
Come riconoscere la manipolazione affettiva
Perché a volte il nostro partner, amico, genitore ci fanno “sentire sbagliati”? Potrebbe essere il caso di una manipolazione affettiva, scopriamo insieme come riconoscerla

5 passi per accrescere l’autostima: ripartire da se stessi.

“L’ansia non ci sottrae il dolore di domani, ma ci priva della felicità di oggi” – Leo Buscaglia
Una scarsa autostima è spesso alla base di molte difficoltà della vita quotidiana e della modalità di vivere le relazioni e non è un concetto che viene descritto come “Insieme dei giudizi valutativi che l’individuo dà di se stesso (Battistelli, 1994)”. Aumentare l’autostima è una condizione necessaria per migliorare il nostro benessere: agisce sulla dimensione sociale, lavorativa, relazionale e non meno importante quella personale. In questi giorni in cui le nostre abitudini, la routine, i nostri posti sicuri possono subire delle variazioni, quello che accade è che restiamo soli con noi stessi e con tutto quello che ne deriva. In un mondo come il nostro nel quale ci “riempiamo” facilmente, vivere con meno e senza alcune scialuppe di salvataggio può mettere in seria difficoltà l’assetto emotivo delle persone. Ecco perché ho deciso di parlarvi di autostima in questo momento in cui forse siamo incentivati a riprendere il contatto con ni stessi.
Dico spesso che il peggiore nemico di noi stessi siamo proprio noi in prima persone, con i nostri giudizi, le nostre idee poco carine verso di noi. Ovviamente non ci svegliamo una mattina e decidiamo di “non volerci bene” ma tale sentimento è frutto di pensieri, storie di vita ed esperienze che rielaboriamo come distruttive anziché costruttive.
Ma cosa concorre a far sì che un individuo si valuti positivamente o negativamente? Ebbene ci si autovaluta in merito a tre processi fondamentali:
- Assegnazione di giudizi da parte altrui, sia direttamente che indirettamente. Si tratta del cosiddetto ‘specchio sociale‘: mediante le opinioni comunicate da altri significativi noi ci autodefiniamo.
- Confronto sociale: ovvero la persona si valuta confrontandosi con chi lo circonda e da questo confronto ne scaturisce una valutazione.
- Processo di auto-osservazione: la persona può valutarsi anche auto-osservandosi e riconoscendo le differenze tra se stesso e gli altri dando segni
- Relazioni e storia familiare: la modalità relazione che sperimentiamo nella nostra famiglia d’origini ci condiziona nel nostro futuro ed è importante comprenderla per cambiarla.
- Storia traumatica: spesso la storia traumatica, dunque esperienze soggettive negative e dolorose ripetute nel tempo, gettano le basi per una costruzione negativa di sé e sono collegate ad una scarsa autostima.
Come aumentare l’autostima?
Ecco alcune indicazioni per incrementare l’autostima e che partono da alcune piccole azioni quotidiane e che funzionano come delle sane abitudini:
- Scrivi ogni giornata almeno una cosa positiva di cui sei stato l’artefice e annotala;
- Impara a gestire i tuoi pensieri: spesso il pensiero negativo genera altra negatività e quindi è necessario. Quando senti che non ti stai prendendo cura di te, fermati e prova a vederla in termini positivi;
- Prenditi cura di te e del tuo aspetto fisico: non vuol dire apparire ma fare dei gesti quotidiani per te stesso ( attività sportiva, passeggiata, rilassamento…);
- Definisci i tuoi obiettivi e dai un senso alle tue giornate: si dice che per raggiungere gli obiettivi non c’è miglior modo che immaginarsi mentre li si raggiunge;
- Tieni un diario nel quale scrivi pensieri, sensazioni ed emozioni così da esprimere ciò che pensi e senti e laddove è negativo impegnati per cambiarli.
Inoltre, grazie alla psicoterapia, le persone riescono ad accettare alcune parti di sé vissute come poco belle o negative e a migliorarne altre aumentando l’autostima. Se senti di avere altre curiosità o di volere prenderti cura di te stesso contattami pure.
Dott.ssa Lisa Sartori _ Psicologa e Psicoterapeuta.
“La paura di star male” al tempo del coronavirus.

In questo momento storico ci scontriamo quotidianamente con situazione di “allarme”, “emergenza” e di “paura” per ciò che ci risulta incontrollabile. Si è parlato di come “informarsi” in maniera adeguata ma non si è parlato di come può essere vissuta la “paura” e il “panico” anche in coloro che hanno una pregressa paura di stare male e delle malattie.
La paura di ciò che non conosciamo e dell’imprevedibile è una paura frequente nell’esperienza di vita umana che spinge le persone a mettere in atto atteggiamenti di evitamento e di fuga che sono meccanismi legati all’istinto e alla sopravvivenza ma che non sono del tutto funzionali al benessere della persona e alla sua guarigione. Questo perché più noi evitiamo una situazione più noi rinforziamo quella situazione, e le diamo più potere ed aumentiamo la paura.
Coloro che hanno un brutto rapporto con le malattie, vivono particolarmente a disagio controlli, visite e temono il contagio, in questo periodo sono maggiormente a rischio rispetto alla paura di star male e rischiano di sviluppare sensazioni come “panico” e ” paura” incontrollate.
Come riuscire quindi a gestire questo momento di panico che dilaga?
La cosa più importante è “imparare a mantenere la calma” anche se a parole non sembra facile diventa la soluzione migliore, e come si può ottenere?
- la buona informazione ( evitate social e notizie poco documentate perché non aiutano in questa situazione di confusione collettiva).
- Andate nei siti del ministero della salute o degli ordini, come ad esempio il link che allego qui dell’ordine degli psicologi è utile per dare la giusta informazione. https://www.psy.it/lordine-degli-psicologi-sul-coronavirus-indicazioni-per-cittadini-e-psicologi-supporto-alle-autorita.html
- Essere prudenti e avere del buon senso seguendo le indicazioni date come prevenzione.
- ricordate che il panico aumenta il pericolo non lo previene perché nel panico non si prendono le giuste decisioni ma siamo governati dalla paura
- quando senti che la paura diventa incontrollabile e che è una difficoltà già presente puoi chiedere aiuto ad uno psicoterapeuta che ti aiuti a sviluppare strategie migliori alla gestione;
- In questo caso, L’emdr è una tecnica che funziona come “prontosoccorso per la mente” ew che consente alle persone di sviluppare le risorse necessarie per arginare il panico.
Per maggiori informazioni e per fissare un ‘appuntamento contattami.
Lisa Sartori_ Psicologa e Psicoterapeuta sistemica relazionale_ terapeuta emdr

Guarire il trauma con Emdr
“Non essere completamente vivi nel presente mantiene saldamente imprigionati nel passato”
(Bessel Van Der Kolk)
Per trauma si intende, dal punto di vista psicologico una frattura causata da un evento talmente stressante da sovrastare le capacità della persona di gestire le situazioni e difendersi dal loro impatto negativo. I traumi possono essere molteplici e non solo fisici ma anche psicologici: trascuratezza, lutti, perdite, trasferimenti, abbandoni ecco alcuni degli eventi che possono condizionare il presente e futuro della persona.
Attraverso le esperienze negative la persone svilupperà anche un’idea di sé che sarà, nella maggior parte delle situazioni, coerente con l’immagine negativa di sé che l’evento richiama: non essere all’altezza, essere sbagliati, non valere ecc… Ecco che, con tali premesse, la vita presente e futura appare difficile e poco gratificante per la persona.
Cosa succede al corpo successivamente al trauma?
Quello che accade al corpo esposto ad una situazione reale o percepita di pericolo è quella di attivare le difese, di difendersi e di prepararsi alla prossima minaccia: è in tale situazione di allarme che la persona vive.
Cosa accade alla psiche?
Tendenzialmente quello che accade è che la mente aiuta la persona a difendersi da ricorsi troppo dolori e dunque avviene una sorta di “dissociazione” con se stessi e le proprie emozioni. I segnali sono:
- mancanza di ricordi e difficoltà ad accedervi;
- difficoltà nel vivere e riconoscere le emozioni pressoché assenti ma perché percepite come perciolose dalla persona;
- costante stato di allarme;
- idea negativa di sé;
- scarsa autostima;
- difficoltà relazionali.
Inoltre, essendo sempre in attesa, accade inoltre che qualsiasi situazioni possa riattivare esperienze passate traumatiche: lo stress, infatti, tende a disattivare le strutture del sistema nervoso centrale deputate alla memoria autobiografica (ippocampo), mentre quelle legate alla memoria emotiva (amigdala, talamo, corteccia sensoriale) trattengono i ricordi nelle primitive forme sensoriali ed iconiche.
Come superarlo?
La difficoltà maggiore per le persone che presentano esperienze traumatiche è “esserci nel presente” proprio perché imprigionati nel passato. E’ importante aiutare la persona non solo nel sentirsi libera di riprendere vissuti dolorosi ma di aiutarla a trasformarli in vissuti meno dolorosi e vincolanti. Ecco che al percorso terapeutico si aggiunge una tecnica decisiva e di impatto per il benessere della persona.
Grazie alla tecnica EMDR avviene un’adeguata elaborazione che consenta alla persona di “collegare” mente, corpo ed emozioni per elaborare e poter modificare il ricordo memorizzato trasformandolo da negativo a positivo. Oltre a questo si accompagnerà la persona nello sviluppo di risorse e scenari ipotetici futuri che possono bloccare al fine di sbloccare l’esperienza negativa e l’idea di sé negativa.
Per maggiori informazioni o per fissare appuntamento, contattami compilando il link contatti.
Lisa Sartori Psicologa e Psicoterapeuta Sistemica- Relazionale_ Terapeuta EMDR

Il disagio adolescenziale e come superarlo.
“Amo gli adolescenti perché tutto quello che fanno lo fanno per la prima volta”
Jim Morrison
L’adolescenza è per eccellenza la fase del ciclo di vita nella quale i cambiamenti fisici, psichici e sociali sono eclatanti, presenti e risuonano in tutto il sistema di appartenenza dell’adolescente, dalla scuola alla famiglia per non tralasciare i tanto importanti amici. Il vissuto dei genitori spesso è di impotenza e smarrimento nonostante ogni genitore sia stato a sua volta un adolescente, ma questo non basta per aiutare il proprio figlio a riconoscere un disagio, comunicarlo e superarlo.
Le espressioni del disagio adolescenziale possono essere differenti, in relazione alle caratteristiche di personalità ed ai diversi contesti sociali, scolastici e familiari. Il disagio si può esprimere attraverso sintomi e reazioni come:
- depressione;
- disturbi d’ansia;
- anoressia nervosa e bulimia;
- ritiro sociale;
- dipendenze da internet;
- autolesionismo;
- comportamenti aggressivi nei contesti familiari, scolastici e sociali;
- problemi o abbandono scolastico;
- reati;
- disturbi della condotta;
- abuso di alcol o di droga;
- sensation seeking (ovvero attività estreme e pericolose).
Questi sintomi non sono così sporadici nell’adolescente, anzi, in questo particolare periodo storico anche la soglia del disagio adolescenziale sembra iniziare ancora prima, ovvero nel periodo preadolescenziale. Gli eventi stressanti in questo periodo della vita possono essere svariati, e ciò che protegge l’adolescente è la capacità di fronteggiare tale stress in maniera funzionale.
Tale capacità si acquisisce nel contesto familiare in primis, partendo da come i propri genitori affrontano lo stress e insegnano a riconoscere limiti e risorse nel proprio figlio. L’adolescenza però non è solo disagio e difficoltà ma anche un momento di estrema curiosità, leggerezza e ricerca di identità che consente ai giovani di sviluppare i loro interessi, coltivare le relazioni e ricercare se stessi attraverso l’aiuto anche del gruppo dei pari. Per ritornare però alle fonti di stress esse possono essere ( citandone alcuni e i più frequenti):
- difficoltà scolastiche;
- pensieri e sentimenti negativi su se stessi;
- solitudine e bullismo e cyberbullismo;
- isolamento sociale;
- cambiamenti nel proprio corpo;
- Difficoltà relazionali intra ed extra familiari;
- separazione dei genitori;
- lutto e malattie;
- eccessive aspettative familiari;
- cambiamento di contesto, trasloco.
Cosa fare se un adolescente soffre di disagio?
I disagi dell’adolescente suggeriscono una presa in carico familiare: la storia di vita della famiglia intera, la fase di vita della famiglia, la comunicazione e la qualità delle relazioni presenti al suo interno sono elementi importantissimi dai quali non si può prescindere per una valutazione corretta del disagio che l’adolescente presenta.
Il contributo dei genitori è dunque determinante nell’accompagnare l’adolescente a superare le proprie difficoltà: dunque essi sono risorsa per il cambiamento dei propri figli e per il superamento di difficoltà specifiche anche fuori dal nucleo familiare.
Per questi motivi è dunque opportuno rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta famigliare per una valutazione attenta della problematica in atto e un eventuale trattamento terapeutico. Di elezione in questi casi è infatti la psicoterapia familiare ad orientamento sistemico-relazionale in quanto terapia breve e pragmatica con l’obiettivo di aiutare tutto il sistema familiare e riscoprire nuovi equilibri.
Alla psicoterapia familiare può essere utili affiancare un lavoro individuale con il figlio e di coppia per i genitori, al fine di trattare specifiche tematiche in quanto spesso necessitano di un loro spazio che poi può trovare un senso anche all’interno di una terapia familiare.
Dott.ssa Lisa Sartori Psicologa e Psicoterapeutica Sistemica _ Relazionale

Come riconoscere ed uscire dalla dipendenza affettiva.
“Io ho bisogno di qualcuno che abbia bisogno di me… Ecco cosa!”
“Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca. Come una medicina, che può farti bene e male al tempo stesso.” (C.Palahniuk)
Questo scrittore a mio avviso descrive in maniera semplice e coinvolgente il pensiero su cui si aggrappa la dipendenza affettiva. Concetto recente di dipendenza si intende come tale un legame nel quale l’altro diventa il fulcro della vita, con tutte le fasi legate al concetto più arcaico di dipendenza: la persona dipendente arriva a negare i propri bisogni ed a rinunciare al proprio spazio vitale pur di non perdere il partner, considerandolo unica e sola fonte di gratificazione nonché fondamentale fonte di “amore” e cura. La Dipendenza Affettiva (Love Addiction) viene considerata come facente parte delle Nuove Dipendenze (New Addiction), ossia le dipendenze comportamentali, dipendenze in cui, al posto di una sostanza, vi è dipendenza da un comportamento.
Anthony Giddens distingue tre principali caratteristiche della “love addiction” che la connotano esattamente come una vera e propria forma di dipendenza:
1. IL PIACERE CONNESSO ALL’AMORE: definito anche ebbrezza, ovvero la sensazione di euforia sperimentata in funzione delle reazioni manifestate dal partner rispetto ai propri comportamenti.
2. LA TOLLERANZA: anche definita in questo contesto come “dose“, che consiste nel bisogno di aumentare la quantità di tempo da trascorrere in compagnia del partner, riducendo sempre di più il tempo autonomo proprio e dell’altro e i contatti con l’esterno della coppia;
3. L’INCAPACITÀ DI CONTROLLARE IL PROPRIO COMPORTAMENTO: connessa alla perdita della capacità critica relativa a sé, alla situazione e all’altro. Una riduzione critica e di guida razionale che, nel lungo termine, crea vergogna e rimorso.
Ma come si arriva a sviluppare dipendenza affettiva?
Indubbiamente la storia relazionale e familiare incide in maniera importante in quanto ad essa sono ricollegabili bisogni, aspettative e soprattutto modalità di definirsi nelle relazioni. La dipendenza affettiva porta anche alla difficoltà di solitudine e dunque alla possibilità di scegliere relazioni non sane e poco utili.
La storia di Anna (nome inventato)
Anna arriva in studio dopo avermi chiamato successivamente al rapporto con il compagno che era agli sgoccioli e per lei era impensabile. Sentiva di non poter stare senza di lui perché per lui ha rinunciato al lavoro, alle amiche e anche in parte alla famiglia, ma non solo perché lui le avesse chiesto ciò ma perché un po’ lei da lui si aspettava di essere per lui l’unica ragione di vita. Anna arriva da una famiglia nella quale il suo ruolo era quello di fare stare tutti tranquilli, ha imparato che viene vista solo per la sua disponibilità e non per la sua capacità di scegliere per sé cosa sia importante e necessario, dipendendo dal riconoscimento degli altri piuttosto che dal proprio, anche perché con scarsa autostima. La vita l’ha portato ad incontrare D il quale per lei rappresentava l’uomo con la “U maiuscola” ( come lo descrive lei) , che aveva bisogno di una sorta di donna che lo mettesse al primo posto e lo facesse sentire importante. Quello che all’inizio viene vissuto come Amore e dedizione per D, a poco a poco diventa una trappola amorosa per entrambi in particolare aumenta la dipendenza nel momento in cui D necessita di maggior spazio e di maggiore indipendenza.
Anna è riuscita, grazie al suo impegno e alla psicoterapia, a capire meglio se stessa non cambiando il suo passato ma integrandolo con il presente per scegliere un futuro diverso. Ecco che a poco a poco ha ripreso i contatti con ciò che prima era sempre meno importante rispetto all’amore, e in qualche modo ha iniziato ad innamorarsi di se stessa.
Questa è una storia al femminile ma vi sono anche molto uomini che vivono questa sorta di ossessione per la persona e che sentono di dipendere da lei per amore, benessere, gioia e senso della vita. La dipendenza affettiva dunque, diventa una modalità relazionale sulla quale dover lavorare per comprenderne il significato alla luce degli effetti che essa crea sia attorno alla persona che emotivamente. Rispetto alle donne esse sono:
• bisognose di conferme
• con una scarsa autostima
• terrorizzate dal fantasma dell’abbandono
• tendenti alla iperresponsabilizzazione
• provenienti senza eccezione da famiglie problematiche
Come uscire dalla dipendenza affettiva?
- riconoscere di avere bisogno di aiuto è il primo passo per uscirne, come tutte le dipendenze;
- “scalare” gradualmente dall’oggetto della dipendenza ( in questo caso il soggetto);
- riprendere le proprie attività in maniera graduale o lavorare al fine di allargare la rete di conoscenza e sociale;
- lavorare su di sé dal punto di vista psicoterapeutico ricostruendo la storia familiare e relazionale e avere delle strategie di gestione della dipendenza;
- Imparare ad amarsi ( per ultima ma non meno importante, anzi, ma essendo un processo di apprendimento ha bisogno di tempo e cambiamento).
Ricordate, che dalla dipendenza affettiva si può uscirne basta volerlo e rivolgersi ad uno psicoterapeuta.
Dott.ssa Lisa Sartori_ Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Relazionale.

5 modi per costruire relazioni efficaci
La tendenza a giudicare gli altri è la più grande barriera alla comunicazione e alla comprensione.
(Carl Rogers)
Le relazioni mettono a dura prova le persone in quanto richiedono cura, impegno e attenzione. Il come una persona vive le relazioni e le percepisce è frutto anche dei modelli relazionali che ha avuto modo di vivere e sperimentare nella vita quotidiana ed affettiva: ecco perché le relazionali non sono così automatiche e banali e possono diventare occasione di confronto e scoperta rispetto ad alcune difficoltà o peculiarità individuali.
Per relazioni efficaci si intende la capacità di costruire relazioni importanti e la capacità anche di interrompere quelle disfunzionali. Come essere efficace nella costruzione delle relazioni?
Il primo passaggio d’obbligo ed inevitabile è la “consapevolezza” rispetto alla propria storia relazionale e allo stile utilizzato. Per storia relazionale si intende la storia familiare e le relazioni che hanno caratterizzato la vita dell’individuo, mentre per stile relazione si intende:
- aggressivo: queste persone tendono ad agire in maniera competitiva e spesso sono incapaci nel gestire le proprie emozioni, cercano di umiliare gli altri e faticano ad esserne interessati;
- passivo: sono persone che tendono a “subire” e non riescono a mettere dei confini rispetto agli altri, sia in abito familiare, sociale e lavorativo. Tendono ad accumulare rabbia e frustrazione derivante dalla difficoltà di gestione delle emozioni e di ciò che è trattenuto;
- assertivo: è la persona capace di sostenere le proprie idee senza prevaricare, comunicando in maniera efficace e tutelando se stesso ma non a discapito degli altri. Riesce a gestire le emozioni e costruire relazioni funzionali.
Ovviamente coloro che presentano stili assertivi/passivi tendono ad essere maggiormente in difficoltà nelle relazioni interpersonali in quanto, anche se in maniera differente, manca la capacità di connettersi agli altri in funzione di se stessi. L’assertività si costruisce nel tempo, essendo consapevoli rispetto a ciò che mettiamo in atto nelle relazioni e lavorando, con specifici esercizi, per costruire uno stile assertivo.
Oltre a tale aspetto e alla storia di vita familiare e relazionale che, se trattata in sede di psicoterapia, consente alla persona di comprendere a 360 gradi il suo mondo relazionale, ridefinirlo e rinarrarlo attraverso nuove prospettive e nuove storie, è mia intenzione fornirvi alcuni punto di riflessione per iniziare a lavorare sulle relazioni efficaci:
- Costruisci relazioni ” fisiche e personalmente” e non affidandoti a social o a relazioni virtuali: la relazione indubbiamente passa attraverso anche tali canali ma è preferibile se iniziata di persona;
- Sii curioso rispetto al mondo e agli altri: prova ad uscire dalla tua confort zone ed entrare in nuove realtà ( sociali, sportive, intrattenimento) che ti consentano di sperimentare nuove parti di te;
- Sii consapevole rispetto a dove arrivi tu e dove invece iniziano gli altri, così da riuscire a tutelarti e ad essere empatico;
- Accetta le persone per ciò che sono e ricorda che puoi lavorare solo su di te per migliorare, non abbiamo il potere di controllare o cambiare gli altri;
- Allenati ad ascoltare e ascoltarti in maniera attiva e senza giudizio, ricorda che non esiste una realtà univa e giusta ma diverse storie e diversi significati.
Ultima ma non meno importante, le relazioni contribuiscono a costruire il benessere e la soddisfazione della vita passa anche per esse: se così non fosse e se ritieni di poter migliorare e desideri farlo, la psicoterapia è la strada giusta che, in maniera efficace di aiuterà a gestire emozioni, rabbia e sviluppare una nuova modalità di relazione a a partire anche dal ruolo occupato nella propria famiglia.
Dott.ssa Lisa Sartori, Psicologa_ Psicoterapeuta

EMDR: una terapia breve ed efficace per l’ansia.
“Le cose si scoprono attraverso i ricordi che se ne hanno ” (Cesare Pavese)
L’Emdr è una tecnica che nel percorso terapeutico viene utilizzata per il trattamento di situazioni traumatiche che riguardano, sia situazioni vissute o accadute come anche aspetti ed esperienze relazionali che hanno lasciato un segno nella memoria. Con tale tecnica di desensibilizzazione attraverso una stimolazione alternata dell’emisfero quello che accade è che si và a riattivare il normale processo di elaborazione che la nostra mente produce ma che, quando percepisce qualcosa di troppo doloroso, blocca e non porta a termine. Questo fa si però che resti impresso nelle memorie dell’individuo e che si possa riattivare in situazioni simili o ad esse collegate. In questo articolo parlerò della mia esperienza clinica come psicoterapeuta sistemica – relazionale che utilizza tale tecnica (emdr) al fine di superare l’ansia in maniera breve ed efficace.
Cosa intendiamo per ansia?
L’ansia è una normale risposta di attivazione dell’organismo ad eventi stressanti e non ha sempre aspetti negativi, in quanto essa è anche adattiva dal momento che ci prepara a un pericolo potenziale e ci dice che dobbiamo fare attenzione. Il panico è la maggiore espressione del panico. Non è quindi del tutto negativa e il come viene vissuta dipende dalla capacità di gestione. Inoltre essa assume anche un valore a livello della famiglia e il suo significato varia anche in base alla fase del ciclo di vita.
Come si può utilizzare per il trattamento dell’ansia?
L’emdr offre anche l’occasione di lavorare con la persona nel potenziare le capacità personali e le risorse individuali, per riuscire a superare ed affrontare le sfide della vita quotidiana con maggiore gestione e tranquillità, lasciando da parte l’ansia e non rendendola controllante.
Il lavoro psicoterapeutico prevede la rielaborazione di tutte quelle esperienze angoscianti legate alla storia della persona e che possono essere causa della sintomatologia ansiosa: si lavora dunque sugli eventi precedenti l’ansia e che in qualche modo ad essa sono collegati, ma senza agire direttamente su di essa perché la riduzione avverrà di conseguenza al superamento di difficoltà precedenti.
Si possono installare ( termine tecnico) risorse utili alla persona per superare un evento, situazione, fonte di stress lavorando anche sul futuro e su una situazione immaginaria.
Come avviene la psicoterapia?
Successivamente alla presa in carico individuale ci saranno circa 2/3 incontri dedicati alla costruzione delle basi del lavoro, attraverso la storia del problema e la storia familiare in quanto indispensabile per poter risultati duraturi ed efficaci. Inoltre si procederà con installazione di risorse e lavora con emdr su eventi/ situazioni ansiogeni o vissuti personali ad essi collegati. La cadenza degli incontri nella fase di lavoro intensiva sarà settimanale per poter lavorare in maniera efficace fin da subito.
Dott.ssa Lisa Sartori _ Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Relazionale e Terapeuta EMDR

5 modi per iniziare a “volersi bene”
“Impara a piacere a te stesso. Quello che pensi tu di te stesso è molto più importante di quello che gli altri pensano di te”Seneca.
In questo articolo tratterò il tema del ” volersi bene” in quanto ritengo che esso sia la chiave per mettere in atto comportamenti, pensieri, azioni e relazioni in sintonia con noi stessi e che siano utili per il benessere.
Il volersi bene non è qualcosa che ci viene dato in natura o che siamo fortunati ad avere, ma è qualcosa che si costruisce nel tempo e che spesso dipende anche dalle relazioni familiari che abbiamo esperito e dal contesto nel quale siamo cresciuti. Si pensi a situazioni di derivazione affettiva o di contesti nei quali poco spazio viene dato alla realizzazione personale per incitare una realizzazione ideale di sé, legata a canoni e miti familiari.
Esso implica l’ascolto verso di sé, il sapere ciò che è più utile per noi o almeno ciò che pensiamo che sia utile per noi in quanto solo la vita, solo l’esperienza, ci aiutano a comprendere chi siamo. Quando desideriamo stare con una persona dobbiamo essere disposti ad ascoltare e a creare una determinata complicità e questo accade anche con noi stessi, ma spesso sento racconti di persone che scappano da se stessi, che cercano tutti i modi possibili per non incontrarsi.
Nell’articolo mi soffermerò su alcuni passi fondamentali per iniziare a prendersi cura di se stessi e per nutrire del bene verso se stessi, partendo anche con il piede giusto in questo nuovo anno che è iniziato.
- Inizia la giornata ricordando a te stesso le tue risorse, i tuoi punti di forza: questo ti aiuterà ad iniziare la giornata con il piede giusto, perché il come noi pensiamo determina anche come noi osserviamo e leggiamo gli eventi e le persone.
- Inizia a capirti e ad ascoltarti: spesso è più facile ascoltare gli altri, esserci per gli altri ma ci perdiamo una parte importante, ovvero noi stessi. Qual è la prima cosa che fai quando inizi a conoscere una persona? Fare domande e incuriosirti verso di essa. Ecco così dovrebbe essere anche per noi stessi.
- Dai il giusto valore al tuo tempo: nel mondo frenetico spesso ci dimentichiamo di noi stessi e quindi iniziare a non fare le cose solo perché si deve farle, ma anche perché si desidera farle cambia la percezione di noi stessi e delle nostre giornate.
- Approfitta dei momenti in cui ti senti solo o sei solo :questo ti consentirà di ascoltarti e poter capire cosa fa la differenza nella tua vita. E’ difficile trovare il tempo per sè in un mondo nel quale si è sempre connessi quindi prova a rilassarti e a fare una respirazione profonda, a fare una passeggiata o qualche cosa che hai tralasicato ìn questi anni e che ti piaceva fare.
- Cerca di vivere con serenità i tuoi errori: essi possono diventare uno spunto di crescita e di riflessioni, ovviamente per fare ciò è importante allenarsi a gestire il senso di colpa, che spesso arriva non solo da cose che potevi fare meglio e sopratutto pensavi di fare meglio, ma da messaggi arrivati in maniera implicita nelle relazioni che hai vissuto in passato e da come le hai vissuto.
Questi sono solo alcuni spunti dai quali puoi partire per migliorare ed iniziare ad imparare a volerti bene, infatti esso è una sorta di allenamento mentale e di pensiero. Il volersi bene passa per la consapevolezza di sè e di conseguenza è importante essere in grado di riconoscere quando poter chiedere aiuto per poter costruire un futuro migliore.
Dott.ssa Lisa Sartori _ Psicologa e Psicoterapeuta.
EMDR: la tecnica in psicoterapia efficace nelle situazioni traumatiche.
L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, ovvero Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari) è un metodo psicoterapico che consente di alleviare lo stress e i disturbi causati da esperienze traumatiche. Gli eventi traumatici non sono solo quelli legati ad eventi catastrofici come terremoti o incidenti, ma sono anche tutte quelle situazioni che influenzano a lungo termine il benessere della persona e che a volte possono essere dovute anche a bullismo, fallimenti lavorativi e scolastici, attaccamenti insicuri.
Focalizzandosi sulla rievocazione di eventi o situazioni che hanno contribuito allo sviluppo di problemi emotivi o disturbi psicologici, l’EMDR consente di modificare la prospettiva con cui si vedono queste esperienze, attraverso un ridimensionamento che trasforma il trauma in un ricordo privo di condizionamenti sul presente; infatti quando si subisce un trauma il cervello riceve una informazioni (ovvero pensieri, emozioni e sensazioni corporee) che non riesce ad elaborare e immagazzinare secondo il consueto sistema di processamento. I traumi invece rimangono “congelati”, mantengono le stesse emozioni e sensazioni fisiche che si erano provate al momento dell’evento, e non consentono un’elaborazione razionale: non avendo compreso e interiorizzato adeguatamente l’informazione, la persona percepisce qualcosa di irrisolto, un disagio che può fare emergere sintomi fisici o psicologici.
Come funziona?
La tecnica prevede un protocollo standardizzato, con delle domande specifiche a proposito del trauma (il suo svolgersi, il contesto, le immagini più pesanti, i pensieri su di sé prodotti in quell’occasione, etc.), seguite da una “stimolazione bilaterale” che viene fatta o facendo seguire al paziente il movimento di due dita (del terapeuta) che passano di fronte al suo volto orizzontalmente, oppure attraverso un tamburellamento ritmico e alternato effettuato dal terapeuta sulle ginocchia o sulle mani del paziente. A differenza di altri trattamenti che mirano a modificare direttamente le emozioni, i pensieri e le risposte derivanti da esperienze traumatiche, la terapia EMDR si concentra direttamente sulla memoria e ha lo scopo di cambiare il modo in cui la memoria viene immagazzinata nel cervello, riducendo ed eliminando i sintomi problematici.
La terapia EMDR utilizza un approccio strutturato a otto fasi che include:
1° fase: acquisizione della storia;
2° fase: preparazione dell’utente;
3° fase: valutazione dei target mnestici;
dalla 4° alla 7° fase: elaborazione della memoria attraverso la risoluzione adattiva;
8° fase: valutazione dei risultati del trattamento.
Si torna poi a una parte verbale, chiedendo spiegazioni su come il paziente si senta (in modo molto aperto e libero), si torna a focalizzare sulle immagini relative al trauma e si procede a una stimolazione bilaterale, in una sequenza dalla durata variabile.
È un trattamento utile in moltissimi sintomi: ansia, attacchi di panico, lutto traumatico, disturbi di personalità, disturbi alimentari, disturbi del sonno e tutti i sintomi che portano la persona a rivolgersi ad uno psicoterapeuta.
Contattami per maggiori informazioni e per appuntamento.
Dott.ssa Lisa Sartori-Psicologa e Psicoterapeuta in formazione.
Dott.ssa Lisa Sartori