazione e la reciprocità tra due persone in grado di mantenere la loro autonomia, nonostante un certo grado di reciproco bisogno. Ma il dipendente non riesce a vivere senza l’altro soprattutto al fine di confermare di “essere voluto” e “accettato”. Al fine di essere amato il Dipendente Affettivo si dimentica di sè stesso, mette l’amico o l’amica nel piedistallo e fa di tutto pur di conquistare la loro attenzione, li colma di attenzioni, acconsente a quasi tutte le loro richieste.
Alcuni aspetti che caratterizzano il dipendente affettivo nella relazione amicale sono:
- Gelosia
- Ossessione
- Esclusività
Quindi il dipendente affettivo è l’amico che non ha orari, è iper presente e senza confini per sè.
Anche nell’amicizia, vive relazioni asimmetriche, in cui relega sé stesso in secondo piano e impiega tutte le energie per compiacere gli amici, provvedere ai loro bisogni e guadagnarsi la loro fedeltà. Accoglie quasi tutte le loro richieste, uscendo anche quando non ne ha voglia e mettendo l’altro di fronte a sè.
Come una relazione di dipendenza differisce da un sana amicizia?
Un rapporto sano di amicizia è spontaneo e generoso. Entrambi gli amici sono desiderosi di comprendere l’altro e di riconoscerne la piena indipendenza ed autonomia. Si ha il desiderio di vedere il nostro amico raggiungere il suo pieno potenziale, lo sviluppo di nuovi interessi e competenze. Un rapporto di dipendenza è invece bloccato e possessivo, creando stagnazione reciproca e limitando la crescita personale dell’altro.
Il fattore che contraddistingue un rapporto sano è la “reciprocità” in qualsiasi tipo di legame. Ciò che purtroppo accade nella dipendenza affettiva è che tale aspetto non c’è. Il dipendente sarebbe capace di fare di tutto pur di non perdere il legame, anche venendo meno a se stesso.
Come uscire dalla dipendenza affettiva nell’amicizia?
Il dipendente affettivo non è felice nelle relazioni affettive e spesso crede di non meritare la felicità, motivo per cui si accontenta. Come puoi intuire da queste parole per uscire dalla dipendenza affettiva è importante partire da sé e da migliorare aspetti che riguardano la propria autostima e la propria storia di vita, soprattutto relazionale.
Se senti di vivere in una relazione che non ti soddisfa, chiamami al 349.7867274 o inviami un messaggio qui sotto:

Dipendenza sana e patologica: come distinguerle nella relazione
Dottoressa ma quella che sto vivendo nella mia relazione è una dipendenza sana o una dipendenza sbagliata?
Questa è la domanda che più spesso mi viene fatta in terapia e che mi ha spinto oggi a scegliere di parlare di questo argomento. La dipendenza patologica, ahimè, può nuocere alla persona: ecco perché è importante distinguere la dipendenza sana dalla dipendenza affettiva così come imparare ad accettare anche un certo livello di dipendenza “sana” in un rapporto affettivo.
La dipendenza nelle relazioni
A “dipendere” lo impariamo a fare fin da piccolissimi. Siamo dipendenti, ad esempio, dalla la figura primaria genitoriale perché da bambini necessitiamo di cura e di nutrizione. Questa fase di “dipendenza” è indispensabile per lo sviluppo della nostra “base sicura” ed è proprio questa dipendenza che ci consentirà gradualmente di sviluppare una sana e futura indipendenza. Ecco perché le relazioni primarie sono importanti: condizionano infatti il nostro futuro.
Cosa succede se non siamo in grado di sviluppare l’indipendenza?
In questo caso, sicuramente, la persona svilupperà sintomi quali ansia, paura dell’abbandono, instabilità emotiva nel momento in cui il processo di separazione non è accompagnato da una base sicura… come se da un momento all’altro si potesse essere soli, abbandonati o fare qualcosa di sbagliato. Nella vita ovviamente questo può alimentare relazioni instabili con la ricerca di una dipendenza compensatoria.
Quali differenze tra una dipendenza sana e una patologica?
- La dipendenza sana è il naturale desiderio di poter contare sull’altro, è consapevole, basata sulla fiducia e sul desiderio di condividere e costruire con l’altro. Il rapporto con il partner accresce le proprie potenzialità e lo sviluppo della persona. L’eventuale rottura di una relazione è tollerata e non da vita a reazioni patologiche (depressione, ansia, angoscia, altri comportamenti di dipendenza).
- La dipendenza patologica è una dipendenza assoluta basata sulla sfiducia, sul controllo e sul costante bisogno dell’altro per “sentire di esistere”. Il rapporto con il partner non permette la crescita limitando le potenzialità. La rottura non è tollerata poiché l’assenza dell’altro riconduce al vuoto interiore, dando vita a reazioni patologiche.
Il concetto di dipendenza si colloca su un continuum che partendo dalla dipendenza sana, capace di favorire la crescita, può culminare nella dipendenza patologica che impedisce lo sviluppo della persona.
Esiste una dipendenza sana nelle relazioni?
Certo che si. Una relazione affettiva ma soprattutto amorosa necessita di un certo quantitativo di dipendenza che si caratterizza da sentimenti corrisposti ed equilibrati. Questa dipendenza è del tutto naturale e non viene spesso sentita o vissuta proprio per la sua naturalezza. Si sente di essere reciprocamente attenti alla relazione, di costruire un noi di coppia e di desiderare di condividere con l’altro. A differenza dalla “dipendenza patologica”, in questo caso la dipendenza è naturale e nasce nella relazione senza pensarci. Per coloro che dipendono in maniera totalitaria e malsana sarà impossibile pensare di non dipendere dall’altro e saranno quotidiani i tentativi di dipendere sempre di più a tal punto da rinunciare a se stessi per avere l’altro con sé e questo spesso non sarà corrisposto.
Ricordati che la dipendenza affettiva è una forma patologica di relazione e che dipendenti affettivi non si nasce, ma si diventa. Come? Attraverso la ricerca costante e assidua di un posto sicuro che “ripari” le proprie esperienze relazionali con i nostri genitori.
Se senti di voler migliorare la tua relazione o vuoi liberarti dalla dipendenza affettiva, compila il form qui sotto e contattami!

Dipendenza o amore? Scopri i tipi di dipendenza affettiva
La dipendenza affettiva è una forma di dipendenza che ha come oggetto la relazione affettiva che assume il ruolo della più classica “sostanza”. Spesso si fa uso delle sostanze stupefacenti fine di “sentirsi in un certo modo” o per “automedicarsi”. La stessa cosa vale per la Dipendenza Affettiva, per il bisogno di avere l’altro non tanto per l’amore quanto per il bisogno di avere con sé un altra persona. Il Dipendente Affettivo non si riesce a vedere da solo e indipendente dall’altro e ovviamente questa idea si è costruita nel corso del tempo.
Dipendenza o amore?
C’è un limite sottile tra amare una persona ed avere una dipendenza affettiva. Se si ama è naturale, soprattutto durante la prima fase, vivere in simbiosi e condizionarsi reciprocamente.
I rapporti di intimità sono molto influenzati dagli schemi di attaccamento dell’infanzia, in un certo modo riusciamo ad amare ed a farci amare come siamo stati amati dai nostri genitori.
In una relazione sana quindi i due partner riusciranno ad amarsi reciprocamente, a prendersi cura l’uno dell’altro.
Durante una relazione, una coppia passa attraverso diverse fasi:
- luna di miele,
- innamoramento,
- disillusione e passaggio verso una dimensione più matura
Se i partner sono flessibili saranno in grado di attraversare tutti questi momenti insieme, di crescere, rafforzarsi e superare le varie difficoltà.
Il dipendente affettivo si blocca in un’idealizzazione dell’altro che porterà molta sofferenza in lui e nella coppia, vivendo l’angoscia che qualcosa possa cambiare da un momento all’altro e quindi di venire abbandonato.
Ecco perchè conoscere la dipendenza affettiva è fondamentale per sapere come superarla.
Quali sono i vari tipi di dipendenza affettiva?
In America esiste l’associazione dei dipendenti affettivi detta “Love Addicted Anonymous” che ha delineato alcuni profili tipici dei dipendenti affettivi:
Dipendente affettivo ossessivo
Non riesce a distaccarsi dalla propria relazione, anche se il partner non è emotivamente o sessualmente disponibile o se ha delle caratteristiche che non portano la persona a sentirsi apprezzato. Questa tipologia di dipendente ha come modalità di dipendenza il pensiero ossessivo; ovvero si dedica molto tempo alla persona dalla quale si dipende anche se la relazione è esclusivamente “ mentale” o “ipotetica”.
Dipendente dalla relazione
Al contrario delle altre tipologie, non è più innamorato del partner, ma non riesce comunque a lasciarlo. Di solito, sono persone estremamente infelici e spaventati dal cambiamento e dalla possibilità di rimanere da soli. Ecco che l’idea di avere una relazione seppur “insoddisfacente” è per queste persone di gran lunga meglio della solitudine.
Dipendente affettivo codipendente
Nella maggior parte dei casi, soffre di mancanza di autostima e cerca, con ogni mezzo, di trattenere con sé la persona da cui dipende, ad esempio prendendosene cura, controllandola con strategie passivo – aggressive, o accettandone gli abusi. In genere, il dipendente affettivo codipendente farebbe qualsiasi cosa per “prendersi cura” del proprio partner, nella speranza che, un giorno, venga ricambiato. In linea generale il co-dipendente ha un bisogno estremo di cura e accudimento ma è come se avesse imparato a darlo senza alcune reciprocità.
Dipendente affettivo narcisista
Questa tipologia di dipendente usa la seduzione e la dominazione per controllare il proprio partner. Al contrario del codipendente, che accetta la sofferenza, il narcisista non lascia che qualcosa interferisca col proprio benessere e non appare in alcun modo preoccupato della relazione. Quando, però, si trova di fronte alla minaccia di un abbandono, cerca con ogni mezzo di mantenere la relazione, fino ad arrivare alla violenza. Qui spesso quando ci si trova nella relazione a codipendere da un narcisita è frequente il senso di “essere sbagliati” e non all’altezza dell’atro. Il narcisita cercherà con tutte le sue forze di mirare l’autostima dell’altro/a al fine di renderlo/a succube.
Dipendente affettivo ambivalente
Questa categoria, generalmente, soffre di un disturbo di personalità evitante, che causa una ricerca estenuante dell’amore, ma allo stesso tempo il terrore dell’intimità. Questa combinazione può portare, in alcuni casi, a ricercare l’amore di persone non disponibili mentre, in altri, a interrompere le relazioni non appena queste iniziano a diventare più intime e serie.
Seduttore rifiutante
Questo dipendente affettivo ricerca un partner per ottenere affetto, compagnia o sesso per poi, quando si sente insicuro, rifiutarlo, in un ciclo continuo di disponibilità e indisponibilità. Questo ciclo continuo indispone l’altro facendolo oscillare tra il senso di “essere importante” e la sensazione di “non valere nulla”.
Dipendente romantico
La dipendenza, in questo caso, riguarda partner multipli. Al contrario, però, dei dipendenti sessuali, che cercano di evitare i legami, i dipendenti romantici instaurano legami con tutti i loro partner, in gradi diversi, anche se le relazioni sono di breve durata o si sviluppano contemporaneamente.
Come puoi vedere le modalità di dipendenza sono molteplici e spesso anche con differenze molto sottili. Per ciò che compete la mia modalità di lavoro clinico, non è importante la categoria quanto l’essere dipendenti. Ecco che queste sono linee guida anche per chi, alle prime armi, cerca di farsi un’idea dei diversi tipi di legami dipendenti. Ovviamente anche le diverse modalità hanno a che vedere con la storia d’origine e familiare.
Nella maggior parte dei casi c’è uno squilibrio relazionale, dove il dipendente è completamente dedito all’altro, si aggrappa all’altro perché pensa che solo in questa maniera riuscirà a riempire un vuoto profondo.
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Il ciclo della dipendenza affettiva
La dipendenza affettiva è una forma di relazione patologica, detta anche tossica, che ti fa sentire imprigionata. Parlo al femminile perchè è una forma di dipendenza maggiormente presente nel mondo femminile, sicuramenti per aspetti di vissuti emotivi e familiari.
Come tutte le dipendenza per sconfiggerle è importante riconoscere il problema e conoscere il processo che si attiva.
Le 9 fasi emotive nella Dipendenza Affettiva:
- Fase dell’attrazione e della seduzione che tanto attrae il dipendente affettivo. Infatti il partner che esercita la seduzione fa sentire il Dipendente Affettivo forte e importante;
- Fase della fantasia del salvatore che fa vedere il partner come il salvatore, come se fosse idealizzato e spesso perfetto così come lo si ricercava;
- Fase del sollievo dal dolore che porta il Dipendente Affettivo a sentire che le dolorose sensazioni di vuoto, solitudine e assenza di valore ed importanza, cessano momentaneamente. Questa fase del ciclo viene chiamata «romance».
- Fase dell’incremento del bisogno e di negazione della realtà nella quale il Dipendente Affettivo inizia a percepire e manifestare un crescente bisogno di attenzioni, contatto e presenza e diventa maggiormente richiedente. Il partner evitante inizia a sfuggire diventando sempre meno presente nella relazione, ma il Dipendente Affettivo non vuole vedere questi segnali e ne nega l’evidenza giustificando il partner: «è molto impegnato a lavoro», «ha il diritto di stare un po’ con gli amici», ecc.
- Fase del crollo della negazione ovvero, gradualmente, il Dipendente Affettivo realizza i comportamenti di allontanamento e la distanza posta dal partner evitante. Inizia a guardare la realtà e la negazione cessa, si accorge di non essere centrale nella vita del partner. Iniziano litigi e conflitti così come scelta di chiusura del legame che viene subita dal Dipendente Affettivo.
E’ qui che iniziano i comportamenti ossessivi del controllo del partner, soprattuto perché il Dipendente Affettivo nega la realtà al fine di mantenere il legame. - La fase del ritiro: il Dipendente Affettivo finalmente comprende di essere stato lasciato per qualcuno o qualcosa più importante per il partner. Entra nella fase del ritiro in seguito alla rimozione della «droga» (partner).
Ma se nelle dipendenze da sostanza la cessazione dell’assunzione porta al recupero, nella Dipendenza Affettiva no: si riattivano le antiche emozioni di vuoto, abbandono, paura, gelosia, rabbia e insieme ad esse, quelle più concrete e relative al momento presente di perdita di una persona, della sicurezza economica, di una casa o altri beni materiali, di un ruolo sociale ecc.
E’ qui che si crea il SOVRACCARICO EMOTIVO che porta la persona a non vivere bene con pensieri depressivi. Ansia e panico, insonnia, ossessione… - La fase dell’ossessione dove il Dipendente Affettivo sposta il fuoco dell’ossessione dal partner idealizzato a come riportare indietro il partner o su come vendicarsi.
- La fase dell’acting-out compulsivo: il Dipendente Affettivo a questo punto agisce compulsivamente comportamenti atti a avere sollievo dal dolore come un Nuovo ciclo emotivo con un altro partner, Recupera la relazione con il partner evitante e ricomincia il ciclo precedente, Comportamenti provocatori per avere l’attenzione dell’ex, Tentativi di seduzione dell’ex, Minacce per ottenere attenzioni…
- La fase di Re-Innesco dove si riprende il ciclo con lo stesso partner iniziale o si attiva per ricercare altro partner.
Questo ciclo ti aiuta a capire come si arriva alla dipendenza affettiva e anche come i suoi sintomi si nutrono di alcune attivazioni emotive che risultano di difficile gestione per la persona. Ovviamente il tutto può presentarsi con diverse intensità. La capacità del terapeuta deve essere quella di accompagnare la persona a spezzare questo circolo vizioso attivando altre strategie di gestione emotiva.
Se senti di essere vittima della Dipendenza Affettiva, chiamami al 349.786.7274 o compila il modulo qui sotto per fissare una prima chiamata conoscitiva gratuita o compila il modulo qui sotto:

Il quid pro quo di coppia incontra la crisi di coppia: una lettura sistemica al conflitto.
“Non si può essere uguali a quando ci si è innamorati ma ci si può innamorare di ciò che si è diventati”.
Dott.ssa Lisa Sartori
“Il quid pro quo di coppia incontra la crisi di coppia” è stato il titolo della mia tesi di specializzazione come Psicoterapeuta sistemico – relazionale e si basa su una ricerca condotta su coppie in crisi e sul come mai alcune coppie riescono a lavorare sul conflitto e altre invece sembrano nutrirsi del conflitto e non riuscire a mediarlo, includendo l’importanza della famiglia d’origine.
In questo articolo non mi addenterò in tutti gli aspetti analizzati nel mio lavoro di ricerca ma solo sul quid pro quo di coppia inteso come un’ipotesi del conflitto di coppia e che si adatta alla lettura complessa della coppia dalla fase di scelta del partner, alla trasformazione della coppia in base alle tappe previste dal ciclo di vita.
Cosa si intende in particolare per Quid pro quo di coppia? Esso, così come descritto e teorizzato dal Dott. Mosconi, significa “ qualcosa per qualcosa altro” e si riferisce ad un accordo o contratto in cui ogni parte deve ricevere qualcosa per ciò che dà o crede di dare. Alla base di tale patto il paradosso di partenza sembra essere “ ci scegliamo un partner utile a definire i rapporti con la nostra famiglia d’origine” e quindi la scelta dell’altro non avviene solo per aspetti consapevoli ma include aspettative e bisogni che sembrano avere origine dall’idea con cui si esce dalla propria famiglia d’origine. In particolare per quid si intende “ ciò che penso di dare o di ricevere dall’altro” mentre il pro quo include tre aspetti:
- l’idea cosciente di ciò che mi aspetto di condividere con l’altro;
- L’aspettativa affettiva di cui investo l’altro;
- L’aspetto di definizione della relazione implicito a tale aspettativa affettiva.
Come possiamo quindi utilizzare il quid pro quo di coppia in terapia di coppia?
Esso è importante perché aiuta a creare un’ipotesi di origine del conflitto che spesso pone le basi su tali aspetti di unione, consapevoli e inconsapevoli e che spesso danno vita ad unioni che sfociano in aspetti paradossali: ad esempio un partner che vede nell’altro il bisogno di cure ma che poi nel corso della vita di coppia si aspetta che sia indipendente.
Questi aspetti non assumono valenza di giusto o sbagliato, ma diventano importanti fonte di costruzioni di significati possibili in sede di terapia in quanto consentono ai partners di comprendere che, ai tempi della scelta, entrambi avevano i propri buoni motivi per essersi reciprocamente scelti ma che è impossibile pensare che le cose non si cambiano nel tempo, relazioni incluse. “Non si può essere uguali a quando ci si è innamorati ma ci si può innamorare di ciò che si è diventati, insieme“, questo a mio avviso diventa la chiave di incontro per una coppia che è in fase di crisi di coppia.
Sorge dunque spontanea una domanda: come si può lavorare sulla coppia che attraversa un periodo di crisi?
Lo spazio di terapia diventa dunque uno spazio indispensabile al fine di poter rinegoziare gli aspetti di unione e di conflitto che necessariamente prendono vita, inserendoli in una chiave di lettura sistemica relazionale, che considera la famiglia d’origine come significativa nella vita di ogni singolo membro della coppia. Per questo si dice che la coppia quando si forma è composta da un incontro non solo di persone ma si di storie. Nella terapia verranno dunque considerati non solo aspetti comunicativi ma anche legati alle singole storie familiare e a come esse si siano poi intrecciate e abbiamo contribuito a formare la storia della coppia. A volte si percepisce il conflitto come qualcosa di sbagliato e di negativo ma è attraverso esso che spesso si giunge ad un cambiamento, tutto dipende da come si reagisce ad esso e a che significato viene attribuito.
Come mai scegliere una terapia di coppia sistemica relazione?
Perché l’ottica sistemica considera l’individuo come inserito all’interno di un sistema di relazioni e di significato con un’importanza data alla comunicazione e alla relazione come motore della coppia, non dimenticando che vi sono almeno due storie che prendo vita all’interno dello spazio di terapia.
Dott.ssa Lisa Sartori, Psicologa_Psicoterapeuta sistemica relazionale.