
Dipendenza dalle relazioni online
La dipendenza cyber-relazionale, che cos’è e come possiamo uscirne, ecco i miei consigli per superare questa nuova forma di dipendenza

Amicizia e dipendenza affettiva
L’amicizia è un rapporto affettivo e come tale si basa su credenze, scale di valori e bisogni affettivi che spesso riguardano il mondo affettivo individuale e familiare. L’amicizia non richiede costanza e continuità: si può non vedere un amico per mesi o per anni e ritrovarlo, da un giorno all’altro, senza che nulla sia cambiato. Le emozioni e la complicità restano infatti intatte. E’ un rapporto importante e, soprattutto nell’età adolescenziale, diventa una vera e propria esperienza relazionale sostitutiva alla famiglia.
L’amicizia risponde a bisogni complementari a quelli di un rapporto d’amore: con l’amico si può parlare di cose che il partner non capirebbe (i pettegolezzi e le confidenze femminili, la goliardia e il parlare di sport tra uomini). L’amicizia vive libera da obblighi e richieste, prescinde dal progetto, non ha futuro ma solo passato e presente.
Il dipendente affettivo nell’amicizia
Il dipendente affettivo ha bisogno costante di conferme e come tale nelle relazioni tende ad essere molto attento a compiacere l’altro. In particolare la dipendenza affettiva ha alla base una forte insicurezza legata alle figure infantili di attaccamento. Nel legame di amicizia il dipendente affettivo ricerca una costante conferma di sè e basa la propria autostima sulla conferma dell’altro. Come l’amore, anche l’amicizia per essere “vera” e fonte di benessere deve essere fondata sulla cooperazione e la reciprocità tra due persone in grado di mantenere la loro autonomia, nonostante un certo grado di reciproco bisogno. Ma il dipendente non riesce a vivere senza l’altro soprattutto al fine di confermare di “essere voluto” e “accettato”. Al fine di essere amato il Dipendente Affettivo si dimentica di sè stesso, mette l’amico o l’amica nel piedistallo e fa di tutto pur di conquistare la loro attenzione, li colma di attenzioni, acconsente a quasi tutte le loro richieste.
Alcuni aspetti che caratterizzano il dipendente affettivo nella relazione amicale sono:
- Gelosia
- Ossessione
- Esclusività
Quindi il dipendente affettivo è l’amico che non ha orari, è iper presente e senza confini per sè.
Anche nell’amicizia, vive relazioni asimmetriche, in cui relega sé stesso in secondo piano e impiega tutte le energie per compiacere gli amici, provvedere ai loro bisogni e guadagnarsi la loro fedeltà. Accoglie quasi tutte le loro richieste, uscendo anche quando non ne ha voglia e mettendo l’altro di fronte a sè.
Come una relazione di dipendenza differisce da un sana amicizia?
Un rapporto sano di amicizia è spontaneo e generoso. Entrambi gli amici sono desiderosi di comprendere l’altro e di riconoscerne la piena indipendenza ed autonomia. Si ha il desiderio di vedere il nostro amico raggiungere il suo pieno potenziale, lo sviluppo di nuovi interessi e competenze. Un rapporto di dipendenza è invece bloccato e possessivo, creando stagnazione reciproca e limitando la crescita personale dell’altro.
Il fattore che contraddistingue un rapporto sano è la “reciprocità” in qualsiasi tipo di legame. Ciò che purtroppo accade nella dipendenza affettiva è che tale aspetto non c’è. Il dipendente sarebbe capace di fare di tutto pur di non perdere il legame, anche venendo meno a se stesso.
Come uscire dalla dipendenza affettiva nell’amicizia?
Il dipendente affettivo non è felice nelle relazioni affettive e spesso crede di non meritare la felicità, motivo per cui si accontenta. Come puoi intuire da queste parole per uscire dalla dipendenza affettiva è importante partire da sé e da migliorare aspetti che riguardano la propria autostima e la propria storia di vita, soprattutto relazionale.
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Dipendenza sana e patologica: come distinguerle nella relazione
Dottoressa ma quella che sto vivendo nella mia relazione è una dipendenza sana o una dipendenza sbagliata?
Questa è la domanda che più spesso mi viene fatta in terapia e che mi ha spinto oggi a scegliere di parlare di questo argomento. La dipendenza patologica, ahimè, può nuocere alla persona: ecco perché è importante distinguere la dipendenza sana dalla dipendenza affettiva così come imparare ad accettare anche un certo livello di dipendenza “sana” in un rapporto affettivo.
La dipendenza nelle relazioni
A “dipendere” lo impariamo a fare fin da piccolissimi. Siamo dipendenti, ad esempio, dalla la figura primaria genitoriale perché da bambini necessitiamo di cura e di nutrizione. Questa fase di “dipendenza” è indispensabile per lo sviluppo della nostra “base sicura” ed è proprio questa dipendenza che ci consentirà gradualmente di sviluppare una sana e futura indipendenza. Ecco perché le relazioni primarie sono importanti: condizionano infatti il nostro futuro.
Cosa succede se non siamo in grado di sviluppare l’indipendenza?
In questo caso, sicuramente, la persona svilupperà sintomi quali ansia, paura dell’abbandono, instabilità emotiva nel momento in cui il processo di separazione non è accompagnato da una base sicura… come se da un momento all’altro si potesse essere soli, abbandonati o fare qualcosa di sbagliato. Nella vita ovviamente questo può alimentare relazioni instabili con la ricerca di una dipendenza compensatoria.
Quali differenze tra una dipendenza sana e una patologica?
- La dipendenza sana è il naturale desiderio di poter contare sull’altro, è consapevole, basata sulla fiducia e sul desiderio di condividere e costruire con l’altro. Il rapporto con il partner accresce le proprie potenzialità e lo sviluppo della persona. L’eventuale rottura di una relazione è tollerata e non da vita a reazioni patologiche (depressione, ansia, angoscia, altri comportamenti di dipendenza).
- La dipendenza patologica è una dipendenza assoluta basata sulla sfiducia, sul controllo e sul costante bisogno dell’altro per “sentire di esistere”. Il rapporto con il partner non permette la crescita limitando le potenzialità. La rottura non è tollerata poiché l’assenza dell’altro riconduce al vuoto interiore, dando vita a reazioni patologiche.
Il concetto di dipendenza si colloca su un continuum che partendo dalla dipendenza sana, capace di favorire la crescita, può culminare nella dipendenza patologica che impedisce lo sviluppo della persona.
Esiste una dipendenza sana nelle relazioni?
Certo che si. Una relazione affettiva ma soprattutto amorosa necessita di un certo quantitativo di dipendenza che si caratterizza da sentimenti corrisposti ed equilibrati. Questa dipendenza è del tutto naturale e non viene spesso sentita o vissuta proprio per la sua naturalezza. Si sente di essere reciprocamente attenti alla relazione, di costruire un noi di coppia e di desiderare di condividere con l’altro. A differenza dalla “dipendenza patologica”, in questo caso la dipendenza è naturale e nasce nella relazione senza pensarci. Per coloro che dipendono in maniera totalitaria e malsana sarà impossibile pensare di non dipendere dall’altro e saranno quotidiani i tentativi di dipendere sempre di più a tal punto da rinunciare a se stessi per avere l’altro con sé e questo spesso non sarà corrisposto.
Ricordati che la dipendenza affettiva è una forma patologica di relazione e che dipendenti affettivi non si nasce, ma si diventa. Come? Attraverso la ricerca costante e assidua di un posto sicuro che “ripari” le proprie esperienze relazionali con i nostri genitori.
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Dipendenza o amore? Scopri i tipi di dipendenza affettiva
La dipendenza affettiva è una forma di dipendenza che ha come oggetto la relazione affettiva che assume il ruolo della più classica “sostanza”. Spesso si fa uso delle sostanze stupefacenti fine di “sentirsi in un certo modo” o per “automedicarsi”. La stessa cosa vale per la Dipendenza Affettiva, per il bisogno di avere l’altro non tanto per l’amore quanto per il bisogno di avere con sé un altra persona. Il Dipendente Affettivo non si riesce a vedere da solo e indipendente dall’altro e ovviamente questa idea si è costruita nel corso del tempo.
Dipendenza o amore?
C’è un limite sottile tra amare una persona ed avere una dipendenza affettiva. Se si ama è naturale, soprattutto durante la prima fase, vivere in simbiosi e condizionarsi reciprocamente.
I rapporti di intimità sono molto influenzati dagli schemi di attaccamento dell’infanzia, in un certo modo riusciamo ad amare ed a farci amare come siamo stati amati dai nostri genitori.
In una relazione sana quindi i due partner riusciranno ad amarsi reciprocamente, a prendersi cura l’uno dell’altro.
Durante una relazione, una coppia passa attraverso diverse fasi:
- luna di miele,
- innamoramento,
- disillusione e passaggio verso una dimensione più matura
Se i partner sono flessibili saranno in grado di attraversare tutti questi momenti insieme, di crescere, rafforzarsi e superare le varie difficoltà.
Il dipendente affettivo si blocca in un’idealizzazione dell’altro che porterà molta sofferenza in lui e nella coppia, vivendo l’angoscia che qualcosa possa cambiare da un momento all’altro e quindi di venire abbandonato.
Ecco perchè conoscere la dipendenza affettiva è fondamentale per sapere come superarla.
Quali sono i vari tipi di dipendenza affettiva?
In America esiste l’associazione dei dipendenti affettivi detta “Love Addicted Anonymous” che ha delineato alcuni profili tipici dei dipendenti affettivi:
Dipendente affettivo ossessivo
Non riesce a distaccarsi dalla propria relazione, anche se il partner non è emotivamente o sessualmente disponibile o se ha delle caratteristiche che non portano la persona a sentirsi apprezzato. Questa tipologia di dipendente ha come modalità di dipendenza il pensiero ossessivo; ovvero si dedica molto tempo alla persona dalla quale si dipende anche se la relazione è esclusivamente “ mentale” o “ipotetica”.
Dipendente dalla relazione
Al contrario delle altre tipologie, non è più innamorato del partner, ma non riesce comunque a lasciarlo. Di solito, sono persone estremamente infelici e spaventati dal cambiamento e dalla possibilità di rimanere da soli. Ecco che l’idea di avere una relazione seppur “insoddisfacente” è per queste persone di gran lunga meglio della solitudine.
Dipendente affettivo codipendente
Nella maggior parte dei casi, soffre di mancanza di autostima e cerca, con ogni mezzo, di trattenere con sé la persona da cui dipende, ad esempio prendendosene cura, controllandola con strategie passivo – aggressive, o accettandone gli abusi. In genere, il dipendente affettivo codipendente farebbe qualsiasi cosa per “prendersi cura” del proprio partner, nella speranza che, un giorno, venga ricambiato. In linea generale il co-dipendente ha un bisogno estremo di cura e accudimento ma è come se avesse imparato a darlo senza alcune reciprocità.
Dipendente affettivo narcisista
Questa tipologia di dipendente usa la seduzione e la dominazione per controllare il proprio partner. Al contrario del codipendente, che accetta la sofferenza, il narcisista non lascia che qualcosa interferisca col proprio benessere e non appare in alcun modo preoccupato della relazione. Quando, però, si trova di fronte alla minaccia di un abbandono, cerca con ogni mezzo di mantenere la relazione, fino ad arrivare alla violenza. Qui spesso quando ci si trova nella relazione a codipendere da un narcisita è frequente il senso di “essere sbagliati” e non all’altezza dell’atro. Il narcisita cercherà con tutte le sue forze di mirare l’autostima dell’altro/a al fine di renderlo/a succube.
Dipendente affettivo ambivalente
Questa categoria, generalmente, soffre di un disturbo di personalità evitante, che causa una ricerca estenuante dell’amore, ma allo stesso tempo il terrore dell’intimità. Questa combinazione può portare, in alcuni casi, a ricercare l’amore di persone non disponibili mentre, in altri, a interrompere le relazioni non appena queste iniziano a diventare più intime e serie.
Seduttore rifiutante
Questo dipendente affettivo ricerca un partner per ottenere affetto, compagnia o sesso per poi, quando si sente insicuro, rifiutarlo, in un ciclo continuo di disponibilità e indisponibilità. Questo ciclo continuo indispone l’altro facendolo oscillare tra il senso di “essere importante” e la sensazione di “non valere nulla”.
Dipendente romantico
La dipendenza, in questo caso, riguarda partner multipli. Al contrario, però, dei dipendenti sessuali, che cercano di evitare i legami, i dipendenti romantici instaurano legami con tutti i loro partner, in gradi diversi, anche se le relazioni sono di breve durata o si sviluppano contemporaneamente.
Come puoi vedere le modalità di dipendenza sono molteplici e spesso anche con differenze molto sottili. Per ciò che compete la mia modalità di lavoro clinico, non è importante la categoria quanto l’essere dipendenti. Ecco che queste sono linee guida anche per chi, alle prime armi, cerca di farsi un’idea dei diversi tipi di legami dipendenti. Ovviamente anche le diverse modalità hanno a che vedere con la storia d’origine e familiare.
Nella maggior parte dei casi c’è uno squilibrio relazionale, dove il dipendente è completamente dedito all’altro, si aggrappa all’altro perché pensa che solo in questa maniera riuscirà a riempire un vuoto profondo.
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L’utilità della rabbia nelle relazioni
La rabbia è un’emozione prima e come tale è impossibile non provarla nella vita. Nonostante la sua natura innata è curioso il fatto che spesso alcune persone riferiscono di non riuscire ad arrabbiarsi, di non essere in grado di reagire. La vita nelle relazioni è spesso turbolenta come in parte è giusto che sia, perché le relazioni spesso diventano il luogo metaforico dove “scaricare” dolori e gioie della vita.
Cos’è la rabbia ed a cosa serve
La rabbia è un sentimento primordiale, di base, che è determinato dall’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova. Quindi, possiamo dire che la rabbia inizialmente ha una funzione adattiva. La rabbia è dunque utile ma spesso viene percepita come negativa, ovvero da evitare. Questo accade perché la gestione della rabbia viene spesso meno e le persone manifestano atteggiamenti aggressivi spesso verso oggetti e/o persone. Nella maggior parte dei casi, quindi, non è la rabbia il problema ma lo è la sua gestione che può sfociare, se inesistente, ad agiti distruttivi.
Questa tendenza a confondere rabbia con aggressività ha portato alla tendenza a “rifiutarla” o “nasconderla” perché ritenuta sbagliata o negativa. D. mi riferiva a colloquio che a casa sua non ci si poteva arrabbiare perché sembrava brutto. Piuttosto si sopportava e si sperava che passasse tutto.
Ho scelto di scrivere questo pensiero di D., persona che ho seguito per difficoltà relazionali, al fine di introdurre il tema della famiglia d’origine e del suo ruolo nella gestione ed espressione emotiva.
La famiglia d’origine gioca un ruolo determinante nel mondo delle emozioni: alcune sono permesse, altre vietate spesso implicitamente nel corso delle azioni quotidiane. Ad esempio messaggi come “non piangere perché lo fanno i deboli” è un messaggio che ti lascia intendere che piangere non sia per persone forti…
Perché la rabbia è necessaria nelle relazioni
E’ impossibile avere una relazione e non arrabbiarsi, a prescindere dalla sua natura che sia amicale, affettiva, familiare o lavorativa.
Se però prendiamo le relazioni tossiche, la rabbia ti aiuta a mettere un confine tra te e l’altro, a permetterti di sentire ciò che ti ferisce e difendere la tua persona. Saper dire “Quello che hai detto/fatto/pensato mi fa star male/mi fa arrabbiare” può essere un forte strumento contro le incomprensioni e l’impotenza nella relazione.
La rabbia, affinché ci regali il suo lato positivo, è necessario saperla gestire. Ecco alcuni passi che ti consentiranno di utilizzare al meglio la rabbia nelle tue relazioni:
- temporeggia, non rispondere immediatamente alla rabbia
- ascolta te stesso, mentre prendi tempo chiediti cosa ti fa arrabbiare e come ti senti (spesso se ascolti la rabbia sentirai altre emozioni/sensazioni come tristezza, paura, solitudine, delusione ecc…)
- comunicala successivamente e esprimi chiaramente come ti sei sentita/o nel momento della rabbia
A tutti coloro che affermano di non riuscire a sentire la rabbia, ricordo che tutti, prima o poi la proviamo. E’ necessario però allenarci a riconoscerla. Per chi vive spesso momenti di tristezza e di rassegnazione, ad esempio, allenarsi a sentire la rabbia è un buon modo per recuperare anche energie utili per riuscire a cambiare la situazione.
Come puoi fare dunque per imparare a riconoscere la rabbia? Basta una semplice domanda che potrai iniziare a farti: “Avrei dei buoni motivi per arrabbiarmi?”
Ricorda: la rabbia ti è utile e se la ascolterai saprai anche riuscire a prendere delle migliori decisioni a tuo beneficio e non a quello degli altri. Chi non si concede di esprimere la rabbia, spesso non conosce i propri bisogni.
Vuoi saperne di più o vuoi entrare in contatto con me? Compila il form qui sotto!

Il ciclo della dipendenza affettiva
La dipendenza affettiva è una forma di relazione patologica, detta anche tossica, che ti fa sentire imprigionata. Parlo al femminile perchè è una forma di dipendenza maggiormente presente nel mondo femminile, sicuramenti per aspetti di vissuti emotivi e familiari.
Come tutte le dipendenza per sconfiggerle è importante riconoscere il problema e conoscere il processo che si attiva.
Le 9 fasi emotive nella Dipendenza Affettiva:
- Fase dell’attrazione e della seduzione che tanto attrae il dipendente affettivo. Infatti il partner che esercita la seduzione fa sentire il Dipendente Affettivo forte e importante;
- Fase della fantasia del salvatore che fa vedere il partner come il salvatore, come se fosse idealizzato e spesso perfetto così come lo si ricercava;
- Fase del sollievo dal dolore che porta il Dipendente Affettivo a sentire che le dolorose sensazioni di vuoto, solitudine e assenza di valore ed importanza, cessano momentaneamente. Questa fase del ciclo viene chiamata «romance».
- Fase dell’incremento del bisogno e di negazione della realtà nella quale il Dipendente Affettivo inizia a percepire e manifestare un crescente bisogno di attenzioni, contatto e presenza e diventa maggiormente richiedente. Il partner evitante inizia a sfuggire diventando sempre meno presente nella relazione, ma il Dipendente Affettivo non vuole vedere questi segnali e ne nega l’evidenza giustificando il partner: «è molto impegnato a lavoro», «ha il diritto di stare un po’ con gli amici», ecc.
- Fase del crollo della negazione ovvero, gradualmente, il Dipendente Affettivo realizza i comportamenti di allontanamento e la distanza posta dal partner evitante. Inizia a guardare la realtà e la negazione cessa, si accorge di non essere centrale nella vita del partner. Iniziano litigi e conflitti così come scelta di chiusura del legame che viene subita dal Dipendente Affettivo.
E’ qui che iniziano i comportamenti ossessivi del controllo del partner, soprattuto perché il Dipendente Affettivo nega la realtà al fine di mantenere il legame. - La fase del ritiro: il Dipendente Affettivo finalmente comprende di essere stato lasciato per qualcuno o qualcosa più importante per il partner. Entra nella fase del ritiro in seguito alla rimozione della «droga» (partner).
Ma se nelle dipendenze da sostanza la cessazione dell’assunzione porta al recupero, nella Dipendenza Affettiva no: si riattivano le antiche emozioni di vuoto, abbandono, paura, gelosia, rabbia e insieme ad esse, quelle più concrete e relative al momento presente di perdita di una persona, della sicurezza economica, di una casa o altri beni materiali, di un ruolo sociale ecc.
E’ qui che si crea il SOVRACCARICO EMOTIVO che porta la persona a non vivere bene con pensieri depressivi. Ansia e panico, insonnia, ossessione… - La fase dell’ossessione dove il Dipendente Affettivo sposta il fuoco dell’ossessione dal partner idealizzato a come riportare indietro il partner o su come vendicarsi.
- La fase dell’acting-out compulsivo: il Dipendente Affettivo a questo punto agisce compulsivamente comportamenti atti a avere sollievo dal dolore come un Nuovo ciclo emotivo con un altro partner, Recupera la relazione con il partner evitante e ricomincia il ciclo precedente, Comportamenti provocatori per avere l’attenzione dell’ex, Tentativi di seduzione dell’ex, Minacce per ottenere attenzioni…
- La fase di Re-Innesco dove si riprende il ciclo con lo stesso partner iniziale o si attiva per ricercare altro partner.
Questo ciclo ti aiuta a capire come si arriva alla dipendenza affettiva e anche come i suoi sintomi si nutrono di alcune attivazioni emotive che risultano di difficile gestione per la persona. Ovviamente il tutto può presentarsi con diverse intensità. La capacità del terapeuta deve essere quella di accompagnare la persona a spezzare questo circolo vizioso attivando altre strategie di gestione emotiva.
Se senti di essere vittima della Dipendenza Affettiva, chiamami al 349.786.7274 o compila il modulo qui sotto per fissare una prima chiamata conoscitiva gratuita o compila il modulo qui sotto:

Il potere positivo del dire “NO” nelle relazioni
Per molte persone non è facile dire “NO” e può portare loro anche a vivere situazioni scomode e poco utili in diversi ambiti della vita: famiglia, relazioni, coppia, ambito sociale e lavorativo. Come dico spesso in psicoterapia: “E’ fondamentale imparare a mettere un punto dove prima mettevi una virgola, perché ti consente di porre fine ad alcune sofferenze e ti permette di sviluppare autostima”.
Come mai è così difficile dire NO?
Per molte persone la parola “NO” viene vista come una sorta di “imposizione” o anche come un’affermazione negativa, il tutto spesso in contrasto con la tendenza a prediligere la “disponibilità” e la “gentilezza”che si crede siano legati al dire “SI”.
Dire “NO”, in realtà, è una capacità relazionale indispensabile per creare relazioni efficaci.
La difficoltà nel dire “NO” è però principalmente legata ad alcuni aspetti:
- La storia Familiare: se hai avuto esperienze familiari che ti hanno impedito di affermarti, oppure che ti hanno insegnato che è importante “essere accondiscendenti”, “buoni” e “sacrificarsi” è molto probabile che tu possa sentirti in difficoltà nel dire “NO”, proprio perché da un lato non sei abituato e dall’altro potrebbe farti paura.
- Il senso di colpa: è l’ingrediente indispensabile per farti fare o vivere situazioni che se potessi eviteresti. Questo lo si apprende sempre da esperienze passate, anche ripetute negli anni, laddove una decisione presa per te anche piccola, veniva bloccata dal senso di colpa.
- Dire “No” vuol dire “definirsi “ nella relazione: ovvero mettere dei confini importanti per tutelarci nella relazione con l’altro, a prescindere dalla sua natura.
- E’ collegato all’autostima: imparare a dire “No” la fa aumentare.
Il valore del “NO” nelle relazioni di coppia
Non dire “NO” può essere alla base di una difficoltà a vivere serenamente una relazione di coppia. Questa difficoltò può partire spesso da piccole cose come, ad esempio, il sentirsi in difficoltà a dire “NO” anche ad una semplice cosa che non vorresti fare per paura di dare un’immagine di te non adatta o per paura dell’abbandono.
Quello che accade però, così facendo, è che impedisci alla persona di conoscerti per quello che sei e per i tuoi confini: dicendo sempre “SI” darai all’altro il potere di abbattere qualsiasi confine nei tuoi confronti e ti renderai “disponibile”. Ovviamente per te o per l’altro questo sarà positivo e così lo sarà sicuramente, ma non può essere così a lungo termine! Soprattutto perché ciò può portare a non riuscire a “chiudere” una relazione quando non sarà più sana o quanto ti far vivere dimensioni di coppia che non hai scelto e che, a lungo andare, potresti sentire come pesanti e finire per subirle. Ad esempio, è molto importante imparare a dire “NO” per chi soffre di dipendenza affettiva.
Gli effetti positivi nel dire “NO”, validi nelle relazioni di coppia, li puoi estendere anche alle relazioni lavorative o alle relazioni amicali: non darti per scontato in qualsiasi ambito della tua vita perché se lo farai tu lo potranno fare gli altri.
Come imparare a dire “NO”?
Ecco alcuni semplici passi:
1. Ricorda che non ci vuole un buon motivo per dire di NO;
2. Accetta i tuoi limiti personali e relazionali;
3. Supera il senso di colpa;
4. Ricorda che il NO ti aiuta ad evitare il risentimento;
5. Ricorda che dire “NO” aumenta la tua autostima. Fai l’esercizio dello specchio: mettiti tutti i giorni di fronte allo specchio per almeno qualche minuto e , osservandoti, prova a dirti parole positive e dirti quali sono le tue risorse e abilità.
Ecco che, alla luce di quanto detto, nelle relazioni è importante dire “SI” così come dire “NO” laddove necessario: è il giusto mix tra queste due parole che ti aiuterà a vivere una relazione sana.