
Ti racconto la storia di Anna e della sua dipendenza affettiva.
“E’ meglio una delusione vera di una gioia finta”
(Neffa)
Quando incontro Anna (nome inventato) lei si trova in una situazione all’apparenza semplice ma non per lei che la vive da diverso tempo: è stata lasciata da una persona che per lei era tutto e che rappresentava la sua unica ragione di vita.
Fino a qui dirai che cosa c’è di strano? Non molto perchè ci aspettiamo che l’amore sia questo, che se non c’è la persona che ritieni di amare la tua vita non continui. Diciamo che soffrire per amore è scontato perchè ti metti in gioco quando ami e provi dei sentimenti, assumendoti un rischio “sano” per la tua vita.
La dipendenza affettiva però è qualcosa di più subdolo, che si insinua nella vita e che sembra incatenarti.
Ecco perchè desidero raccontarti la storia di Anna.
Anna è in una relazione affettiva da circa 5 anni caratterizzata da tira e molla senza una reale prospettiva di continuità ma non riesce a fare a meno della presenza di quest persona seppur nella sua vita diventa nociva. Gli effetti di questa “relazione” sono invalidanti nella sua vita, ovvero non riesce a fare le cose che vorrebbe perchè desidera esserci se lui arriva, ha trascurato amicizie e rotto con alcune persone che dimostravano dei dubbi sulla relazione. Ciò che ha spinto Anna a contattarmi è l’ennesimo attacco di panico che si trova a dover vivere con la paura di non uscirne più e avvenuto all’ennesima minaccia di abbandono da parte di Fabio.
Ecco che ci troviamo in terapia, con iniziale desiderio di Anna di trovare delle risposte immediate ai suoi dubbi e rassicurazione in me per la sofferenza che stava attraversando. A poco a poco, con la costruzione della relazione terapeutica e con la comprensione reale di che cosa aspettarsi dal terapeuta, Anna si conosce e prova a sperimentare una dimensione sana di relazione nella quale poter pensarsi come non malata o problematica ma semplicemente come una persona che desidera superare la sua dipendenza.
Dire NO è stato il prima passo, ovviamente con tutto il tempo necessario e soggettivo, Anna sperimenta la solitudine e la necessità di prendersi cura di sè. Ritrova nelle amicizie un tempo allontanate un vero e proprio aiuto e sostiene delle attività che l’aiutano a non cedere al bisogno di sentire Fabio. Più passa il tempo senza di lui e più sente di potercela fare perchè la relazione era tossica e diventava un circolo vizioso.
Anna inoltre ha dato un senso a questa difficoltà collegandola ad alcune esperienze familiari che le hanno consentito di sentirsi meno sbagliata.
Quali sono stati i passaggi fondamentali per Anna?

- Dire NO… nelle dipendenze affettive così come nelle dipendenze in generale finchè non si dice NO tutto può succedere
- Accettarsi senza dover essere diversa
- Bastarsi anche nelle piccole cose
- Ripercorrere la sua storia familiare andando alla ricerca dei suoi ruoli e scoprendo che quello che stava vivendo nella relazione con Fabio non era poi così diverso da quello che aveva già provato
- EMDR per superare idee negative su di sè e per ritrovare l’autostima…
Com’è finita la terapia?
Anna ora si sente libera perchè ha ripreso il controllo della sua vita e riesce a dire NO a Fabio. Ovviamente ha preso delle decisioni importanti che la portano a trasferirsi in una città che ha sempre pensato di raggiungere ma mai realizzata perchè non credeva in sè. Peccato che ci siamo conosciute con la mascherina e ci siamo anche salutate con lei.
Se senti di avere una sotria simile ad Anna e vuoi provare ad uscirne contattami via mail a psylisasartori@gmail.com o al cellulare 349-7867274

Guarire il trauma con Emdr
“Non essere completamente vivi nel presente mantiene saldamente imprigionati nel passato”
(Bessel Van Der Kolk)
Per trauma si intende, dal punto di vista psicologico una frattura causata da un evento talmente stressante da sovrastare le capacità della persona di gestire le situazioni e difendersi dal loro impatto negativo. I traumi possono essere molteplici e non solo fisici ma anche psicologici: trascuratezza, lutti, perdite, trasferimenti, abbandoni ecco alcuni degli eventi che possono condizionare il presente e futuro della persona.
Attraverso le esperienze negative la persone svilupperà anche un’idea di sé che sarà, nella maggior parte delle situazioni, coerente con l’immagine negativa di sé che l’evento richiama: non essere all’altezza, essere sbagliati, non valere ecc… Ecco che, con tali premesse, la vita presente e futura appare difficile e poco gratificante per la persona.
Cosa succede al corpo successivamente al trauma?
Quello che accade al corpo esposto ad una situazione reale o percepita di pericolo è quella di attivare le difese, di difendersi e di prepararsi alla prossima minaccia: è in tale situazione di allarme che la persona vive.
Cosa accade alla psiche?
Tendenzialmente quello che accade è che la mente aiuta la persona a difendersi da ricorsi troppo dolori e dunque avviene una sorta di “dissociazione” con se stessi e le proprie emozioni. I segnali sono:
- mancanza di ricordi e difficoltà ad accedervi;
- difficoltà nel vivere e riconoscere le emozioni pressoché assenti ma perché percepite come perciolose dalla persona;
- costante stato di allarme;
- idea negativa di sé;
- scarsa autostima;
- difficoltà relazionali.
Inoltre, essendo sempre in attesa, accade inoltre che qualsiasi situazioni possa riattivare esperienze passate traumatiche: lo stress, infatti, tende a disattivare le strutture del sistema nervoso centrale deputate alla memoria autobiografica (ippocampo), mentre quelle legate alla memoria emotiva (amigdala, talamo, corteccia sensoriale) trattengono i ricordi nelle primitive forme sensoriali ed iconiche.
Come superarlo?
La difficoltà maggiore per le persone che presentano esperienze traumatiche è “esserci nel presente” proprio perché imprigionati nel passato. E’ importante aiutare la persona non solo nel sentirsi libera di riprendere vissuti dolorosi ma di aiutarla a trasformarli in vissuti meno dolorosi e vincolanti. Ecco che al percorso terapeutico si aggiunge una tecnica decisiva e di impatto per il benessere della persona.
Grazie alla tecnica EMDR avviene un’adeguata elaborazione che consenta alla persona di “collegare” mente, corpo ed emozioni per elaborare e poter modificare il ricordo memorizzato trasformandolo da negativo a positivo. Oltre a questo si accompagnerà la persona nello sviluppo di risorse e scenari ipotetici futuri che possono bloccare al fine di sbloccare l’esperienza negativa e l’idea di sé negativa.
Per maggiori informazioni o per fissare appuntamento, contattami compilando il link contatti.
Lisa Sartori Psicologa e Psicoterapeuta Sistemica- Relazionale_ Terapeuta EMDR

Come superare la paura delle malattie.
“Nulla intimorisce di più l’uomo delle proprie sensazioni”
Eraclito
La paura delle malattie è una paura del tutto normale ma per qualche persona diventa invalidante, difficile da gestire. Nei racconti di coloro che si definiscono “ipocondriaci” vi è una costante attenzione ad ascoltare le proprie sensazioni fisiche, come se vi fosse un costante stato di allerta frutto anche della costante attenzione: ecco che prende vita il circolo vizioso. Più mi ascolto e più avrò qualcosa da ascoltare: un respiro più faticoso del solito, un crampo, un dolore localizzato o generalizzato…
L’ipocondria è dunque una forma di “fobia” che spesso nasce da una sorta di pensiero “ossessivo” e da una ricerca costante di qualcosa da valutare e/o indagare.
Che cos’è l’ipocondria?
La caratteristica essenziale della ipocondria è la preoccupazione legata alla paura di avere, oppure alla convinzione di avere, una grave malattia. Questa è solitamente basata sulla errata interpretazione di uno o più segni o sintomi fisici.
Si può parlare di ansia di malattia (o paura delle malattie), ovviamente, solo se una valutazione medica completa ha escluso qualunque condizione medica che possa spiegare pienamente i segni o sintomi fisici. Ecco che spesso coloro che soffrono di tale difficoltà arrivano in psicoterapia inviati spesso da medici di base, oppure da familiari preoccupati.
Una lettura sistemico-relazionale..
Ovviamente tale atteggiamento verso di sé non si apprende in maniera casuale ma, secondo l’approccio sistemico- relazionale, si inserisce all’interno di un sistema relazionale di appartenenza. Malattie vissute o assistite, morti o iper attenzione all’area medica da parte dei familiari sembrano essere comuni a coloro che soffrono di ipocondria. In particolare sembra dominare la “semantica della libertà” nei pazienti con disturbi fobici, ovvero sembra che le conversazioni familiari siano organizzate attorno al concetto di dipendenza e libertà. Ecco che le persone fobiche hanno una tendenza ad aver bisogno di un altro che funga da riferimento, da ancora di salvezza ma che diventa invece un vincolo alla libertà. Si è tuttavia liberi solo quando si è in grado di fronteggiare da soli un mondo pericoloso.
Come uscirne?
Ecco che il modo di superare l’ipocondria passa per due importanti step:
- aiutare la persona che arriva in terapia a sviluppare delle strategie che inizialmente gli consentano di gestire lo stato di attivazione e di ridurlo (emdr- prescrizioni paradossali); L’emdr consente alla persona di elaborare le esperienze traumatiche collegate all’ipocondria e alla paura al fine di desensibilizzarle e installare le risorse utili per la guarigione;
- cogliere il significato relazionale della paura che spesso riporta a relazioni vissute come vincolanti, preferenziali e con un limite immaginario dal quale la persona necessita e desidera superare ma che teme di essere libero di farlo.
Paradossalmente quando una persona arriva in psicoterapia ha tentato un certo numero di soluzioni e alcune, forse, per un po’ hanno anche funzionato, come ad esempio controllare ripetutamente in google, fare esami clinici, sentire diversi pareri medici, provare medicine alternative o chiedere costanti rassicurazioni… cosi come per l’ansia questo non fa altro che rendere l’individuo ancora meno in grado di percepirsi efficace nel superare gli ostacoli e di uscire dalle trappole mentali. Ecco che nella prima parte del percorso si cercherà di fornire a lui altre possibile strategie più incentrare sulla gestione della paura piuttosto che sul suo controllo. Inoltre comprendere il significato che esso ha nella sua vita relazione può essere il punto di svolta per dare voce al sintomo e arrivare al messaggio comunicativo che in esso è sempre incluso. A chi è destinato lo si scoprirà con la psicoterapia e con un lavoro su di sé e sulle proprie relazioni.
Dott.ssa Lisa Sartori Psicologa_ Psicoterapeuta sistemico relazionale.