
5 modi per costruire relazioni efficaci
La tendenza a giudicare gli altri è la più grande barriera alla comunicazione e alla comprensione.
(Carl Rogers)
Le relazioni mettono a dura prova le persone in quanto richiedono cura, impegno e attenzione. Il come una persona vive le relazioni e le percepisce è frutto anche dei modelli relazionali che ha avuto modo di vivere e sperimentare nella vita quotidiana ed affettiva: ecco perché le relazionali non sono così automatiche e banali e possono diventare occasione di confronto e scoperta rispetto ad alcune difficoltà o peculiarità individuali.
Per relazioni efficaci si intende la capacità di costruire relazioni importanti e la capacità anche di interrompere quelle disfunzionali. Come essere efficace nella costruzione delle relazioni?
Il primo passaggio d’obbligo ed inevitabile è la “consapevolezza” rispetto alla propria storia relazionale e allo stile utilizzato. Per storia relazionale si intende la storia familiare e le relazioni che hanno caratterizzato la vita dell’individuo, mentre per stile relazione si intende:
- aggressivo: queste persone tendono ad agire in maniera competitiva e spesso sono incapaci nel gestire le proprie emozioni, cercano di umiliare gli altri e faticano ad esserne interessati;
- passivo: sono persone che tendono a “subire” e non riescono a mettere dei confini rispetto agli altri, sia in abito familiare, sociale e lavorativo. Tendono ad accumulare rabbia e frustrazione derivante dalla difficoltà di gestione delle emozioni e di ciò che è trattenuto;
- assertivo: è la persona capace di sostenere le proprie idee senza prevaricare, comunicando in maniera efficace e tutelando se stesso ma non a discapito degli altri. Riesce a gestire le emozioni e costruire relazioni funzionali.
Ovviamente coloro che presentano stili assertivi/passivi tendono ad essere maggiormente in difficoltà nelle relazioni interpersonali in quanto, anche se in maniera differente, manca la capacità di connettersi agli altri in funzione di se stessi. L’assertività si costruisce nel tempo, essendo consapevoli rispetto a ciò che mettiamo in atto nelle relazioni e lavorando, con specifici esercizi, per costruire uno stile assertivo.
Oltre a tale aspetto e alla storia di vita familiare e relazionale che, se trattata in sede di psicoterapia, consente alla persona di comprendere a 360 gradi il suo mondo relazionale, ridefinirlo e rinarrarlo attraverso nuove prospettive e nuove storie, è mia intenzione fornirvi alcuni punto di riflessione per iniziare a lavorare sulle relazioni efficaci:
- Costruisci relazioni ” fisiche e personalmente” e non affidandoti a social o a relazioni virtuali: la relazione indubbiamente passa attraverso anche tali canali ma è preferibile se iniziata di persona;
- Sii curioso rispetto al mondo e agli altri: prova ad uscire dalla tua confort zone ed entrare in nuove realtà ( sociali, sportive, intrattenimento) che ti consentano di sperimentare nuove parti di te;
- Sii consapevole rispetto a dove arrivi tu e dove invece iniziano gli altri, così da riuscire a tutelarti e ad essere empatico;
- Accetta le persone per ciò che sono e ricorda che puoi lavorare solo su di te per migliorare, non abbiamo il potere di controllare o cambiare gli altri;
- Allenati ad ascoltare e ascoltarti in maniera attiva e senza giudizio, ricorda che non esiste una realtà univa e giusta ma diverse storie e diversi significati.
Ultima ma non meno importante, le relazioni contribuiscono a costruire il benessere e la soddisfazione della vita passa anche per esse: se così non fosse e se ritieni di poter migliorare e desideri farlo, la psicoterapia è la strada giusta che, in maniera efficace di aiuterà a gestire emozioni, rabbia e sviluppare una nuova modalità di relazione a a partire anche dal ruolo occupato nella propria famiglia.
Dott.ssa Lisa Sartori, Psicologa_ Psicoterapeuta

EMDR: una terapia breve ed efficace per l’ansia.
“Le cose si scoprono attraverso i ricordi che se ne hanno ” (Cesare Pavese)
L’Emdr è una tecnica che nel percorso terapeutico viene utilizzata per il trattamento di situazioni traumatiche che riguardano, sia situazioni vissute o accadute come anche aspetti ed esperienze relazionali che hanno lasciato un segno nella memoria. Con tale tecnica di desensibilizzazione attraverso una stimolazione alternata dell’emisfero quello che accade è che si và a riattivare il normale processo di elaborazione che la nostra mente produce ma che, quando percepisce qualcosa di troppo doloroso, blocca e non porta a termine. Questo fa si però che resti impresso nelle memorie dell’individuo e che si possa riattivare in situazioni simili o ad esse collegate. In questo articolo parlerò della mia esperienza clinica come psicoterapeuta sistemica – relazionale che utilizza tale tecnica (emdr) al fine di superare l’ansia in maniera breve ed efficace.
Cosa intendiamo per ansia?
L’ansia è una normale risposta di attivazione dell’organismo ad eventi stressanti e non ha sempre aspetti negativi, in quanto essa è anche adattiva dal momento che ci prepara a un pericolo potenziale e ci dice che dobbiamo fare attenzione. Il panico è la maggiore espressione del panico. Non è quindi del tutto negativa e il come viene vissuta dipende dalla capacità di gestione. Inoltre essa assume anche un valore a livello della famiglia e il suo significato varia anche in base alla fase del ciclo di vita.
Come si può utilizzare per il trattamento dell’ansia?
L’emdr offre anche l’occasione di lavorare con la persona nel potenziare le capacità personali e le risorse individuali, per riuscire a superare ed affrontare le sfide della vita quotidiana con maggiore gestione e tranquillità, lasciando da parte l’ansia e non rendendola controllante.
Il lavoro psicoterapeutico prevede la rielaborazione di tutte quelle esperienze angoscianti legate alla storia della persona e che possono essere causa della sintomatologia ansiosa: si lavora dunque sugli eventi precedenti l’ansia e che in qualche modo ad essa sono collegati, ma senza agire direttamente su di essa perché la riduzione avverrà di conseguenza al superamento di difficoltà precedenti.
Si possono installare ( termine tecnico) risorse utili alla persona per superare un evento, situazione, fonte di stress lavorando anche sul futuro e su una situazione immaginaria.
Come avviene la psicoterapia?
Successivamente alla presa in carico individuale ci saranno circa 2/3 incontri dedicati alla costruzione delle basi del lavoro, attraverso la storia del problema e la storia familiare in quanto indispensabile per poter risultati duraturi ed efficaci. Inoltre si procederà con installazione di risorse e lavora con emdr su eventi/ situazioni ansiogeni o vissuti personali ad essi collegati. La cadenza degli incontri nella fase di lavoro intensiva sarà settimanale per poter lavorare in maniera efficace fin da subito.
Dott.ssa Lisa Sartori _ Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Relazionale e Terapeuta EMDR

Autolesionismo: “Il corpo diventa un foglio su cui disegnare la propria sofferenza”. Una proposta terapeutica.
“Nessuno può farti più male di quello che fai tu a te stesso.” (M.Gandi)
Nella mia pratica clinica ho ascoltato storie di adolescenti e giovani adulti per i quali il corpo diventa il luogo privilegiato nel quale esprimere il proprio malessere, attraverso disturbi alimentati, sostanze e “autolesionismo”. In questo articolo tratterrò quest’ultimo come pratica dalla quale si può sviluppare dipendenza e che necessita di uno specifico intervento di psicoterapia così da poterne guarire. Autolesionismo significa causare in modo intenzionale e ripetitivo un danno al proprio corpo, procurandosi ad esempio tagli (cutting), bruciature (burning), lividi, escoriazioni. L’obiettivo non è uccidersi, ma trovare sollievo da una sofferenza emotiva, come se il corpo fosse un foglio su cui disegnare la propria sofferenza.
Tra i gesti più comuni con cui gli autolesionisti si producono lesioni, rientrano:
- I tagli e le bruciature della pelle;
- Le perforazioni tramite punteruoli o strumenti appuntiti simili;
- Colpi alla testa o al resto del corpo;
- L’assunzione di prodotto chimici tossici o l’ingestione di grandi quantità (overdose) di farmaci ( alcol e sostanze).
L’autolesionismo è un sintomo che spinge l’individuo a procurarsi delle ferite, più o meno profonde, che assumono significato in base alla storia di vita e alla difficoltà a dare voce alle emozioni, come Andrea ( nome inventato ) il quale arriva in terapia a seguito di una forte dipendenza da alcol anche se sottovalutata inizialmente, sia da lui che dal nucleo familiare, in quanto sostanza legale, e che nel giro di qualche anno l’ha reso prigioniero e ha dovuto attivare tutta la famiglia nella cura verso di lui anche se ormai giovane adulto. Per Andrea il “tagliarsi” era “diventato una sorta di rito quotidiano, intimo e personale, momento tanto desiderato nell’arco della giornata da diventare paradossalmente una forma di sollievo, dalle fatiche e dalle delusione della vita”.
Ovviamente questo comportamento porta con sé non pochi effetti come ad esempio nelle relazioni familiari: ad esempio, nel caso di Andrea, i tagli erano visibili e dunque hanno attivato la famiglia, in particolare i genitori, nel ” prendersi cura di lui”, portandolo in terapia familiare dal momento che , per tali difficoltà, oltre alla terapia individuale è indicata una presa in carico familiare. Questo perché la famiglia diventa una risorsa importante per il cambiamento dell’adolescente e del giovane adulto. I tagli sono diventati il modo con cui Andrea evitava la separazione genitoriale e impediva ai genitori di pensare ad uno spazio di vita fuori dalla famiglia, in quanto la situazione era da diversi anni conflittuale e gli procurava molta rabbia, spesso agita verso cose e persone: ecco che con il taglio tutto si placa e tutto si riduce a se stesso.
Questa è solo una delle tante storie che si celano dietro all’autolesionismo, ma quali sono le possibili cause?
Dalla mia esperienza clinica posso riscontrare come aspetto decisamente dominante nelle storie ascoltate una situazione di stress emotiva e di forte rabbia, verso sé e verso anche gli altri, spesso legata ad una situazione familiare difficile da gestire e da verbalizzare la quale può sfociare in senso di colpa e sensazione di fallimento, così come la presenza di aspetti traumatici fisici ed emotivi ( scuola, bullismo…), abuso di alcol o sostanze psicotrope.
L’adolescente o il giovane adulto potrebbe cercare una forma di sollievo, gestione della rabbia e del dolore, effetto calmante e che attribuisce a se stesso, in maniera paradossale: il sollievo ovviamente è transitorio e spesso illusorio, così come per una persona che assume sostanze lo diventa la droga.
Le persone sofferenti di autolesionismo temono che le altre persone possono scoprire i loro problemi.
Questo è il motivo per cui tendono a isolarsi, ad assumere un atteggiamento particolarmente riservato, a coprire le ferite sul proprio corpo in maniera talvolta sospetta e a non chiedere aiuto a chi di dovere, faticando anche ad accedere ad una dimensione di psicoterapia se non spinti dai genitori. Ecco che la preoccupazione genitoriale e familiare diventa la spinta per la richiesta di aiuto.
Quale possibile intervento?
Essendomi formata come Psicoterapeuta sistemico – familiare sono spinta a considerare l’autolesionismo come un sintomo che comunica qualcosa in primis al sistema familiare di appartenenza e spesso l’intervento familiare consente di intervenire in maniera efficace e in poco tempo per ridurre e, potenzialmente eliminare, tale comportamento proprio perché in sede di psicoterapia ad esso viene attribuito un significato che non è di malattia ma di ” comunicazione”. Al taglio viene dato la voce, le parole e spesso queste sono anche quelle dei familiari. Al lavoro familiare è possibile ritagliare momenti di incontri individuale con l’adolescente o il giovane adulto al fine di accedere ad un mondo emozionale e intimo, mentre i colloqui genitoriale possono essere visti in ottica preventiva di ricadute, andando a lavorare sugli aspetti di protezione educativa ed affettiva genitoriale.
Quindi le aree di intervento sono:
“Familiare – Individuale – Coppia genitoriale”
Ovviamente tale modalità è quella maggiormente utilizzata ma poi si adatta alle singole esigenze e alle differenti storie. L’importante è che non si entri in una logica di colpa o di malattia che non è positiva per la persona affetta da tale comportamento ma neanche per chi lo circonda.
Dott.ssa Lisa Sartori_ Psicologa e Psicoterapeuta Sistemica- Familiare.
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L’importanza della psicoterapia familiare con gli adolescenti.
“E’ solo quando i bambini arrivano verso la fine dei loro vent’anni che le famiglie realmente capiscono ciò che sono” George Michael
L’adolescenza porta con sé innumerevoli cambiamenti, alcuni facili altri difficili ma tutti indispensabili. Quando si pensa all’adolescente oggi spesso lo si immagina connesso alla rete, al mondo virtuale e poco connesso alle relazioni presenti nei contesti di appartenenza. In questa fase di trasformazione importante si possono manifestare nell’adolescente difficoltà che trovano espressione attraverso una serie di “sintomi”, per la difficoltà a comunicare, come: ansia, depressione, ritiro sociale, autolesionismo, dipendenze, devianza e disturbi alimentari che, se non attentamente affrontate possono diventare invalidanti non solo per il giovane ma anche per tutto il nucleo familiare.
Prima di addentrarci risulta importante citare alcuni aspetti chiave per la comprensione dell’adolescenza ( 14- 18 anni):
- L’adolescenza non è una malattia ma una fase evolutiva:molti sono i genitori preoccupati per l’avvicinarsi di tale fase ma essa è indispensabile per l’evoluzione dei figli e la transizione verso l’età adulta;
- L’adolescente ha bisogno di dipendere quanto di svincolarsi: esso quindi è in una fase di costante messa alla prova dei confini familiari, del limite e della scoperta del mondo esterno all’ambiente familiare. Lo svincolo non avviene solo dal punto di vista psicologico ma passa attraverso lo svincolo fisico, emotivo, affettivo ed economico e spesso non coincidono tra di loro;
- I segnali verbali e non verbali dell’adolescente sono contraddittori: ecco perché è importante la chiarezza e l’assenza di ambivalenza nei genitori, al fine di fornire messaggi il più possibili coerenti;
- Il gruppo di coetanei diventa quindi un luogo nel quale sperimentarsi e sperimentare la propria identità, ed esso è indispensabile;
- L’adolescente porta dentro di sé la storia familiare: Andolfi ( 2003) sottolinea che l’adolescente è il maggiore esperto della vita familiare in quanto profondo osservatore dei propri genitori. E’ sempre maggiore la convinzione da parte dei genitori che gli eventi familiari non abbiano in alcun modo toccato i figli ma ciò che essi respirano è il risultato che tali eventi hanno nelle relazioni familiari: conflitti, perdite, cambiamenti anche se non comunicati vengono vissuti a livello relazione ed emotivo dal giovane adolescente che ascolta e osserva anche se non partecipa direttamente;
- L’adolescente è il braccio armato dei conflitti familiari: accade sempre più spesso che i figli vengano strumentalizzati all’interno del conflitto tra i genitori e che finiscano per farsi carico in maniera più o meno consapevole di alcune mancanze o di alcuni ruoli che non gli competono, schierandosi a favore o contro un genitore.
Proprio a partire da tali aspetti si evince l’importanza della famiglia come modalità di accesso alla terapia dal momento che spesso, l’adolescente, non sviluppa la capacità di chiedere aiuto chiaramente ma attraverso sintomi che spingono la famiglia a preoccuparsi per lui. Quello che accade però, almeno nella mia esperienza clinica con gli adolescenti, è che è improduttivo e poco efficace lavorare in psicoterapia solo con il singolo ragazzo, ma acquisisce valore indispensabile la partecipazione della famiglia ed in particolare della coppia genitoriale. Infatti alcune difficoltà come l’uso eccessivo dei sociale, di internet, dei videogiochi, l’uso e abuso di sostanze e il comportamento deviante mette a dura prova la coppia anche solamente nella gestione educativa del figlio, amplificando le difficoltà anche manifeste nella coppia e che possono risuonare nella vita familiare come incongruenze e ambivalenze che non aiutano l’adolescente ad orientarsi nella vita.
Inoltre si pensi a quelle situazioni di ritiro sociale, nelle quali la scuola viene messa a rischio dalla difficoltà del ragazzo/a ad uscire dalla propria stanza: in Italia tale fenomeno stà attualmente assumendo un importanza tale da non poter non considerare come prima modalità di accesso all’adolescente la coppia genitoriale, dal momento che sarà la sola a chiedere aiuto in tali situazioni. Ecco che la difficoltà di un solo membro della familiare porta con sé spesso una storia familiare e diventa occasione per l’intero nucleo familiare di migliorare, attraverso la psicoterapia familiare, in maniera efficace e breve.
In cosa consiste la terapia familiare?
Essa avviene tendenzialmente a cadenza mensile, con l’interno nucleo familiare o con alcuni sottogruppi e consente, attraverso specifiche tecniche di conduzione del colloquio e di gestione della terapia che andranno a sentire tutte le voci coinvolte nelle situazioni riportati, non giudicando ma facilitando la connessione e l’espressione dei diversi punti di vista: diciamo che la differenza genera informazione e spesso fornisce spunti di evoluzione importanti per il nucleo familiare. I sintomi diventano modalità di comunicazione in psicoterapia sistemica familiare ed essi vanno ascoltati.
Per quali problemi è indicata?
- Dipendenze da sostanze ( alcol e droghe);
- Dipendenze da internet, videogiochi, social;
- Disturbi alimentari;
- Ritiro sociale;
- Autolesionismo;
- Devianza e Aggressività;
- Ansia e fobie.
Dott.ssa Lisa Sartori_ Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Familiare.

Il conflitto di coppia diventa opportunità per la coppia: una proposta di intervento clinica efficace!
“Alle volte, un litigio può essere la scintilla che accende la fiamma. Lo scontro, due strattoni, spesso finiscono in inebrianti notti d’amore”.
Paolo Crepet, Sull’amore, 200
Il pensare alla coppia include sia aspetti di romanticismo, illusione e amore ma anche disillusioni, conflitti e separazioni. In questo articolo affronterò il tema del conflitto ma come utile alla coppia perché evolutivo e trasformativo. Il senso comune porta a spaventarsi di fronte al conflitto, perché porta con sé aspetti aggressivi, imprevedibili e catastrofici. Ma è nel conflitto che si formano i sistemi e nelle battaglie che si scoprono le risorse.
Prima di entrare nel vivo del conflitto è importante sottolineare che la scelta del partner non diventa casuale ma ha una forte implicazione da parte della famiglia d’origine. Possiamo infatti scegliere il partner al fine di “Ripetere” un copione familiare o per ” Compensazione/Riparazione”.
Tale scelta determina l’incastro di coppia, i bisogni e le aspettative che i partner si riversano reciprocamente e spesso determinano situazioni paradossali: ad esempio una persona può ricercare protezione e cura nell’altra che al momento della nascita della coppia è ben disposta a farlo. La difficoltà nasce nel momento in cui uno dei due partners, per fasi della vita o eventi, cambia bisogni, priorità o aspettative ma esse non trovano spazio di comunicazione e condivisione con l’altro, a volta soprattutto perché il tutto avviene in maniera inconsapevole. Quello di cui qui sopra ho parlato come incastro di coppia, più specificatamente viene detto ” quid pro quo di coppia” ed è anche una possibilità di lettura da utilizzare in psicoterapia di coppia e individuale. Ecco che il conflitto che può generarsi nella coppia non avviene a casa ma per la perdita spesso della dimensione coppia e per la mancata comunicazione.
Cosa rende un conflitto negoziabile?
Nella mia ricerca si evidenzia che alla base di un conflitto “insanabile” ci siano storie di partner con il mito del riscatto ( sociale e famigliare) e che vivono il cambiamento della coppia ( ad esempio con la nascita del figlio) come se nulla fosse cambiato prima, quando invece ciò che è importante è il fare un nuovo “patto di coppia” che includa l’aspetto di genitorialità. Invece, ciò che rende un conflitto “sanabile” sembra essere il raggiungimento dello svincolo dalla famiglia d’origine e il mito del sacrificio che tiene insieme la famiglia con il rischio, se non adeguatamente trattato, di bloccare i figli al momento dello svincolo all’interno del conflitto.
Come rendere il conflitto opportunità?
Per prima cosa è utile uscire da una dimensione di colpa e pensare alle responsabilità individuali e vedere il conflitto come l’opportunità per evolvere, cambiare e migliorare anche rispetto ai bisogni, alle aspettative e ai desideri del singolo e della nuova coppia.
Il contesto di psicoterapia di coppia è uno spazio di terapia nel quale, si esce da una logica di colpa e giudizio, per accedere ad una dimensione di cura e di narrazione diversa, attraverso l’utilizzo di storie familiari, individuali e adeguati strumenti per attivare la comunicazione e rendere la relazione più soddisfacente e il sistema famiglia flessibile. Ovviamente affinché sia possibile lavorare in maniera sana e utile nel conflitto e renderlo opportunità entrambi i partner devono esserne convinti e disposti a mettersi in discussione.
“Non possiamo pensare di mandare indietro il tempo o di cambiare l’altro ma solo di comprendere noi stessi e trasformare questa comprensione in comunicazione verso l’altro”.
Dott.ssa Lisa Sartori_ Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico – Familiare

Come superare il conflitto di coppia.
In amore non esiste un vincitore o un perdente, ma o si vince entrambi o si perde entrambi (G.Nardone)
Il conflitto di coppia è inevitabile ed è presente nella vita di coppia soprattutto quando la relazione non è più alla fase iniziale di innamoramento ma quando si avvicina la fase della disillusione: ecco che la persona amata, desiderata e idealizzata viene vista con gli occhi ” reali” ed “obiettivi”, emergono aspetti che fino a quel momento non si erano percepiti.
Ecco che in questo articolo desidero affrontare tale tematica non solo da un punto di vista teorico, ma soprattutto pratico, cercando di sollecitare riflessioni e visioni differenti del conflitto, soffermandomi su alcuni aspetti che elencherò qui di seguito.
- Il conflitto di coppia è prima di tutto un problema di comunicazione;
- E’ IMPOSSIBILE NON CONFLIGGERE nella relazione di coppia. Il conflitto non è sempre negativo, a volte è evolutivo, produttivo e necessario al migliora e migliorarsi individualmente e nella coppia. Ecco però che capita di imbattersi in coppia che sono in una fase di stallo, ovvero in una sorta di blocco, quasi come se fossero paralizzati dal conflitto. Il partner è concentrato nel trovare la conferma alla sua visione, opinione ed emozioni, alimentando posizioni poco produttive nei confronti del conflitto;
- Il conflitto và letto all’interno della FASE DEL CICLO DI VITA della coppia e/o della famiglia. Ad esempio è molto frequente che una coppia che si è dedicata tutta la vita ad accudire i figli e a coltivare la genitorialità, al momento dello svincolo dei figli ormai giovani adulti, la coppia si trovi a rimettersi in discussione con molte emozioni anche contraddittorie;
- Il conflitto ci comunica molto rispetto ai singoli partner: bisogni, aspettative, paure, ferite antiche prendono vita all’interno della dinamica del conflitto e trovano la loro massima espressione.
Ciò che accade quando ciascuno dei due membri della coppia punta a difendere a spada tratta la propria posizione è un blocco, o impasse, che a volte può apparire senza soluzione. Tuttavia è possibile recuperare qualsiasi incomprensione ed andare avanti assieme nel progetto di coppia gestendo in modo diverso e più accurato la comunicazione tra le due parti in causa.
Come riuscire dunque a superare il conflitto di coppia?
- Ascoltate il conflitto e ciò che in esso si esprime: non è facile ma è un buon modo per valorizzare ciò che accade e per dare voce ad emozioni e sentimenti che solo con il conflitto possono emergere, anche se in modo sbagliato. Dunque questo vi aiuta ad accettare il conflitto e l’esistenza del problema;
- Interrompere il circolo vizioso e prendere tempo: per uscire dal circolo vizioso ciò che almeno uno dei due partner può fare è lasciare andare, mollare la lotta non lasciando il campo d’azione ma chiedendosi : “ cosa stiamo facendo?”, “Per cosa stiamo litigando in realtà?;
- Lasciate fuori i figli dalle vostre discussioni: capita che i figli siano il braccio armato dei conflitti e che, per la posizione difficile che si trovano a dover sostenere e per la paura di far soffrire entrambi i genitori, emergano dei sintomi come ansia, tristezza, iperattività che distrae i genitori dai conflitti;
- Prendetevi del tempo con il vostro partner per parlare e discutere di questioni che comunemente evitate;
- Dimenticatevi come eravate e pensate a come potreste essere in un futuro vicino: non si può tornare al passato perché le cose cambiano e le persone evolvono, ma si può costruire un presente più sereno e nuovo;
- Ultimo punto ma non per questo meno importante, la terapia di coppia è consigliata per migliorare la comunicazione e lavorare su aspetti familiari ed emotivi che possono interferire con l’armonia e il benessere della coppia. La terapia maggiormente indicata è la terapia sistemico – relazionale che consente di comprendere la coppia da maggiori punti di vista, osservando il ciclo di vita, le famiglie d’origine e le relazioni. Inoltre verranno forniti esercizi e compiti da svolgere a casa in modo che ognuno dei partner riesca a fare uscire il terapeuta che è in lui.
Nel conflitto ognuno porta la porta storia familiare e il come si è percepito nelle relazioni passate. Provare a trasformare il circolo vizioso in virtuoso è importante e possibile ma a volte può essere necessario rivolgersi ad uno psicoterapeuta.
Dott.ssa Lisa Sartori_ Psicologa e Psicoterapeuta Sistemico Relazionale.

Famiglie alle prese con le sfide dell’adolescenza.
Adolescenza: la più delicata delle transizioni.
(Victor Hugo)
La dipendenza sana è l’ingrediente necessario per poter sperimentare il senso di appartenenza, perché permette di sentirsi amato e compreso e permette all’adolescente di portare avanti con successo il proprio compito, complesso e importante: costruire la propria identità e separarsi in maniera sana dalla famiglia d’origine al fine di sperimentare la propria autonomia. Nel corso dello sviluppo fin da bambini si sperimentano alcune dipendenze sane, pensiamo ad esempio all’attaccamento alle gifure di riferimento, a forme di accudimento fino a giungere al confronto con il gruppo dei pari che è indispensabile come luogo di confronto e di crescita individuale e sociale per il giovane adolescente.
Spesso capita di trovare di fronte a se non più il figlio /a conosciuto ma alcuni genitori raccontano l’impressione di avere, di fronte a sè, una persona diversa anche solo rispetto ad alcuni mesi fà perchè nulla è più chiaro, semplice e scontato. Per addentrarci all’adolescenza, non dobbiamo tralasciare l’aspetto biologico e ormonale che in questi anni incide sia nel tono dell’umore, che nel modo di percepire se stessi e il proprio corpo.
Inoltre le sfide che l’adolescente deve portare avanti riguardano la costruzione di una sua identità e lo svincolo dalla famiglia d’origine.
- L’identità, intesa come l’insieme di caratteristiche uniche che rende l’individuo unico e inconfondibile, avviene per tentativi di errori da parte dell’adolescente e il gruppo dei pari è fondamentale per questa sfida. Esso consiste nel secondo ambiente sociale per eccellenza nel quale sperimentare ruoli, relazioni, risorse e perchè no anche conflitti;
- Lo svincolo è un processo che avviene lentamente e progressivamente e non è facile delinaere un momento ideale ma, rispetto al ciclo di vita, esso avviene con l’espolazione sempre maggiore del mondo esterno e delle esperienze che il giovane inconterà.
Ovviamente questo implica un profondo cambiamento a livello familiare, richiede una sorta di sana flessibilità che consente al sistema familiare di adattarsi ai cambiamenti necessari. Tale flessibilità sembra essere la chiave del successo nel raggiungimento degli obiettivi dell’adolescente in quanto, avere un sistema di affetti che accompagna a tali sfide, comprendendole e non giudicandole, accogliendole come parti necessarie del processo di autonomia consentirà all’adolescente di sentire il permesso di spingersi alla scoperta del mondo e di altro.
Quindi la coppia genitoriale si troverà in quella fase di ciclo di vita detta del “nido vuoto” ma che implica anche nella coppia una profonda sfida: quella di riscoprirsi non solo genitori ma anche coppia.
Genitori alle prese con figli adolescenti, quali sono le strade possibili?
Per prima cosa non dimenticate il vostro ruolo e ricordate a voi stessi che tipo di adolescenti siete stati e che esigenze prendevano vita nel vostro cuore e nei vostri pensieri. Inoltre non dimenticate che i vostri figli sono alle prese con capire chi sono e che posto occuperanno nella vita, quindi non presentategli un mondo troppo facile o senza fallimenti ma aiutateli a rendere il fallimento un’occasione per migliorare e migliorarsi.
Aspettate e siate un porto sicuro per i vostri figli, un porto nel quale poter tornare dopo la tempesta e trovare riparo, ma senza giudizio e con desiderio di conoscenza e di comunicazione. A volte è difficile perchè l’impressione è di sentirsi esclusi, di aver di fronte a sè un muro ma esso non è definitivo, anzi… Per ultimo ma non meno importante ricordate: “all’adolescente possiamo dare, inconsapevolmente, il permesso di essere più o meno felice“.
Infine la psicoterapia individuale e familiare è uno strumento efficace per sviluppare uno spazio di confronto e di crescita, che stimoli la comunicazione e consenta di dare significato a tutti i comportamenti spesso difficili da comprendere sia da parte dell’adolescente sia dalla famiglia.
Dott.ssa Lisa Sartori_psicologa e psicoterapeuta sistemico familiare.