Parlare di Famiglia vuol dire parlare inevitabilmente di storia familiare e di relazioni che ne scandiscono la vita. In questo articolo voglio aiutarti a comprendere il reale potere della storia familiare. Lo faremo grazie ad un libro di Valeria Ugazio, “Storie permesse e storie proibite”.
Quando una persona inizia un percorso di psicoterapia porta sicuramente con se uno stato di malessere. Contemporaneamente, però, verrà in psicoterapia anche con un desiderio. Per fare in modo che il desiderio si trasformi in realtà, è importante che io ti aiuti a trovare le STRATEGIE più giuste per gestire al meglio le difficoltà. Nel contempo devo però anche condurti a comprendere il SENSO del tuo malessere, valutando anche il peso che hanno le relazioni che vivi. Ha infatti poco senso parlare solo di “difficoltà individuali”, soprattutto nella mia ottica di psicoterapia sistemica – relazionale. Questa scuola di psicoterapia basa infatti le sue fondamenta sulle interazioni umane.
Di fronte a me, in seduta di psicoterapia, ho sempre la persona che “soffre” ma non posso non valutare anche chi, indirettamente, viene comunque portato in psicoterapia.
In questo modo, incontro dopo incontro, costruiamo insieme la tua storia familiare e nella sua costruzione troveremo aggettivi, impressioni, narrazioni che mi aiutano ad accedere ad un significato maggiore. Anche dalle parole che tu userai in psicoterapia, che si ripeteranno nella narrazione e alle quali ovviamente tu non farai particolarmente caso, si possono collegare alcune specifiche difficoltà, detti sintomi, come spiega Valeria Ugazio nel suo Libro.
Il COME costruiamo una conversazione, le parole che utilizziamo, vanno a definire la nostra realtà sociale e soggettiva. Il libro parla, in particolare, di polarità semantiche: “le polarità semantiche familiari esprimono un ordine morale che prende posizione rispetto a valori. Gli ordini morali attribuiscono una polarità positiva o negativa ai comportamenti del contesto di riferimento”. Valeria Ugazio ha cioè notato che, osservando molte famiglie diverse, coloro che vivevano difficoltà, ad esempio di tipo depressivo, avevano sempre diversi elementi in comune.
Questo implica che, per determinati sintomi psicologici, esistono sempre delle “polarità” che hanno origine in storie di vita corrispondenti.
Disturbi psicologici: quali storie le accomunano?
LA DEPRESSIONE è una storia di appartenenze negate. Non è inconsueto trovare questioni economiche, eredità negate o conflittuali, lutti o traumi che hanno portato la famiglia a confrontarsi con il tema dell’appartenenza, e che portano l’individuo “depresso” a fare i conti con l’essere fuori posto, non riconosciuto a livello familiare.
Il DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO è una storia di lotta tra bene e male. In queste famiglie vi sono spesso avvenimenti, giudizi, critiche o anche solo ruoli familiari che portano ad una contrapposizione tra bene e male . Qui abbiamo una conversazione basata sull’essere buoni/cattivi.
L’ANSIA e la FOBIA sono una storia di libertà. Essere liberi in queste famiglie non è facile perché spesso ciò è vissuto come pericoloso o come negativo, associato spesso anche a difficoltà familiare nella riorganizzazione. Qui abbiamo una conversazione basata su libertà-dipendenza
IL DISTURBO ALIMENTARE è una storia di potere. Nella conversazione delle famiglie con tali problematiche emerge spesso la semantica del potere e della forza, diventa una sorta di lotta di potere. D’altronde spesso è colui che ha la difficoltà a orientare anche le scelte alimentari familiari e a intensificare paradossalmente il bisogno di cura. Qui abbiamo una conversazione basata sul forte e debole
Storie familiari: come usarle per guarire?
Accedere alla conversazione familiare, alla sua storia è un atto liberatorio per la persona che soffre. Quando la persona che inizia una psicoterapia comprende la sua storia familiare, riuscirà per la prima volta a collegare i suoi sintomi ad un “senso superiore” e viversi come parte di una “storia familiare”. Non ci sarà nessun colpevole in tutto questo. Si riusciranno però a fornire dei significati e questo aiuterà in modo decisivo a dare una voce ed una ragione al sintomo, privandolo del suo potere relazionale.
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